sabato 2 novembre 2024

 La samaritana e il samaritano

 

LA RELIGIONE CHE SPEGNE LA FEDE

Commento alla lettura biblica — domenica 15 marzo 2009

 

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. 15Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». 17I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distiruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

22Quando poi fu risuscitato dai morti, è suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. 23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. 24Gesù però non sì confidava con loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo (Giovanni 2, 13-25).

 

Questo brano, per i contesti diversi in cui è collocato nei quattro vangeli, ha suscitato numerose ricerche e non poche interpretazioni da parte di diversi studiosi della Bibbia. Mentre i sinottici, più attenti al dato storico del viaggio di Gesù a Gerusalemme al termine del suo passare da villaggio a villaggio, lo collocano verso la fine del Vangelo, Giovanni lo pone quasi come premessa, come una delle chiavi interpretative dell’intero evangelo. Il “tempio”, già dal progetto della sua costruzione fino alla grande celebrazione per la sua dedicazione ai tempi di Salomone, è sempre stato al centro di inquietanti interrogativi, di ondeggianti e fluttuanti riflessioni. Se al versetto 29 del capitolo 8 del Primo Libro dei Re si legge: «Custodisci giorno e notte questo tempio, questa casa dove hai scelto di manifestare la Tua presenza», al versetto 27 Salomone prega così: «O Dio, come è possibile che Tu abiti sulla terra? In realtà né i cieli né l’universo intero Ti possono contenere; tanto meno questo tempio che ho costruito». I profeti Geremia, Isaia, Michea, Amos, si sono scagliati contro tutto l’apparato religioso e ritualistico con una violenza verbale inaudita: vere e proprie invettive. Il Vangelo di Giovanni, pur mettendo sulla bocca di Gesù l’espressione “casa del Padre mio”, sembra rimettere in radicale discussione la funzione del tempio. Se avessi spazio e tempo, potrei qui documentare come questo testo risente della polemica interna al movimento di Gesù (il cristianesimo non era ancora nato, ovviamente), tra coloro che erano più legati alle tradizioni e alle istituzioni ufficiali ebraiche e quanti vivevano una fase di progressivo allentamento di tale dipendenza. Gesù, in questa testimonianza giovannea, prosegue la critica profetica dei “commerci sacrì” e guarda ancora oltre, come il capitolo quarto documenta. È bello questo Gesù che, sia pure in un episodio difficile da ricostruire nella sua precisa storicità, perde le staffe davanti allo spettacolo del tempio ridotto a “casa di commercio”. Anche questo Gesù passionale ci è stato negato. Ce lo hanno sempre presentato come una immaginetta. Il Gesù profetico è davvero una persona diversa... Lentamente ce lo hanno “sollevato” fino a farne la seconda persona della trinità. Il tempio diventa per Gesù una realtà scandalosa. In questo, il Gesù storico è in perfetta consonanza con i profeti del cui messaggio si era nutrito fin dalla prima giovinezza. È fin troppo facile lasciarsi andare a considerazioni sul mercato del tempio che oggi è dilagante: Lourdes, Fatima, Medjugorie, San Giovanni Rotondo, Sindone di Torino, Madonna delle Lacrime, Oropa, e migliaia di santuari di madonne multicolori, vergini ed extravergini, santi, apparizioni, reliquie. Le botteghe del sacro con pellegrinaggi, Radio Maria e rosari vari sono in fiore... Non mi dilungo in questi elenchi fin troppo noti con tutta l’espansione del turismo religioso.

Al punto in cui siamo

Da più anni, in presenza di questa espansione religiosa di mariolatria, papolatria e santomania, sempre più in profondità mi nasce l’interrogativo: “Ma tutto questo sta in qualche rapporto con la fede del Dio di Gesù?”. Siamo ancora credenti nel Dio di Gesù o si è fabbricato un dio vaticano, un dio madonnaro, un dio tra gli idoli? Sono sempre più convinto che questo tipo di religione è il primo nemico di Dio, la prima causa dell’ateismo. Fatta salva l’intenzione delle persone, resta il fatto che questa religione crea idolatria, repressione delle coscienze, illibertà, ignoranza, superstizione. Adesso capisco meglio l’indignazione dei profeti e di Gesù. La sento crescere dentro di me perché debbo constatare ogni giorno che questa boscaglia di superstizioni idolatriche nasconde sempre di più la realtà straordinariamente liberante della nostra bella fede nel Dio di Gesù. Va a finire che il sangue di san Gennaro e la Sindone di Torino sono messe sullo stesso piano o addirittura diventano più importanti della figura e della persona di Gesù.

Alcuni possibili esiti

Ovviamente, una persona psicologicamente matura e documentata sul terreno biblico può liberarsi senza fatica di credenze che sono pure invenzioni.

Ripugna all’intelligenza dover necessariamente credere alla verginità di Maria, all’infallibilità del papa, alle apparizioni, alla Sindone, al culto dei santi, alle reliquie, alle indulgenze, al potere sacro del clero, alle “regole etiche” dettate dal vaticano fino al “caso Eluana”. Per chi ha la fortuna di fare un percorso di fede comunitaria, libera, documentata, biblicamente nutrita, il magistero ufficiale non è più neanche un problema. È una delle tante costruzioni storiche che il potere si dà, ma esso non ha alcuna rilevanza per la vita di un credente. I gerarchi diventano delle persone, di cui si rispettano i percorsi e le idee, ma di cui non si riconosce alcun potere sulle nostre coscienze e sulle nostre comunità. A questo punto diventa sempre più rilevante una fede nutrita di vangelo, confrontata con i tanti cristiani che cercano di seguire le tracce del nazareno. La lettura biblica, le riflessioni delle teologie della liberazione e delle teologie femministe, la preghiera e l’impegno laico nel mondo diventano la struttura portante di questa fede libera dalle oppressioni religiose. L’importante è costruire non dei templi, ma dei luoghi di confronto comunitario davvero “nutriente”.

Un esito devastante

Oggi il “tempio”, cioè il nostro apparato religioso ufficiale cattolico romano, si è talmente infoltito, talmente sviluppato da porsi come il centro. Il tempio ha spodestato il Vangelo. La ritualità sacrale ha reso invisibile il cammino di fede facendone un percorso religioso a suon di sacramenti e di adempimenti liturgici. I fumi degli incensi e le pomposità sacerdotali suscitano nausea, avversione, senso di estraneità dalla vita reale. Molte donne e molti uomini, nel loro comprensibile bisogno di certezze e di un clima sacral-protettivo, si abbandonano come cullati da questi spettacoli religiosi che sembrano loro tranquillizzanti e si lasciano ricondurre a quel paesaggio fatto di madonne, di certezze, di routine, di rosari, di visite ai santuari... Ma moltissimi/e altri/e cresciuti e positivamente maturati nella cultura critico-costruttiva o semplicemente delusi dal mercato del tempio, lasciano ogni contatto con l’esperienza comunitaria cristiana. Spesso è difficile trovare altri spazi in cui esperimentare un “cristianesimo altro”, rispettoso dell’intelligenza e della dignità delle persone. È un esito oggi molto diffuso.

Che fare?

Intanto questo fatto può avere anche un risvolto positivo. Senza per nulla sentenziare sulle persone irretite in questa “prigione cattolico-romana vaticana”, diventa possibile acquisire la consapevolezza che si può lasciare tutto questo oceano sacrale senza perdere la fede. Anzi, la fede matura lo rifiuta, ne fa a meno. Dio non è vincolato al tempio, al papa, al parroco. Per nulla!

Ritorniamo al Vangelo, alla testimonianza quotidiana della prassi di Gesù. Però, attenti: non camminiamo da soli, isolandoci. Cerchiamo luoghi, spazi, esperienze, momenti ecumenici, confronti biblici, celebrazioni comunitarie in cui nutrire la nostra fede. Oggi tramite la rete abbiamo mille opportunità di conoscere, di muoverci, di confrontarci, di leggere libri di qualità. Facciamo attenzione alle operazioni truffaldine di chi vernicia di nuovo le cose di sempre. Il travaglio di questo tempo può essere molto fecondo se sappiamo andare all’essenziale: pregare Dio e fare la giustizia. Una “frasetta” che comporta mille piccole cose quotidiane. Io sento che questa “libertà dal tempio” mi aiuta a concentrarmi nella ricerca del “regno di Dio” e mi regala tantissimi impegni di viaggio che hanno trasformato la “delusione del tempio” in nuova opportunità di vita e di fede. Con grande gioia dei loro cuori, con grande gratitudine a Dio. La gerarchia fa di tutto per allontanarci dalla chiesa istituzionale, ma non riesce a portarci via la fede, né a farci sentire fuori dal popolo di Dio. Proprio per questo possiamo guardare con fiducia al cammino dei credenti nelle vie del mondo. Possiamo percorrerlo fidandoci di Dio.

Attenti però: non serve passare una vita a “polemizzare” contro il tempio, né lasciarci prendere dalla rabbia. Viviamo la nostra vita di fede ovunque essa è possibile con gioia, con spirito costruttivo, con tante proteine bibliche, in una parrocchia “aperta”, in una comunità ecumenica, in una comunità liberatrice...

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Che il vento, soffiando nei vostri capelli,

vi porti il palpitare della vita.

Che i vostri piedi lascino nella polvere

orme di speranza.

Che nell’oscurità

voi udiate battere il cuore del prossimo.

Che le vostre mani si protendano

come porte che si aprono.

Che le vostre bocche trasmettano

quanto vi è stato di ricevere.

Che le vostre orecchie colgano

quello che le parole dicono solo a metà.

E che l’amore del Signore vi accompagni

anche là dove non vorreste andare.

 

Christian Kempf

 (continua)