martedì 5 novembre 2024

 La samaritana e il samaritano

 

LE STRADE

19 aprile 2008

 

13Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14conversavano di tutto quello che era accaduto.

15Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non saper ciò che vi è accaduto in questi giorni?».

19Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i sommi sarcedoti e i nosiri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso.

21Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.

24Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

25Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per enitrare nella sua gloria?». 27E cominciando da Mosè e da tuitti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

32Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 33E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». 35Essi poi riferirono ciò che era accaduito lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane (Luca 24, 13-35).

 

Provo grande emozione ogni volta che rileggo questo stupendo racconto del Vangelo di Luca: una pagina scritta con la penna di un grande narratore e il cuore di un discepolo appassionato. Certo, i protagonisti sono Gesù e i due discepoli, ma il testo in modo molto evidente fa emergere una caratteristica che attraversa tutto il racconto, dalla prima riga all’ultima: tutto succede “nel villaggio”, “mentre erano in cammino”, “lungo il viaggio”, “lungo la via”. La strada è l’altra protagonista di questa pagina evangelica. Tutto succede mentre si è sulla strada, in cammino.

La strada

La strada della mia vita occupa un posto molto importante. Mi piace camminare già fin di buon mattino quando lascio la mia casa e vado alla sede della comunità: due chilometri che danno un po’ di ossigeno e mi rimettono in moto l’organismo tra sole, aria, pioggia... e gente, i sorrisi, i saluti, i volti, le parole, i racconti... ecco ciò che vivo nella strada. Ecco perché mi piace sentirmi “appiedato” quando posso permettermelo e non sono costretto, per impegni fuori città, a salire sul treno o farmi scarrozzare sull’auto. Ma questo amore per la strada ha alcune parentele spirituali che riconducono alle sorgenti bibliche della mia fede.

Quante strade nella Bibbia...

Leggendo e rileggendo la Bibbia, il Primo e il Secondo Testamento, è tutto un camminare, un fare strada, un andare, un ripartire...

Dalla partenza di Abramo (Genesi 12) al cammino di Israele verso la terra, dal viaggio doloroso verso l’esilio al rientro in Palestina, la strada è compagna della storia di Israele. I profeti amano uscire e fanno della strada il luogo principale dei loro incontri e della loro predicazione. Gesù, come il suo maestro Giovanni il Battezzatore, fece della strada il luogo dell’incontro, dell’amore che aiuta i più deboli, dell’insegnamento , del dialogo. E pensiamo all’apostolo Paolo: un instancabile “agente di viaggio del regno di Dio”. Ma la strada è talmente esperienza centrale nel movimento originario di Gesù che i discepoli del nazareno vengono chiamati “seguaci della vita” (Atti 9, 2; 19, 9 e 23; 24, 14 ecc.). Seguire Gesù è una via, non una dotirina. Anzi Gesù stesso è “la via” (Giovanni 14,6) che conduce al Padre.

La strada luogo di conversione

Ma la strada, esperienza e metafora dell’incontro, dell’esposizione e dell’immersione diretta nella realtà, è anche l’immagine di questa necessità di non fermarci al già acquisito, di non tuffarci nelle nostre cose, di non fasciarci di sicurezze o di certezze come per difenderci dai problemi del mondo. La strada, con tutto ciò che essa comporta nella realtà e nella metafora, è il luogo in cui Dio ci raggiunge con segni, voci, presenze che ci invitano a conversione.

Nella mia vita è proprio successo così.

La strada, cioè il cammino quotidiano dentro i fatti e in compagnia delle persone, con le gioie, le tensioni, le incomprensioni, le sofferenze e i panorami molteplici dell’esistenza, da molti anni mi sta cambiando la vita. Se la polvere della strada, con i suoi intoppi e le sue incertezze, con le sue fermate e le sue “persone ferite”, non ci tocca, noi rischiamo di “farci la nostra vita”, di ritagliarci i nostri spazi, ma perdiamo la sintonia con la realtà della carovana umana, specialmente con i passeggeri delle ultime carrozze. Un viaggio tra i “buoni, belli e sani” è la maniera più sicura per naufragare nella noia, per seppellirci nel narcisismo, per non capire nulla della storia.

La strada è il luogo in cui, come Gesù, possiamo incontrare le “cattive compagnie” che ancora sanno gridare, sognare, esprimere il desiderio di un mondo altro, resistere, piangere ed abbracciare. Penso con un certo dolore a quello che sta avvenendo nelle “parti alte” della chiesa cattolica. No ai divorziati, no ai separati/e, no alle seconde nozze, no ai preti sposati, no alle lesbiche, no ai gay, no ai dissenzienti, no ai disturbatori della tranquillità ecclesiale...

Questa chiesa dei NO, questa chiesa del “bussate e vi sarà chiuso” non rischia, disertando la strada, di diventare una chiesa dei presunti buoni, belli, sani, santi? Penso invece con grande gratitudine a Dio, a quella parte della chiesa che accetta i rischi, le incertezze, gli incidenti, gli errori, la fragilità, le gioie e i sogni che nascono nella carovana dei viandanti e non ha la pretesa di dirigere il cammino, ma vuole vivere la compagnia e seminare lungo il percorso le parole e i segni dell’evangelo.

Quello che si riceve

Noi cristiani qualche volta abbiamo la “sindrome del donatore” se non quella, ancora peggiore, dei salvatori. Invece, se si entra nella vita con l’atteggiamento semplice del viandante, ci accorgiamo che nella strada riceviamo tanti doni, tanti messaggi, tante prospettive. Riceviamo molto di più di quanto diamo ad altri. Spesso nei gruppi, negli incontri, nelle migliaia di lettere in cui cerco umilmente di far compagnia a uomini e donne in ricerca, nei dialoghi con fratelli e sorelle, raccolgo la gratitudine sincera di tanti cuori. Eppure non mi stanco di dire a me stesso e alle persone che incontro, quanto la loro voce, le loro esperienze, le loro preghiere, la loro sofferenza e le loro gioie mi arricchiscano e mi aiutino a vivere e a crescere nella fede.

La strada delle donne e degli uomini, cioè l’esistenza quotidiana, mi ha dato cuore e occhi nuovi per leggere la vita e la Bibbia e mi ha fatto i più bei regali... Come per i discepoli di Emmaus, il cuore si può accendere mentre si parla lungo il cammino. In molti panorami e in molte presenze della strada mi ha raggiunto davvero la parola gi Gesù e mi ha riscaldato il cuore... Per questo chiedo spesso a Dio, nel rispetto sincero di ogni esperienza ecclesiale, di conservarmi la voglia di essere un uomo di stirada, di guardare più fuori che dentro la “casa istituzionale”.

Quelli che nel giudizio comune sono i “perduti/e”, gli “irregolari”, gli “esclusi dai sacramenti”, i malconci, i peccatori, sono quelli che davvero mi danno stimoli a crescere come uomo, come prete, come cristiano. La loro compagnia mi scalda il cuore e mi parla di Dio più di tutte le biblioteche di questo mondo.

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Signore, sole della vita

Signore,

forma in noi

l’uomo nuovo,

la donna nuova.

Fa’ che non ci culliamo

oziosamente nel tuo perdono,

ma che esso diventi per noi

un seme di nuove decisioni

sulla strada del Vangelo.

Signore, sole delle nostre vite!

Abbiamo bisogno

del Tuo calore

per aprirci alla vita vera.

Abbiamo bisogno

dei Tuoi raggi di luce

per vedere i sentieri da percorrere,

quelli da scegliere e quelli da evitare.

Abbiamo bisogno di Te,

o Sole sempre nuovo,

eppure antico,

per vedere le bellezze della terra,

lo splendore dei cieli,

la profondità degli oceani.

Signore,

abbiamo bisogno del Tuo amore

per diventare capaci di amore,

di coraggio, di pazienza, di perseveranza;

per imparare a cantare e a sorridere alla vita,

per vivere come figlie e figli della risurrezione.

 (continua)