USA: “Noi miliardari non paghiamo tasse. Solo i poveracci le pagano”
Che aria tira negli Stati Uniti sul finanziamento (con imposte in base alla propria ricchezza) dello Stato Sociale, già notoriamente molto limitato in quel Paese?
La frase del titolo di questo articolo, dove “poveracci” è (solo) una delle possibili traduzioni per “little people”, l’aveva pronunciata nel 1989 la plurimiliardaria Leona Helmsley, durante il suo processo per evasione fiscale a New York.
L’un per cento più ricco della popolazione statunitense ogni anno guadagna in media 1,3 milioni di dollari, 26 volte il reddito medio del restante 99 per cento: questo ristretto gruppo di persone guadagna da solo un quinto di tutto il reddito nazionale e contro questa immensa disparità manifestò per giorni nel 2011 il movimento contro le disuguaglianze “Occupy Wall Street” e si aggira per il Paese lo slogan “Tax the Rich”, peraltro poco raccolto dai governi che si alternano alla Casa Bianca.
Che imposte ci sono negli Stati Uniti? A livello federale (con “federale” s’intende di tutta la Nazione) esiste un’imposta progressiva sul reddito ed una per le imprese, a cui Trump nel 2018 aveva ridotto la tassa fissa sugli utili dal 35 al 21%. In alcuni Stati non ci sono imposte aggiuntive sui redditi o sono molto basse. In più è propagandata, per attrarre gli investimenti, la totale assenza di imposte sui redditi da impresa. Per cui in generale (questa cosa non è certo limitata agli USA) i redditi da impresa pagano di meno di quelli da lavoro. E questi ultimi sono anche soggetti alle imposte indirette, sulla casa e sulle merci acquistate.
Inoltre, contrariamente a quanto prevede la Costituzione italiana, sono ammessi referendum anche sulle questioni fiscali. Per cui il ricchi si ribellano se e quando si cerca di farli contribuire un pò di più al bene collettivo e allo Stato Sociale (termini che odiano).
E’ quello che sta succedendo nello Stato di Washington, sulla costa del Pacifico: nello stesso giorno delle elezioni presidenziali, il 5 novembre, si svolgerà anche un referendum (lo svolgersi di consultazioni su vari argomenti è una prassi di molti Stati dell’Unione nel giorno delle elezioni nazionali) su una proposta di cancellazione della tassa sulle plusvalenze da capitale, un prelievo del 7% che è entrato in vigore il 1 gennaio 2022 e che nel 2023 ha portato 896 milioni di dollari di entrate destinate alla costruzione di scuole e all’assistenza all’infanzia.
L’imposta agisce su tutti gli utili, per la vendita di azioni e obbligazioni, superiori ai 250.000 dollari. Solo 3.300 persone nello Stato di Washington hanno pagato nel 2023 questa tassa, poiché gli altri cittadini o non possiedono azioni e obbligazioni o i loro proventi sono di valore inferiore alla soglia tassata.
Ma molte grandi aziende e finanziarie hanno espresso grandi lamentazioni, sebbene possano utilizzare tutti i cavilli legali per sottrarsi a questa come alla tassazione in generale. Ad esempio, Boeing Aircraft Company, nel 2013 ha pagato zero tasse federali e ha pure richiesto 82 milioni di dollari di rimborsi fiscali, nonostante abbia fatto 5,9 miliardi di dollari di profitti. Boeing ha nello Stato di Washington i principali stabilimenti, peraltro realizzati a spese dei contribuenti durante la seconda guerra mondiale, in cui è in corso da 5 settimane uno sciopero dei lavoratori. Costruisce aerei civili, passeggeri e merci, ma anche bombe, missili, caccia e veicoli spaziali ed è tra i più grandi appaltatori del Pentagono. Ciò che comporta grandi e certe entrate, visto il sostegno statunitense alle guerre nel mondo.
Il miliardario Jeff Bezos, di Amazon, si è addirittura trasferito in Florida per non pagare tasse nello Stato di Washington. Mentre un altro Paperone, il gestore di hedge fund (titolo spazzatura) Brian Heywood, che si era trasferito dalla California attratto dal promesso paradiso fiscale, ha stanziato da solo l’87% dei 5 milioni di dollari utilizzati da una campagna per abrogare la suddetta imposta sui guadagni di capitale. E mentre era in campo vuole cancellare altre leggi dello Stato: quella che favorisce l’energia e i posti di lavoro ecologici, assume l’impegno di limitare fortemente le emissioni di carbonio entro il 2050 e fa pagare gli inquinatori dei danni che procurano, quella per la decarbonizzazione per ridurre l’utilizzo di gas a effetto serra in favore di energia più pulita. E quella per abolire il Long Term Care Act, che aiuta gli anziani, con un fondo per l’assistenza domiciliare, a continuare a vivere nella propria casa se la pensione per mantenerla è insufficiente o si ha una disabilità.
I Sindacati, le associazioni ambientaliste e quelle di anziani hanno costituito la coalizione STOP GREED (Ferma l’avidità) che sta facendo propaganda, con mezzi minori di quelli messi in campo dagli avversari, per invitare i cittadini a votare NO alla richiesta di abrogare le 4 norme per un mondo più giusto e meno inquinato. Lo precisa il sito di STOP GREED, che prefigura, se passasse la cancellazione delle 4 leggi lungamente attese e combattute, bollette energetiche più elevate, minore assistenza per l’infanzia e per gli anziani, maggiore inquinamento. “Tutto perché alcuni super-ricchi sono ideologicamente contrari alla solidarietà del mettere in comune un po’ di risorse per garantire un futuro migliore a tutti”.
Ezio Boero - Pressenza, 23 ottobre 2024