Dalla parte delle bambine
Educare al di là degli stereotipi
50 anni dopo la pubblicazione di Dalla parte delle bambine, condizionamenti culturali e stereotipi di genere nel contesto scolastico resistono, nonostante il corpo docente sia composto per l'80% da donne. Strumenti e testi delle discipline forniscono un’immagine deformata delle donne e di altre soggettività marginalizzate e razzializzate. Alle donne è riservato un box a fondo pagina per parlare di personalità "straordinarie": l'eccezionalità diventa una nuova forma di marginalizzazione. I libri e la modulistica scolastica continuano a essere declinati secondo un maschile sovraesteso erroneamente considerato neutro e inclusivo.
Il canone letterario riserva a poche scrittrici uno spazio esiguo nei manuali e soltanto nel '900; stessa cosa per scienziate, filosofe, matematiche, artiste, assenti nei libri che consolidano una lettura della realtà antiquata ed escludente. I libri di testo contribuiscono così a costruire in bambine e bambini, ragazze e ragazzi, un immaginario distorto e una scarsa considerazione per le donne, se non una vera e propria subordinazione. È grave che questo avvenga nei luoghi preposti a educazione, istruzione e formazione. Per questo nel 2020 è nata l'associazione Indici Paritari APS, composta da docenti di diversi ordini e gradi, per decostruire stereotipi, fornire a ragazzi e ragazze una rappresentazione del mondo più vera e prevenire la violenza di genere fisica e psicologica.
VERSETTO
Gesù, presala per mano, le disse: «Talità cum! che vuol dire: «Ragazza, ti dico: alzati!» Subito la ragazza si alzò e camminava, perché aveva dodici anni. E furono presi da grande stupore. (Marco 5, 41s)
COMMENTO
La vicenda si apre con un padre che implora Gesù di aiutare la figlia morente. Il padre è uno dei capi della sinagoga, persona di fede e possiamo presumere un padre che ama sua figlia. Ciò che è strano è che parli di lei con vezzeggiativi, tanto che viene da pensare a una bimba piccola. Lei, invece, ha 12 anni: a quel tempo, età per sposarsi e diventare madre. Oggi dovremmo piuttosto immaginarci una giovane. Che influenza hanno le parole che usiamo verso i nostri cari? Magari qualcuno chiama sua figlia amorevolmente con un sorriso «mia bella stupidotta». Non è un affronto, ma se lo si sente ogni giorno, ci si convince pian piano della propria stupidità.
Oppure, chiamando un bambino «piccolo mostro», il bimbo cosa può capire? Che va bene comportarsi in modo "mostruoso"? Forse il padre di questo testo faticava a vedere in sua figlia una donna. Forse avrebbe preferito tenersi la bimba anziché avere a che fare con una donna che vuole fare le proprie scelte. Penso che tanti genitori facciano fatica a lasciar crescere i figli senza intromettersi troppo. Quando Gesù si avvicina alla ragazza non la chiama «bimbetta» come faceva il padre, ma «ragazza», Gesù la aiuta ad alzarsi in piedi di fronte al padre, dà a questa giovane la forza di esprimersi come lei ritiene opportuno, non come vorrebbe il padre. Questo è il miracolo di Gesù. Egli può vedere la persona dentro di noi e aiutarci a essere ciò che siamo.
Tratto da Federazione donne evangeliche in Italia