martedì 31 dicembre 2024

Una scala tra cielo e terra

BETEL GENESI 28,10-22

Che si tratti di una scala o di una scalinata poco importa. Sta di fatto che questo sogno simboleggia una realtà fondante per la nostra vita di credenti: tra cielo e terra, tra Dio e noi esiste una comunicazione. Il cielo è aperto e la terra, cioè tutta la nostra realtà, non è destinata a rimanere chiusa in se stessa. Gesù, che nei vangeli vede i cieli aperti, come la felice metafora recita, esprime la stessa realtà. I cieli si aprono sopra di noi.

I patriarchi, le donne e gli uomini che ci hanno preceduto in questo cammino di fede, fino ai profeti e a Gesù, ci attestano questo fatto che non sempre risulta evidente: i cieli sono aperti, lo sguardo buono e perdonante di Dio non si allontana da questa umanità.

Qualche volta noi stessi siamo indotti a credere che i cieli si chiudano e che Dio si sia stancato di noi e dell’umanità. Niente di più falso.

Questa scala resta luogo di “vai e vieni” tra cielo e terra. Noi possiamo fare affidamento su questa comunicazione, anche se ci saranno dei momenti in cui essa ci sembrerà difficile, interrotta o inesistente.

La metafora degli angeli che salgono e scendono è il segno che Dio

comunica con l'umanità e noi con Lui.

 

“Questa è la porta del cielo!”

Forse la “porta del cielo”, alla quale badiamo troppo poco, è proprio la vita quotidiana. Lì Dio viene, se noi lo lasciamo venire; lì egli ci apre sentieri e spiragli; lì egli ci raggiunge con i suoi raggi di sole. Spesso la vita quotidiana, per la nostra disattenzione, è una porta aperta che non riusciamo nemmeno a vedere, attraverso la quale ci ostiniamo a non entrare. Certo, non si tratta di dipingere la vita quotidiana, in modo illusorio, con i più bei colori dell’iride. Sovente essa è piena di grigiore e di finestre sbarrate. Sovente ci sono i rovi con la loro abbondante corona di spine. La realtà non può essere idealizzata. Ma spesso una voce arriva anche dal roveto ardente (Esodo 3).

In un certo senso, possiamo dire che la vita quotidiana è un ”luogo terribile”, non solo per ciò che di tragico essa comporta assai di frequente, ma anche perché noi ci carichiamo della responsabilità di chi non sa vedere, prestare attenzione, ascoltare, capire.

Noi sovente siamo davanti alla “porta del cielo” e non vediamo che angosce e chiusure. Gli ebrei antichi dicevano che camminiamo tra i miracoli e non sappiamo vederli. Ecco il vero miracolo: la nostra piccola vita quotidiana, irrorata dalla rugiada della Parola di Dio, concentrata sul “pregare e fare la giustizia”. Una vita sempre aperta al dialogo, attenta a costruire ponti, desiderosa di vivere il proprio “essere chiesa” nella responsabilità e nella libertà, senza chiedere autorizzazioni e permessi a gerarchi di nessun genere.

 

O Dio di Gesù, Tu che ci accompagni nella “ferialità” dei nostri giorni regala anche a noi il sogno di Giacobbe perché possiamo amare appassionatamente questa vita di tutti i giorni, fatta di silenzio e di parola, di preghiera e di azione, di fatica e di gioia.

“Ti è stato annunziato, o uomo, o donna, ciò che è bene e ciò che Dio cerca da te: nient’altro che compiere la giustizia, amare con tenerezza, camminare umilmente con il tuo Dio” (Michea 6, 8).

Forse questi brani trovano in me una eco profonda perché nella mia vita non ho mai fatto nulla di grande, non ho mai desiderato cose grandiose, non ho mai creduto nei “grandi gesti” e nelle “grandi

costruzioni”.

Ho, invece, incontrato le tracce di Dio nei piccoli sentieri del quotidiano, nei viottoli che sono appena visibili e credo che valga la pena ogni giorno di più scommettere dalla parte e in compagnia di chi è piccolo/a, marginale, escluso/a.

don Franco Barbero