ALLA SCUOLA DEI SALMI
solo tu
Solo in Dio trova riposo l'anima mia; da lui proviene la mia salvezza. Lui solo è la mia rocca e mia salvezza, il mio alto rifugio; mai non potrò vacillare. Fino a quando vi scaglierete contro n uomo?[...] Confida in lui in ogni tempo, o popolo [...] Dio è il nostro rifugio [...] Dio ha parlato una volta, due volte ho udito questo: che il potere appartiene a Dio; a te pure, o Signore, appartiene la misericordia. (Salmo 62)
Lidia Maggi Angelo Reginato
Angelo: “Solo in Dio...": c'è un'esperienza del “solo” che sta alla radice delle relazioni che segnano una vita. Sicuramente dell’innamoramento, ma anche della fede. Di una sapienza del “solo” si è fatta portavoce la Riforma, per ricercare l'essenziale prestando ascolto alla sola Scrittura, la quale attesta che il mondo sta in piedi per la sola grazia divina, manifestatasi pienamente nel solo Cristo; e che agli umani è chiesta la sola fede nella vita buona, sognata da Dio. Come nel nostro salmo, “solo” non ha un significato escludente. Esprime piuttosto l'intuizione dell'essenziale e lo fa col linguaggio dell'innamoramento.
Lidia: però non siamo resi partecipi dell’estasi amorosa del salmista, che contempla il volto dell'amata in un luogo paradisiaco: qui lo stupore del “solo” prende forma in una situazione di conflitto. Nell'affanno, solo in Dio trova riposo. Soltanto in Lui trova un luogo in cui tirare il fiato e sentirsi al sicuro. Tra le righe intuiamo la presenza di un altro “solo”: quello che qualifica la presenza dei nemici, che pensano soltanto di farlo cadere. Nel momento critico, l’unica via di stampo è scorta in Dio.
Angelo: sembra ancora di sentirlo l'affanno di chi scappa e che, una volta trovato riparo dagli inseguitori, ancora col fiatone, esprime la propria riconoscenza con parole sopra le righe: Dio mi ha salvato, è Lui la forte rocca, il mio rifugio, il mio tutto; senza di Lui sarei perito. Il linguaggio dell'innamoramento è estremo: l'amato è il tutto, il resto è niente. Non c'è confronto sulla bilancia delle cose che contano.
Lidia: ma a differenza del nostro modo di articolare questa lingua innamorata, entro i confini tracciati nel dialogo tra un ‘io' e un ‘tu’', il salmista si rivolge al suo popolo, esortandolo alla fiducia, a non sbagliare bersaglio nello scegliere in che cosa confidare. Forse, quell’affermazione su cui la tradizione ebraica si è a lungo soffermata - “una parola ha detto Dio, due ne ho udite” — cogliendovi l'indicazione di un senso plurale della medesima parola, potremmo intenderla anche come invito a duplicare l’esperienza singolare dell’innamoramento entro l’orizzonte allargato della socialità umana.
Angelo: è la stessa duplicità cara a Gesù: l’amore per Dio non può essere vissuto senza estenderlo all’amore per il prossimo. Ma quanto è ardua questa estensione dello sguardo amoroso al di fuori di un'esperienza unica dell’innamoramento! Questo salmo ci consegna una sapienza del “solo” per nulla scontata. Una sapienza divina, a cui, come a Dio, appartiene sia il potere e l’entusiasmo tipico di chi ha incontrato la sola persona che l’ha salvato, sia la misericordia che estende quella forza fino ad abbracciare lo sconosciuto.
Lidia: è un invito ad ascoltare due volte questo salmo, come del resto ogni testo biblico e ogni esperienza umana. Con un doppio registro, che duplica l'esperienza del “solo”. Che la strappa alla deformità del ripiegamento, facendola espandere come respiro universale. L’unicità è la chiave per dare valore al tutto.
ROCCA 1 DICEMBRE 2024