lunedì 2 dicembre 2024

 

NEL SEGNO DI RUT - 3

 

 

PRESUPPOSTI E METODO DELLE TEOLOGIE FEMMINISTE

 

Intanto le teologie femministe non si definiscono in rapporto ai cosiddetti “temi delle donne”, bensì vogliono essere una nuova comprensione della teologia.

La "teologia ufficiale", invece, affronta la tematica della donna proprio come se fosse un tema e a condizione che tale integrazione non provochi scosse nelle fondamenta teologiche esistenti, siano esse quelle tradizionali o quelle della liberazione.

lvone Gebara, teologa brasiliana, sostiene che gli uomini accettano una certa apertura di dialogo purché le forme essenziali di interpretazione del mondo siano ancora quelle da loro stessi prodotte. Gli uomini continuano ad elaborare una teologia ritenuta “universale”, cercando di confinare le donne in temi specifici.

Le teologie femministe negano questa pretesa di “universalità” del discorso teologico esistente e mostrano come la teologia classica sia basata sull'esperienza maschile, anziché sull’esperienza umana universale, qualificandosi dunque come elaborazione parziale, che esprime cioè un particolare punto di vista.

“La teologia femminista chiede la riforma delle strutture patriarcali civili ed ecclesiali e dei sistemi intellettuali che le sostengono, al fine di liberare tutti gli esseri umani, in vista di disegni più giusti di vita tra le persone e con la terra. Lungi dall'essere una teologia fatta soltanto per le donne, essa chiama in forze donne e uomini che hanno a cuore la giustizia e la verità, ricercando la trasformazione della comunità intera" (Johnson, Colei che è, p. 27 ss.).

 

Ogni elaborazione teologica non è mai oggettiva e neutrale

 

Le teologie femministe, quindi, mettono in questione la teologia cristiana occidentale, osservando che questa è stata formulata da una prospettiva esclusivamente maschile e la stimolano a correggere questo suo limite, affinchè possa leggere la presenza di Dio in tutti gli esseri umani. Esse si fondano sulla consapevolezza dell'oppressione storica e attuale delle donne; sono, nel medesimo tempo, l'analisi di una situazione oppressiva concreta e una strategia per superare l'oppressione, per realizzare le condizioni che rendano possibile il Regno di Dio.

“Una teologia femminista critica di liberazione ha lo scopo di cambiare completamente le strutture di alienazione, di sfruttamento e di esclusione. Occorre trasformare sia le conoscenze teoriche e teologiche-religiose, sia i sistemi socio-politici di dominio e di subordinazione.

In contrasto con le teologie di liberazione maschili, una teologia femminista della liberazione non privilegia un'analisi di classe marxista, ma cerca di includere tutte le strutture moltiplicative dell'oppressione delle donne - razzismo, sfruttamento di classe, eterosessismo e colonialismo - che determinano e sminuiscono l'intera realtà della nostra vita. La sua analisi non si fonda su uno schema teorico di dualismo simbolico di genere. Non utilizza come categorie analitiche fondamentali unicamente l'androcentrismo e il patriarcalismo, ma sposta in modo radicale il suo centro dinteresse dall'analisi di genere a una complessa analisi di sistema delle strutture che moltiplicano l'oppressione (...)

La conoscenza, come modo in cui comprendiamo il mondo, è condizionata non  soltanto dal genere, ma anche dalla razza, dal predominio di classe, dal colonialismo e dall'eurocentrismo" (E. Schüssler Fiorenza, Gesù figlio di Miriam, profeta della Sofia, pagg. 24-26).

 

La società in cui siamo inserite è una società patriarcale

 

Il patriarcato è il nome dato comunemente alle strutture sociali sessiste: è una forma di organizzazione sociale, economica e politica nella quale il potere è sempre nelle mani dell’uomo o degli uomini dominanti, dove gli altri sono schierati in basso in una serie a più livelli di subordinazione, che discendono fino ai meno potenti che formano la grande massa. Questo modello piramidale ha sedimentato l'autorità degli uomini dominanti al punto tale da farla sembrare del tutto naturale. Il patriarcato religioso è una delle forme più forti di questa struttura, perché si presenta come divinamente stabilito. In questa realtà tutte le donne sono vincolate in un sistema di privilegi e di egemonie maschili, ma quelle povere del Terzo mondo rappresentano certamente il fondo della piramide oppressiva. E, poiché il pensiero teologico è stato costruito all’intemo di una società patriarcale, legittimando i suoi interessi e privilegi, le teologie femministe mettono a nudo la natura patriarcale della riflessione teologica, denunciando come essa parli con voce maschile, non solo a proposito delle donne, ma su ogni aspetto della fede cristiana. Le teologhe femministe riflettono su Dio con la consapevolezza di essere donne in un mondo costruito al maschile e chiedono alla comunità teologica di riflettere sulla natura parziale del proprio lavoro. A questo invito, spesso, la teologia maschile ha reagito con una certa indifferenza. Alcuni teologi, pur riconoscendo il contributo del pensiero femminista alla riflessione teologica, non sembrano tuttavia capaci di comprendere la portata di questa critica femminista, che implica un cambiamento totale di ottica. Sono pochi quelli pronti a mettersi veramente in questione, a seguire il pensiero di chi riflette sull'identità maschile e ad incorporarlo nel proprio lavoro teologico. Molti, invece, difendono ancora la natura essenzialmente patriarcale del cristianesimo, dicendo, ad esempio, che Dio può essere detto soltanto al maschile.

Scrive la Johnson, a questo proposito: "La teologia femminista della liberazione vede chiaramente che la società e la chiesa sono pervase dal sessismo con le due facce gemelle del patriarcato e dell’androcentrismo2. Questo peccato sociale ha per effetto di indebolire le donne, sia socialmente sia psicologicamente, e s'intreccia con altre forme di oppressione, per dar luogo a un mondo violento e disumanizzato” (ibid., p. 55).

Sicuramente non tutte le donne vengono discriminate da tutti gli uomini e non è solo la diversa sessuazione a produrre differenze tra gli esseri umani, ma anche la classe sociale, il colore della pelle, l’orientamento sessuale... Lo sguardo del maschio dominante, dice Simone de Beauvoir, ha considerato anche altri maschi, ad esempio gli ebrei, i neri e gli omosessuali, simbolicamente come “femmine”.

Per rendere l’idea che la società patriarcale consiste nella discriminazione e nello sfruttamento di una parte degli uomini e di tutte le donne ad opera dell’altra parte degli uomini, Schüssler Fiorenza ha coniato il termine “kiriarchia” per dire che solo alcuni uomini, i signori-padri-padroni, occupano una posizione nella scala sociale che permette loro di sfruttare gli altri e le altre. Tuttavia tutti i maschi, a prescindere dalla posizione sociale, vengono considerati simbolicamente come “signori”. ln questa società, quindi, le diverse fonne di discriminazione e oppressione si intrecciano.

 

Il partire da sé

 

Le teologie femministe hanno posto alla base del proprio lavoro quel “partire da sé” su cui il movimento delle donne si è fondato. Questo significa che non c’è riflessione teologico-femminista che non sia radicata nell’ “esperienza delle donne”, cioè nella percezione che le donne hanno di sé, della propria esistenza, del proprio lavoro. Si apre così una riflessione su temi come "corpo, corporeità, sessualità, parola delle donne", ma anche su temi più generali quali "Dio-Dea, la salvezza, la chiesa, ecc.", dal punto di vista dell'esperienza delle donne.

Poiché la teologia femminista ritiene che il femminismo e il cristianesimo abbiano in comune la liberazione della donna e la libertà femminile, condividono sia la critica alla teologia tradizionale come costruzione patriarcale sia il partire da sé come prassi per l’elaborazione creativa di immagini fondamentali del cristianesimo.

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2androcentrismo = modello personale di pensiero e di azione che assume le caratteristiche degli uomini dominanti come normativa per tutta l’umanità.

(continua)