Gli smarrimenti di Gesù
e persino quelli di Dio
Sono volti "segreti" di Gesù. C'è davvero in mezzo a noi un Gesù che non conosciamo, coperto da montagne di dogmi che ce lo hanno allontanato.
E' impossibile non ricordare lo smarrimento più profondo nella vita di Gesù. Al Getsemani è preso dalla paura e dall'angoscia e la sua anima "è triste fino alla morte" (Marco 14,32-40). "Alle tre Gesù gridò con voce forte: Dio mio, Dio mio. perché mi hai abbandonato?" (Marco 15,29-39). Egli è nella morsa della paura eppure proteso alla ricerca della volontà del Padre.
Gesù. smarrito di fronte alla morte di Lazzaro e sconvolto dai mercanti del tempio, qui per un momento sente vacillare la sua fede. Egli si rivolse "con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarlo da morte" (Ebrei 5,7). Ci sorprende questa vicenda. Come ha potuto Gesù giungere fino a questo punto, fino a dubitare della presenza amorosa di Dio? Non ricordava più in quell'ora l'affetto dei discepoli, i sorrisi delle persone, le giornate radiose? Dov'era finito il Gesù che aveva sentito trasalire di gioia il suo cuore davanti ai suoi amici, a Zaccheo, alla donna peccatrice, a tante e tante persone? Non ricordava più l'affetto di Maria di Magdala, l'ardore ingenuo ma sincero di Pietro? Egli che aveva ridestato alla vita e alla speranza tante persone sconfitte e disgregate ora era gelidamente percorso dal dubbio? Dov'era finito il suo coraggio? Egli, maestro e testimone di una singolare fiducia in Dio, come poteva ora pensare che Dio lo avesse abbandonato?
Ma anche per lui quel giorno il sole sembrava essersi spento. Anche per lui, come per il credente del Salmo, l'acqua era giunta alla gola.
Tutti, a volte, mettiamo i piedi in quella zona di confine tra vita e morte per un incidente, un lutto, una catena di delusioni, una malattia, un'angoscia... Una "zona d'ombra e di tenebra" non così rara o estranea a tutti noi.
Anche per Gesù la fedeltà a Dio passò attraverso questi "smarrimenti"... Sarebbe ora troppo lungo cercare altri momenti in cui Gesù, buttandosi fiduciosamente nelle mani di Dio, aggrappandosi a quella Parola che aveva ascoltato nella sinagoga, lasciandosi correggere dalla cananea (Matteo 15) o lasciandosi sostenere, consolare e coccolare dalla donna che "ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo" (Marco 14,3-9), visse i suoi smarrimenti. Proprio in queste circostanze egli imparò a fidarsi radicalmente di Dio, a chiedere aiuto e compagnia ai suoi discepoli, ad accettare il profumo d'amore che lo liberò dalla tentazione dell'autosufficienza.
E Dio, il Dio dell'universo, l'Eterno non si sarà mai smarrito ?!? Non si sentirà mai un po' "perso ”?
Il Primo Testamento e la letteratura midrashica contengono tante "narrazioni" della "commozione" e dello "smarrimento" di Dio. Sono pagine coinvolgenti.
Già l'idea di creare gli uomini e le donne, racconta il midrash, suscitò un pandemonio nel più alto dei cieli. E' suggestivo il racconto di Rabbi Huna. Mentre tra gli angeli era in corso una lite, perché alcuni erano favorevoli alla creazione dell'uomo e della donna e altri nettamente contrari, il Signore li creò. Poi si rivolse agli angeli e disse: "Ma perché litigate ancora? Vedo che adesso state esagerando nella contesa. Smettetela: io li ho già creati". Dio sembra perdere le staffe di fronte a tanta litigiosità angelica e sembra davvero smarrito di fronte alla contesa tra sole e luna (Daniel Zifschitz, Sia la luce, Dehoniane). In queste e in mille altre "storie", come quella dell'Esodo in cui Dio non può essere davvero soddisfatto perché per salvare Israele ha dovuto percuotere l'Egitto, si avverte questa palpitante vitalità del cuore di Dio. Come non pensare alle incalzanti domande di Osea 11 oppure al cantico della vigna che leggiamo in Isaia 5? Dio ha giocato tutte le carte: "Che cosa dovevo ancora fare alla mia vigna che io non abbia fatto?". Ha esaurito le risorse del Suo amore e ancora c'è chi "non bada all'opera delle Sue mani" (Isaia 5,12).
FRANCO BARBERO
Il dono dello smarrimento, 2000