mercoledì 22 gennaio 2025

ATTESA, MAI POSSESSO DI DIO

 

“Nulla caratterizza così bene la nostra vita religiosa come queste immagini di Dio di nostra propria fattura.

Penso al teologo che non aspetta Dio, perché lo possiede già, rinchiuso in una costruzione dottrinale. Penso allo studente in teologia che non aspetta Dio, perché lo possiede già, rinchiuso in un libro. Penso all’uomo di chiesa che non aspetta Dio, perché lo possiede già, inserrato in una istituzione. Penso al credente che non aspetta Dio, perché ce lo ha già, chiuso nella sua personale esperienza religiosa.

Non è facile sopportare il 'non possesso’ di Dio, l’attesa di Dio. Non è facile predicare una domenica dopo l’altra senza elevare la pretesa di possedere Dio e di poterne disporre. Non è facile annunziare Dio ai bambini e ai pagani, agli scettici e agli atei, spiegando in pari tempo che noi stessi non possediamo Dio, ma che anche noi lo aspettiamo.

Sono persuaso che buona parte dell’ostilità contro il cristianesimo proviene dal fatto che i cristiani elevano palesemente, o in modo occulto, la pretesa di possedere Dio ed hanno quindi perduto l’elemento dell’aspettazione che era così importante per i profeti e per gli apostoli (...).

Noi siamo più forti quando aspettiamo che quando possediamo. Quando possediamo Dio lo riduciamo al piccolo frammento che di lui abbiamo potuto sperimentare e comprendere e così ne facciamo un idolo. Soltanto praticando l'idolatria si può credere di possedere Dio.

Ma quando sappiamo di non conoscerlo e siamo in attesa di lui per poterlo conoscere, allora sappiamo realmente qualcosa di lui ed egli ci ha afferrati e conosciuti e ci possiede. Allora siamo credenti pur nella nostra incredulità ed egli ci accoglie nonostante la nostra separazione da lui” 

(Paul Tillich, citato in “Dialogo su Dio” di H. Zahrnt, Queriniana 1976, pag. 425).