mercoledì 29 gennaio 2025

Un modello per lo Stato di Israele

di Raniero La Valle

 

Con una lunga sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di gran parte della legge sull'autonomia, che viene così sostanzialmente a cadere. Sono interessanti peraltro i motivi della sentenza, perché sulla scorta della Costituzione, la Corte enuncia i principi di uno Stato binazionale, multinazionale e pluralistico, quale è quello italiano nel quale convivono le identità di due o più popoli (l'italiano e il tedesco dell’Alto Adige, ma anche comunità di altri popoli). Questo modello potrebbe ispirare una rifondazione dello Stato di Israele, nella forma dei “due popoli e uno Stato”, dopo il tramonto, di fatto, della soluzione a due Stati. In particolare la Corte ricorda che una caratteristica fondamentale del nostro Stato «è il regionalismo, connotato dall’attribuzione alle regioni dell’autonomia politica, che si specifica in autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria», ciò che nel caso di Israele potrebbe configurare il dualismo tra l’ordinamento del territorio dello Stato, quale risulterecbbe dagli accordi di Oslo, e la Cisgiordania. Al tempo stesso, dice la Corte, «fin dai principi fondamentali, la Costituzione definisce la Repubblica come “una e indivisibile"», caratteri questi «che si fondano sul riconoscimento dell’unità del popolo», a cui la Carta «attribuisce la titolarità della sovranità». Si tratta perciò di uno Stato che «riconosce e garantisce pienamente il pluralismo politico, sociale, religioso, scolastico, della sfera economica». Tuttavia, «tale accentuato pluralismo, che si riflette anche sul piano istituzionale -  precisa la Corte - non porta alla evaporazione della nozione unitaria di popolo». La «dialettica di pluralismo e unità» di questo “popolo come molteplicità”, viene dalla storia è dall’appartenenza a una comune civiltà, ciò a cui «si riferisce la stessa Costituzione quando richiama il concetto di "Nazione”». In questo quadro, a coronamento di una riconciliazione tra israeliani e palestinesi, si può pensare a un Patto tra lo Stato e la confessione ebraica, che introduca un ordinamento di laicità, pluralismo e libertà religiosa, col riconoscimento giuridico dell'identità e della professione individuale e collettiva della fede, come fa la nostra Costituzione. Si dirà che questo invidiabile disegno costituzionale non si è veramente realizzato, che non si può parlare, per israeliani e palestinesi, di un solo popolo, di una sola nazione, di una comune identità, mentre si può parlare di un “popolo come molteplicità” e di “una comune civiltà”. Sì può rispondere peraltro che una cosa è un ordinamento giuridico, e altra cosa sono le realtà umane e sociali che corrono nella storia; e in ogni caso il trapasso d'epoca che stiamo vivendo può essere superato solo se concepiamo un'altra forma di identità che non sia ripiegata su se stessa ma si apra all'altro, che sia il migrante, l’altro popolo, l’altra lingua, l’altro colore, l’altra cultura. Questo modello è quello che potrebbe salvare lo Stato di Israele, che a causa dello sgomento suscitato dalla guerra di sterminio a Gaza, è a rischio di perdere lo scudo protettivo della Diaspora ebraica, e di rimanere isolato precipitando in una guerra perpetua con gli odiati palestinesi e gli Stati del vicino Oriente. Un inedito Concordato si stabilirebbe così tra lo Stato ferrigno di Israele e la sua anima ebraica: “Gerusalemme nostra giustizia” come è chiamata con Geremia nella prima settimana d’Avvento.

ROCCA, 1 gennaio 2025