Tempi di fraternità
Nessuna legge religiosa al mattino della creazione
Gesù si recò nel territorio della Giudea oltre il Giordano. La folla accorse in massa da lui. Si avvicinarono poi dei farisei per metterlo alla prova: «È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». Gesù rispose: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Gli dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandare la moglie». Gesù commentò: «È per la durezza del vostro cuore che Mosè scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione non era così (...) L'uomo dunque non separi quanto Dio ha unito».
(Vangelo di Marco, 10, 2 ss)
Questa è tra le pagine più situazioniste del Vangelo di Marco in cui è massimo il détournement - cioé la svolta e la diversione - nel pensare e nell’agire di Gesù. Il giovane rabbi rifiuta di discutere dell’infinita casistica giuridica del divorzio che interessava i farisei è evoca invece l’inizio di tutte le cose: «In principio non era così». È l’implicito prendere le distanze dallo smarrimento della rotta, della direzione, del vagare senza scopo a cui era giunia la religiosità giudaica sul matrimonio. Gesù rifiuta di discutere dell’indissolubilità del matrimonio e denuncia l’arbitrio escrcitato dai maschi sulle loro donne. Questo è il problema che Gesù si prefigge di mettere al centro della discussione sulla tutela della donna dal capriccio maschile e anche in questa discussione Gesù evita di parlare con il linguaggio della legge.
Cosa è successo nei secoli dopo, a proposito delle parole di Gesù: «L’uomo dunque non separi quanto Dio ha unito»? Queste parole sono servite a fondare norme giuridiche che riguardano l’indissolubilità del matrimonio fino alla morte. In realtà, quel giorno, Gesù intendeva soltanto far cessare un insieme di violenze che il marito poteva esercitare sulla moaglie con l’atto del ripudio. La legge di Mosè, infatti, non era molto precisa su quale dovesse essere la ragione del ripudio. Scriveva: «Un uomo ha il diritto di ripudiare la moglie se ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso». Non è necessario essere dei dottori della legge per immaginare a quali soprusi poteva condurre tale legge. Secondo alcuni rabbini quel “qualcosa di vergognoso” poteva essere anche “fare bruciare il pranzo”, È appunto la tutela della donna a rappresentare il centro della discussione di Gesù.
Gesù afferma con molta durezza che le norme di legge non possono regolare le questioni del cuore. Al contrario, le leggi vengono introdotte quando la trasparenza del cuore è talmente offuscata dall’angoscia che un uomo o donna non osa più seguire sé stessa. Una legge è necessaria per delimitare l’arbitrio dell’uno con l’arbitrio dell’altro. Ma il cuore umano, se fosse in ordine, per sua natura sarebbe lontano da ogni arbitrio.
Gesù non cita alcuna legge religiosa, ma si ricollega alla scena del mattino della creazione che non indica un’epoca passata e remota, ma l’era del mondo prima dell’evoluzione umana. L’immagine del ‘paradiso’ dell’inizio dell’umanità vive come un’immagine essenziale, come il principio dell’amore e del pensiero nel nostro cuore. Gesù desiderava che si reimparasse a riscoprire quell’in principio, cautamenle, lentamente, con un coraggio e fiducia.
Quando parla di matrimonio Gesù ha davanti agli occhi le immagini delle pagine iniziali della Bibbia, quando Adamo nel paradiso del mondo, anelando ad un partner per il suo amore, incontra tutti gli esseri viventi e dà loro un nome, quasi percepisse il loro linguaggio come un canto, che vuole suscitare un’eco in lui, ma non trova al suo fianco una creatura che gli sia pari. Soltanto un essere che prende forma dalla ‘ferita’ del suo cuore, e che Dio gli procura come dopo un lungo sonno, diventa il compagno della sua vita. Un essere, in tutto uguale a lui.
Luigi Bersano. 1 gennaio ‘25