ANDANDO PER ASINE
“C'era un uomo di Beniamino, chiamato Kis - figlio di Abièl, figlio di Zeròr, figlio di Becoràt, figlio di Afiach, figlio di un Beniaminita -, un prode. Costui aveva un figlio chiamato Saul, alto e bello: non c'era nessuno più bello di lui tra gli Israeliti; superava dalla spalla in su chiunque altro del popolo. Ora le asine di Kis, padre di Saul, si smarrirono e Kis disse al figlio Saul: ‘Su, prendi con te uno dei servi e parti subito in cerca delle asine'. I due attraversarono le montagne di Efraim, passarono al paese di Salisa, ma non le trovarono." (1 Sam 9,1-4a)
Il racconto, di cui ho riportato la prima parte, si legge con vivo interesse. Costruito con arte squisita, esso ci fa gustare una sequela di emozioni, ma soprattutto si conclude in modo assolutamente imprevisto.
Ad un certo punto l’interesse del brano si sposta dalle asine smarrite e si concentra sul “destino” di Saul. L'elemento teologico prende il sopravvento ed emerge con freschezza.
Una diligente ricerca
Saul parte per cercare le asine del padre e, invece, durante il viaggio egli riceve l’unzione regale da parte di Samuele. Certo, la Bibbia è piena di racconti sorprendnti. ma qui tutto nasce e si svolge in uno scenario pastorale molto consueto. Dio ci viene incontro nella piccola trama del quotidiano, dentro le vicende più “profane” e più “irrilevanti" che si possano immaginare.
Saul, con il suo servo, pensa di andare per asine e, in quel viaggio, avviene l’incontro che cambierà la sua vita. Egli sperava semplicemente di poter trovare le asine di suo padre e, invece, trovò chi gli fece “conoscere la volontà di Dio” (1Sam 9,27). Samuele lo rassicurò: “Quanto alle asine scomparse tre giorni fa, non devi più preoccupartene: sono state ritrovate” (1Sam 9.20).
Succede l’imprevedibile
Ora è necessario preoccuparsi di altro, volgere altrove il cuore: “Irromperà su di te lo Spirito del Signore... e sarai trasformato in un altro uomo” (1Sam 10,6). Partito alla ricerca di alcune asine, Saul è letteralmente “sconvolto”, trasportato su altre sponde, collocato in un altro orizzonte. Dio lo ha afferrato e ha cambiato corso ai suoi giorni: “Quando si congedò da Samuele, Dio gli trasformò il cuore” (1Sam 10,9).
Può essere successo e può ancora accadere a ciascuno di noi. Tante volte, proprio mentre andavamo per asine, cioè immersi nelle nostre faccende quotidiane, Dio ci ha fatto incontrare qualche Samuele, ci ha fatto scoprire orizzonti nuovi di vita. Spesso Dio ci viene incontro dentro le trame più banali del nostro esistere. Beati noi se sappiamo andare oltre la preoccupazione delle asine, se sappiamo “leggere” e ascoltare la “voce” che ci chiama, che ci invita. L’importante è camminare, cercare, essere in viaggio...
Dio spesso non sceglie il monte Sinai o il Tabor per manifestarci la Sua volontà, per darci i segni del Suo amore. Se compiamo con impegno i nostri compiti umani, se assumiamo con serietà le nostre responsabilità, lì Dio può venirci incontro. Può succederci, dice l’autore della Lettera agli Ebrei, che, accogliendo un qualunque viandante, noi, senza saperlo, “ospitiamo degli angeli” (Ebrei 13,2). Saul e il suo servo, proprio nella diligente ricerca delle asine, ebbero il grande dono, l'inaspettato regalo di Dio.
Il quotidiano è "terra santa”. Noi spesso non ce ne accorgiamo.
La necessaria compagnia
Mi colpisce ancora un particolare in questo delizioso racconto. Saul, per giungere al termine del cammino e all'incontro con Samuele, ha avuto bisogno della fantasia, dell'’opera e delle “indicazioni” di altre persone.
E' stato il servo a suggerire l'idea e a rendere possibile l'incontro con Samuele (vv. 6-10). Saul si sarebbe presto scoraggiato e, come ci documenta il testo, dice al suo compagno di viaggio: “Torniamo indietro; temo che mio padre non pensi più alle asine, ma cominci a preoccuparsi per noi” (v. 5).
Fu necessaria l'ulteriore e precisa indicazione di “alcune ragazze che andavano ad attingere l’acqua” (v. 11) per incontrare Samuele, l'uomo di Dio. Poi, tramite Samuele, Saul comincerà a capire ciò che Dio vuole da lui. Ancora una volta c'è bisogno della “nube dei testimoni” per entrare nei sentieri di Dio. Non santi/e da venerare, ma uomini e donne con cui camminare.
don Franco Barbero 1999