giovedì 27 marzo 2025

L’uscita di papa Francesco al balcone: la fragile luce della misericordia di fronte agli ostacoli dell’autoritarismo ecclesiastico

José Carlos Enríquez Díaz


La recente apparizione pubblica di papa Francesco dal balcone del Policlinico Gemelli, in sedia a rotelle e visibilmente affetto da problemi di salute, è stata un atto carico di simbolismo. Davanti a migliaia di fedeli che lo attendevano, Francesco ha pronunciato poche e brevi parole di gratitudine, anche se si notava la fatica nel respirare e nel muoversi. Un gesto pieno di umanità e di vulnerabilità che, tuttavia, è stato offuscato dal mormorio di alcuni che gioivano della sua sofferenza, come se la fragilità di un uomo così dedito alla misericordia fosse qualcosa da ignorare. Questa scena mette in luce una profonda contraddizione all’interno della Chiesa: la luce di un papa che cerca vicinanza, il perdono e l’inclusione, da una parte, e dall’altra i forti venti di opposizione che cercano di ostacolare i passi in avanti verso una Chiesa più evangelica e meno gerarchica.

La critica più crudele è arrivata da voci come quella di Jesús Sanz, arcivescovo di Oviedo, che non ha esitato a definire papa Francesco un «malato terminale», riducendo la persona del Pontefice a una figura usa e getta, la cui salute era vista solo come un ostacolo dai suoi detrattori. Questo tipo di affermazioni non solo disumanizzano il papa, ma riflettono anche un approccio pastorale molto lontano dai principi fondamentali del Vangelo. Attraverso parole come queste, alcuni settori della Chiesa cercano di sbarazzarsi della figura di Francesco, senza comprendere che la sua debolezza non è un segno di sconfitta, ma una testimonianza del suo impegno per una Chiesa più vicina e compassionevole.

È fondamentale sottolineare che coloro che criticano papa Francesco per la sua vicinanza ai più vulnerabili e la sua apertura al dialogo, non hanno mai messo in discussione l’autoritarismo che ha caratterizzato il papato di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI. Durante i loro pontificati, le voci dissidenti e le proposte di cambiamento sono state sistematicamente messe a tacere. Teologi come José María Castillo, José Antonio Pagola e Jon Sobrino, che si sono battuti per una Chiesa più inclusiva e impegnata con le realtà sociali, sono stati emarginati, ignorati o addirittura puniti per aver sfidato le strutture di potere costituite.

Al contrario, Francesco ha cercato di restituire alla Chiesa la sua vitalità evangelica, sfidando la rigida gerarchia e promuovendo una maggiore apertura alla riflessione teologica, alla messa in discussione ed al dialogo con la realtà. Il suo appello a teologi come Castillo, incoraggiandolo a continuare a scrivere ed a condividere la sua visione, è un chiaro esempio del suo desiderio di rivitalizzare la libertà di pensiero all’interno della Chiesa. Ma questa spinta verso una Chiesa più aperta, inclusiva e impegnata con il Vangelo si scontra con forti resistenze da parte di coloro che preferiscono mantenere lo status quo e considerare la Chiesa un’istituzione chiusa, impermeabile al cambiamento.

I danni causati dai silenzi imposti in passato sono enormi. La repressione delle voci critiche ha creato una Chiesa che, per molti versi, si è scollegata dalle realtà del popolo e dalla missione di Gesù. La visione di una Chiesa più evangelica, nella quale il messaggio di Gesù è vissuto in modo più autentico e meno burocratico, continua a essere ostacolata da coloro che temono che il cambiamento possa minacciare le loro posizioni di potere. Tuttavia Francesco continua ad andare avanti, affrontando queste resistenze con la stessa umiltà e misericordia che lo hanno caratterizzato durante tutto il suo papato.

La sfida di Francesco non è solo quella di affrontare la malattia, ma anche i settori potenti che resistono al rinnovamento della Chiesa. Il papa continua ad essere la guida di una Chiesa che deve imparare ad abbracciare la fragilità umana, non a rifiutarla. Nella sua apparizione al balcone dell’ospedale, Francesco ha dimostrato non solo la sua vulnerabilità fisica, ma anche la sua forza interiore per continuare a lottare per una Chiesa più fedele ai principi del Vangelo: una Chiesa aperta e dialogante, che non ha paura di mettere in discussione le sue strutture e, soprattutto, che pone la persona umana, in tutta la sua fragilità, al centro della sua missione. In questo senso, il suo lavoro, pur intralciato dagli ostacoli dell’autoritarismo e dell’incomprensione, resta una luce di speranza nel cammino verso una Chiesa più vera e più vicina alla volontà di Dio.

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Articolo pubblicato il 23.03.2025 nel sito Ataque al poder (www.ataquealpoder.es).
Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli