lunedì 21 aprile 2025

 La totale ebraicità di Gesù: non secondo Dio, dopo NICEA 385

 

"Alla base di questo libro sta la percezione di un'unità sistemica della storia cristiana. I diversi capitoli convergono a mettere in luce quello che mi sembra il problema centrale del cristianesimo, o almeno una delle questioni più rilevanti per chi si interroga oggi sul significato di questa lunga esperienza storica. Si tratta di tre realtà differenti e tuttavia profondamente intrecciate: la figura storica di Gesù, la nascita del cristianesimo e la modernità. Tre poli problematici in necessaria relazione sistemica,..

La ricerca storica ha chiarito ormai senza ombra di dubbio la totale ebraicità di Gesù. Tutte le sue aspirazioni, il suo modo di agire e di pensare si collocano all'interno della cultura ebraica. Da qui nasce una questione storica di straordinaria rilevanza. Il cristianesimo, infatti, come lo conosciamo dall'inizio del III secolo in poi, pretende di collegarsi legittimamente a Gesù, anzi si considera come l'esito voluto da Gesù stesso. Ciononostante esso è chiaramente una religione autonoma, staccata dall'ebraismo, anzi in forte opposizione a esso. Se dunque Gesù è da considerarsi totalmente interno all'ebraismo, perché e quando nasce il cristianesimo, una religione diversa e anzi in polemica con l'ebraismo?

La soluzione che è stata data” per secoli a tale questione consiste nell'affermare che Gesù avrebbe criticato a fondo l'ebraismo del suo tempo nei suoi capisaldi teologici ed etici, ponendo in essere una nuova istituzione, la Chiesa, da cui scaturisce il cristianesimo sotto la guida dei primi e più vicini discepoli di Gesù.

Questa spiegazione appare oggi storicamente inaccettabile. Gesù non ha mai criticato l'ebraismo né nella sua teologia né nella sua visione etica. I primi gruppi di seguaci di Gesù diedero vita a una molteplice diversità di tendenze, le quali, all'inizio e per lungo tempo, rimasero all'interno dell'ebraismo e delle aggregazioni ebraiche della Terra di Israele e della Diaspora ebraica antica.

Ormai è chiaro: il cristianesimo non nasce con Gesù e, quando prende forma definitiva, appare come una religione distinta dall'ebraismo”.

Mauro Pesce, “Il cristianesimo, Gesù e la modernità”,

Carocci Editore, Roma 2018

 

Non si capisce Gesù se si prescinde dalla sua storicità

“Storicamente Gesù appartiene alla religione ebraica biblica: si colloca, come vedremo, nella tradizione mistico-profetica, in opposizione alle strutture sacerdotali costituite. Tuttavia, il concetto ebraico della divinità resta un elemento essenziale dell'autocoscienza di Gesù: la sua predicazione non comporta assolutamente l'eliminazione di Jahvè.

Il suo «In verità vi dico» non costituisce dunque una rottura completa con tutto il passato: Abramo e Mosè restano i suoi precursori, e il Dio dell'esodo dall'Egitto è anche colui che Gesù chiama col nome di Padre. Persino l'appello di Gesù all'amore, quell'amore del prossimo che ci è così familiare, non è nuovo nella sua formulazione: si tratta di una citazione dei libri più antichi della Bibbia.”(p.30).

Con la divinizzazione del fondatore, la Chiesa cristiana occidentale diveniva il più potente alleato del sistema politico, a cui restò sempre strettamente legata anche nei periodi di conflitto: il trono e l'altare si appoggiavano reciprocamente, e questa ideologia si è lungamente conservata, fino a gran parte dell'era moderna. Gesù - in netto contrasto con la sua posizione storicamente accertata di emarginato - avallava ora l'autorità terrena. La sua posizione sul trono celeste incarnava nella sua quieta immobilità il principio fondamentale del potere imperante nella vita politica e sociale: la stabilità”.

Adolf Holl, "Gesù in cattiva campagnia",

Ed. Einaudi, 1991, pag. 42

Per non cristianizzare il Gesù storico

"Questa prima distinziorie fra ricerca sul Gesù storico e cristologia conduce naturalmente a una seconda importante distinzione, in effetti, la include. È la distinzione fra la nostra conoscenza su un ebreo palestinese del I secolo chiamato Yeshua di Nazareth e il nazareno della dogmatica.

Franco Barbero, 2005