Se la casa è vuota
Nel linguaggio biblico, conforme all'immaginario religioso del tempo, sovente la vita del cristiano viene descritta come uno scontro tra Dio e il diavolo.
Nel vangelo di Luca e di Matteo troviamo la parabola del ritorno dello spirito immondo. I due testi corrono paralleli, tranne l’applicazione finale di Matteo al popolo incredulo: «Quando uno spirito maligno è uscito da un uomo, se ne va per luoghi deserti in cerca di riposo, ma non lo trova. Allora dice: “Tornerò nella mia casa, quella che ho lasciato".Egli ci va e la trova vuota, pulita e bene ordinata. Allora va a chiamare altri sette spiriti, più maligni di lui; poi, tutti insieme, entrano e restano inquella casa. Così, alla fine, quell’uomo si trova in condizioni peggiori di prima. E così sarà anche per voi, gente malvagia» (Matteo 12, 43-45).
La parabola, nelle parole e nel contenuto, rivela un carattere tipicamente palestinese. Lo studioso J. Jeremias lo ha egregiamente documentato. Lo “spirito immondo” sta per il diavolo, il deserto era la sede naturale dei demoni e la “casa” designa l’uomo da cui lo spirito immondo esce e al quale vuole fare ritorno. Sette è il numero della totalità; i sette spiriti immondi rappresentano tutto l’immaginabile in fatto di seduzione e malvagità demoniaca (J. Jeremias, Le parabole di Gesù, Paideia 1967, pag. 234).
Il messaggio della parabola-apologo non doveva risultare molto difficile: non crediatevi sicuri, tranquilli, nell'immobile possesso della liberazione del male. La vostra liberazione dal “regno di Satana”, dalla schiavitù dell'uomo “vecchio”, è stata reale, ma rimane pur sempre precaria e reversibile. Se voi non andate fino in fondo ed abbassate il livello di guardia, se voi vi addormentate o mollate, si profila subito una situazione in cui ricadete in una più pesante schiavitù. Forse era molto importante questo ammonimento per ricordare che «nessuno che abbia messo mano all'aratro e poi guardi indietro è adatto al regno di Dio» (Luca 9, 62). Con il trascorrere degli anni risultava sempre più importante proseguire il cammino di fede con impegno e con perseveranza e gli evangelisti lo ribadiscono con frequenza.
J. Jeremias osserva che, nella parlata semitizzante, il versetto 44 va letto così: «Allora lo spirito immondo dice “Tornerò nel mia casa...”. Egli ci va e, se la trova vuota, pulita e ben ordinta, allora ritorna». L'aggiunta di questo “se”, di questa particella condizionale, rende più pungente e preciso il signifiato della parabola: non è inevtabile la ricaduta; essa può benissimo essere evitata. Ma la casa non deve restare vuota!
Ecco il punto: se la casa è vuota e incustodita, diventa facile preda di nuovi padroni.
Siamo messi in guardia. O siamo «la casa dove Dio abita» (Efesini 2, 22) oppure siamo il vuoto esposto alle incursoni del male. E, per il cristiano ritornare agli idoli dopo che ha gustato la libertà che Dio gli ha donato in Cristo Gesù, significa piombare in una situazione peggiore di quella in cui si era trovato prima.
Il grande impuato è il vuoto e il pieno di cose vuote. È essenziale, nella sequela di Gesù, fare il pieno di fede, di amore e di speranza. Gli spazi vuoti di ventano facile preda del male, del nulla, degli idoli.
Un cuore “governato” da Dio, una vita governata e presa dagli “interessi” del regno di Dio, può far fronte alle seduzioni che ci giungono da tutte le parti.