giovedì 29 maggio 2025

Cesare vuole troppo : praticare la disobbedienza

 

Allora i farisei si ritirarono e tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nelle sue parole. E gli mandarono i loro discepoli con gli erodiani a dirgli: «Maestro, noi sappiamo che sei isincero e insegni la via di Dio secondo verità, e nan hai riguardi per nessuno, perché non badi all'apparenza delle persone. Dicci dunque: Che te ne pare? È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, disse: «Perché mi tentate, ipocriti? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli porsero un denaro. Ed egli domandò loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione» Gli risposero: «Di Cesare». E Gesù disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio». Ed essi, udito ciò, si stupirono e, lasciatolo, se ne andarono (Matteo 22, 15-22).

 

Nel consueto contesto polemico in cui si colloca questo capitolo del Vangelo di Matteo si trova un versetto che ha fatto sgorgare fiumi di inchiostro, intere biblioteche di commenti: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio"(v.21).

Gesù non autorizza a “volare in cielo saltando la terra”, cioè a dispensarci dal dovere che abbiamo di contribuire, anche con le tasse, al bene comune dello  Stato in cui viviamo.

Ma oggi più che mai Cesare è il simbolo del potere politico ed economico che vuole troppo, che detta leggi oltre e contro il giusto, che invade campi della vita personale e collettiva ben oltre le proprie competenze. Anzi il potere oggi, nella sua dimensione politica, economica e anche religiosa, vuole tutto per sé, si divinizza, ci vuole mettere in adorazione come davanti a un dio. I poteri non sanno limitarsi e, nel loro delirio di onnipotenza, hanno perso il senso della loro  funzione, hanno stravolto il loro compito.


Il re è nudo

Davanti ai nostri occhi, se proprio non siamo ciechi o venduti, si apre un panorama in cui i poteri hanno perso ogni autorevolezza e fanno valere le loro decisioni prevalentemente con la violenza.

La pratica invasiva dei poteri paralizza molte coscienze che, davanti a questo “onnipotente”’ spettacolo planetario, si lasciano impaurire, ridurre al silenzio o si uniscono al coro dei consenzienti. Taluni poteri - penso agli interessi delle multinazionali che spingono alla guerra per espandere i loro guadagni con il petrolio dell’Iraq - impersonano la “bestia”’di cui parla il capitolo 13 dell’Apocalisse. Una bestia travestita che ora blandisce ora colpisce.

 

E’ tempo di dissacrazione

Diamo troppo spazio ai poteri nella nostra vita. E' tempo di ripensare radicalmente la nostra relazione con i vari poteri. Nella società e nella chiesa occorre imparare e praticare quanto Paolo scriveva alla comunità di Salonicco: “Valutate ogni cosa e ritenete ciò che è buono”. Non, dunque, un'obbedienza rassegnata, ma il discernimento, il confronto, una sana e profonda libertà dei figli e delle figlie di Dio per poter diventare cittadine/i e credenti adulte/i e responsabili. Penso all’esempio che ci hanno dato quei soldati israeliani che, inviati in guerra contro i palestinesi hanno rifiutato di combattere.

Penso a quei e quelle credenti che, superando certe disumane leggi ecclesiastiche, finalmente sanno distinguere tra ciò che è dovuto a Dio e ciò che è dovuto al Cesare vaticano. Mettono al primo posto la ricerca della volontà di Dio e non si lasciano più imbrigliare da un documento vaticano o da un’assoluzione negata da un confessore. E così camminano fiduciosi/e nei sentieri della libertà responsabile.

Il potere estende la sua influenza anche perché noi gli diamo credito e spazio. Il dominio spesso trova la “compiacenza” o la complicità dei dominati. Tocca a noi porre un limite alla “sacralizzazione” dei poteri. Anzi tocca a noi sdivinizzarli, desacralizzarli, spogliarli quando si mettono l’aureola.

 

Alcuni no

Se le nostre chiese davvero fossero devote con tutto il cuore alla “causa di Gesù”, se davvero aderissero al Vangelo radicalmente, organizzerebbero una diserzione totale dalle industrie militari, inviterebbero i membri delle comunità ad obiettare, toglierebbero i loro capitali dalle multinazionali, ritirerebbero i loro “ambasciatori” presso i governi guerrafondai di Bush, di Blair...

Le accorate deplorazioni contro la guerra e contro le ingiustizie non sono che vana retorica se poi, a partire da questa Italia, si stringono solide alleanze elettorali e post-elettorali con il governo più inetto che il paese abbia registrato.

 

Ciascuno/a di noi

Intanto ciascuno/a di noi può cominciare con tanti piccoli no: nell’uso del denaro, nel modo di fare gli acquisti, verso uno stile di vita sobrio e solidale. Se la fede non incide nella “materialità”, nella concretezza delle scelte quotidiane, può ridursi ad una teoria religiosa e produce soltanto pie illusioni...

Se guardiamo alla vita di Gesù, diventa evidente che il suo “Sì a Dio” ha determinato tanti no, fermi e concreti, a quei poteri che volevano, allora come oggi, dominare le coscienze ed ergersi come realtà divine. Il rifiuto delle armi, il mercato equo e solidale, la banca etica, l’obiezione alle spese militari prelevate dalle nostre imposte, possono rappresentare la conseguenza pratica e costruttiva del nostro rifiuto di adorare il dio mercato, costruito sulla manipolazione e sull’ingiustizia. Insomma, la scelta tra il Dio liberatore, di cui ci danno testimonianza le Scritture, e il dio mercato, il dio dei signori di questo mondo, si rende visibile anche nelle scansioni della vita quotidiana, quando cerchiamo di praticare una “economia” del dono e della condivisione anziché un'economia dell’accumulo.

Franco Barbero, 3-1-1970