mercoledì 18 giugno 2025

 Gaza, attivisti sequestrati e respinti

"fuori dal diritto"

"E' la prima volta che vediamo una cosa del genere". Lubna Tuma è una dei due avvocati dell'ong Adalah che ieri hanno assistito gli attivisti della Freedom flotilla rimasti agli arresti in Israele, nella struttura di detenzione per migranti illegali di Givon, a Ramleh. Il ministero degli Interni di Gerusalemme ha emesso nei loro confronti un foglio di via, che gli vieta di entrare in Israele per i prossimi 100 anni. Dei dodici membri dell'equipaggio del veliero Madleen, fermato in acque internazionali al largo di Gaza all'alba di lunedì dalla marina israeliana, otto sono ancora detenuti dalle autorità israeliane, mentre quattro sono rientrati nei paesi di origine. Gli otto che restano hanno rifiutato di firmare il documento con cui accettavano il rimpatrio immediato, perché conteneva l'ammissione di essere entrati illegalmente in acque di competenza israeliana. Sostengono, e con loro gli avvocati di Adalah (ong israeliana che difende i diritti dei palestinesi) di non essere entrati illegalmente in Israele per loro volontà, ma di esserci stati trascinati dall'esercito, mentre la loro destinazione era Gaza. Sostengono anche di essere stati arrestati in violazione del diritto internazionale: non solo perché si trovavano in acque internazionali, ma perché stavano portando avanti una missione umanitaria, seppur simbolica. Ieri hanno fatto valere queste argomentazioni in quattro ore e mezza di udienza davanti a un tribunale speciale. Uno di loro, Thiago Avila, è in sciopero della fame. Tra gli altri c'è l'eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, che ha chiesto di far valere la sua immunità parlamentare. L'avvocata Tuma ha pochi dubbi sul verdetto: "Per legge, se non firmano il documento di deportazione entro 72 ore potranno rimanere in custodia anche per molto tempo. Crediamo però che ci sia l'interesse politico a farli partire il prima possibile". Israele considera la loro inclusione una violazione di sovranità e un attentato alla sicurezza, in ragione della guerra a Gaza.

Quattro attivisti ieri hanno accettato il rimpatrio rapido con ammissione di colpa. La prima a lasciare il paese è stata Greta Thunberg: è salita sul primo volo per la Svezia, un El Al con scalo a Parigi, dall'aeroporto Ben Gurion alle 9.22. Le è stato riservato un sedile con lo schienale attaccato a una parete, non reclinabile, il più scomodo. "Sarò più utile fuori da Israele che in prigione per due settimane", ha spiegato atterrata a Parigi. Sono tornati a casa anche i francesi Omar Faiad e Baptiste André, e lo spagnolo Sergio Toribio. Il ministro della difesa Israel Katz ha fatto sapere di aver mantenuto la sua promessa: "Greta e i suoi compagni della flottiglia sono stati condotti in una stanza al loro arrivo per la proiezione del film horror sul massacro del 7 ottobre e quando hanno capito di cosa si trattava, si sono rifiutati di continuare. I membri antisemiti della Flotilla chiudono gli occhi sulla verità, dimostrando ancora una volta di preferire gli assassini alle vittime".

Benjamin Netanyahu ha lasciato fare ai ministri, senza mescolarsi alle polemiche. Ieri ha ricevuto Javier Milei, e oggi affronta il test politico più difficile dall'inizio della guerra. Alla Knesset viene messa ai voti una mozione di sfiducia presentata dall'opposizione, con i partiti ultra-ortodossi della maggioranza che minacciano di votare a favore e far cadere il governo, a meno che il premier non rinunci alla legge sulla costrizione obbligatoria per i giovani delle comunità ultra-religiose (esentati dal servizio militare dal 1948). Gli analisti politici israeliani scommettono su un accordo dell'ultimo minuto, disciplina di sopravvivenza di cui Netanyahu è maestro. Ieri il premier ha parlato per la prima volta da settimane degli ostaggi: in un video messaggio ha parlato di "progressi significativi" nei negoziati, anche se "è troppo presto per nutrire speranze". Domani è prevista una riunione del gabinetto di sicurezza del governo israeliano per discutere dell'argomento. Sullo sfondo c'è la telefonata avuta con Donald Trump lunedì, dove oltre a scontrarsi sui negoziati con l'Iran (domenica si terranno nuovi colloqui Usa-Teheran) i due leader hanno discusso della situazione a Gaza e il presidente americano avrebbe rinnovato la sua spinta a raggiungere una tregua. Nella Striscia, ieri si sono verificati altri incidenti durante la distribuzione di aiuti da parte della Ghf. L'esercito israeliano ha sparato "colpi di avvertimento" sulla folla che si dirigeva verso uno dei centri di smistamento. Secondo le autorità locali, 17 persone sono rimaste uccise.

 

di Riccardo Antoniucci (da “Il Fatto Quotidiano” dell’11/6/2025)