La festa del Corpus Domini: Liegi 1246
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dave vuoi che undiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo can una brocca d'acqua; segiuitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi».
I discepoli andarona e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua. (Marco 14, 12-16).
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro è ne bevvero tutti. E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio»... E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi (Marco 14, 22-26)".
La chiesa cattolica inventò la festa del Corpus Domini (“Corpo del Signore”’) nel tredicesimo secolo. Essa fu celebrata la prima volta nella diocesi di Liegi nel 1246. Papa Urbano IV, già autorevole esponente del clero di Liegi, nel 1264 la estese a tutta la chiesa e ne stabilì la celebrazione il giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Da pochi anni la festa viene celebrata la domenica successiva.
E’ interessante notare che il papa, nel decreto di erezione di tale festa, scrisse che essa veniva istituita “per confondere la infedeltà e l’insania degli eretici”. Ma quasi nessuno diede retta a papa Urbano e nel 1314 dovette intervenire di autorità papa Clemente V per-fare applicare tale decreto. Qualche decennio dopo nacque la “solenne processione” del Corpus Domini. Su questa festa, nata in aperta polemica con chiunque manifestasse un pensiero diverso dalla gerarchia romana (basta poco a volte per esscere definiti e squalificati come eretici!), non si è mai spenta la disputa nelle chiese cristiane e anche all’interno della stessa chiesa cattolica.
E' comprensibile che anche questo passaggio dal “mangiare il pane” all’adorazione dell’Ostia santa (come si diceva) abbia suscitato nelle chiese e tra i teologi molte perplessità e molte opposizioni. La Scrittura, infatti, non dice mai di adorare il pane eucaristico, ma di mangiarlo. Così pure come si potevano costringere i cattolici a credere in una presenza “reale” di Gesù, fisica e oggettiva, mentre per secoli era stata diffusissima l’interpretazione simbolica di “questo è il mio corpo" e “questo il mio sangue”? Le decisioni gerarchiche già allora non parvero convincenti e nei secoli le parole bibliche sono sempre più apparse suscettibili di altre interpretazioni. Oggi la teologia eucaristica, cioè il modo di comprendere la cena del Signore o eucarestia, è molto variegata anche dentro la chiesa cattolica. Questa molteplicità è certamente un grande bene perché rispecchia le milteplici interpretazioni che della cena eucaristica sono avvenute nelle comunità cristiane, nelle ricerche bibliche e teologiche di questi venti secoli.
Questa libertà di scegliere tra diverse interpretazioni s’aggiunge ad un altro fatto molto positivo. Infatti la molteplicità delle interpretazioni teologiche coesiste felicemente con alcuni elementi che convergono in unità, anzi consolidano la nostra unità di fede.
Accenno brevemente alle diversità e poi cerco di valorizzare, per accenni, i forti elementi di unità presenti anche nella chiesa cattolica.
Diverse interpretazioni
Molti cattolici, più vicini alle posizioni che la ge andò precisando e fissando con ripetuti documen sano che “nel Santissimo Sacramento dell’Euca contenuto veramente, realmente, sostanzialm Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo con l'anima e la divinità e. quindi il Cristo tutto intero”.
In tale presenza “reale” Cristo tutto intero si fa presente. “Cristo è tutto è integro presente in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide {dal Catechismo della Chiesa Cattolica). “Med consacrazione si opera la fransustanziazione del del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo” (ivi pag. 366). Questo ci veniva insegnato un tempo nel c smo.
Oggi, accanto a questa, c'è una interpretazione diversa. Molti altri, cattolici e non, leggono in questo invito di Gesù a mangiare il suo corpo e a bere il suo sangue, la possibilità che ci è offerta di entrare in profonda comunione di pensieri e di vita con Gesù, di esperimentare la sua presenza nel nostro cammino, di ispirarci a lui nelle nostre scelte. Questo mangiare il corpo e bere il sangue non indicano carne e sangue da macelleria, ma il dono e l'impegno di legare la nostra vita a quella di Gesù.
Quel pezzo di pane rimane pane; così pure il vino. In questa prospettiva teologica è centrale vedere che significato ha, nel disegno di Dio, quel pane condiviso, quel pane mangiato dopo aver benedetto Dio che ce l’ha donato, quel pane che Gesù nella sua quotidianità spezzava con vicini e lontani, con i perduti e i peccatori, con pagani e prostitute. Se non si legge in questo spezzare il pane al cospetto di Dio qualcosa che imprime una nuova direzione alla nostra vita quotidiana, allora il rischio è di trastullarci in cerimonie evasive.
Dio, attraverso l’opera e il messaggio di Gesù, forse non ha interesse a cambiare “la sostanza” del pane e del vino. Quello che deve cambiare è la “sostanza ” della nostra vita. In questa prospettiva non esiste nessuna parola magica, potente o sacerdotale che trasformi un pezzo di pane, ma ci si affida, come Gesù, all’amore e alla Parola di Dio che può lentamente cambiare le nostre vite.