200 MILA AL CORTEO VIETATO. A VUOTO LE PROVOCAZIONI,
AUTORIZZATE DALLA DESTRA
Lo schiaffo del Pride a Orbán
Uno schiaffo a
Viktor Orbán nel nome dei diritti civili e del diritto d’assemblea. È quanto è
andato in scena il 28 giugno per le strade di Budapest, dove circa 200 mila
persone, secondo le stime degli organizzatori, hanno sfilato per la 30°
edizione del Pride celebrata nella capitale ungherese. Dopo le minacce
recapitate dal governo all’indirizzo di organizzatori, sindaco di Budapest e
partecipanti, non si è verificato alcun incidente o momento di tensione.
Eppure, le provocazioni ci sono state. Tre le, sparute, manifestazioni
organizzate dall’estrema destra. Tre eventi creati da gruppi o partiti dalla
destra nazionalista e omofoba con l’unico scopo di ostacolare il corteo
arcobaleno. Tre raduni di estremisti che nell’Ungheria orbaniana è stato
possibile organizzare legalmente con la debita autorizzazione dalla polizia, al
contrario del Pride che, invece, è dovuto ricorrere all’escamotage
dell’organizzazione municipale per svolgersi in luoghi pubblici.
Nelle strade
della capitale ungherese si è ballato e ci si è baciati, abbracciati, tenuti
per mano. E ovviamente non poteva mancare Bella ciao, accanto a canzoni di
protesta magiare. Il tutto in un profluvio di bandiere arcobaleno, europee e
ungheresi spesso combinate assieme a creare vessilli multicolori, e tanti
striscioni, cartelli, oltre a popolarissime maschere di Orbán truccato da
Joker.
Di tanto in
tanto un boato dei manifestanti salutava qualcuno che, affacciato a una
finestra lungo il percorso, applaudiva i manifestanti o sventolava drappi
arcobaleno. A sostenere il corteo anche le navi da crociera in transito lungo
il Danubio, con i loro corni da nebbia. Pressoché assenti i simboli di partito,
anche se due movimenti d’opposizione ungherese, Momentum e il Partito del cane
a due code, avevano propri carri al corteo, al pari di Tilos Radio, una delle
poche emittenti non filo-orbaniane superstiti.
NEL CORTEO
L’UNGHERESE si è mischiato all’inglese, all’italiano, al
tedesco, al francese, al ceco e al polacco con persone di tutte le generazioni.
Fra di loro, la ventenne magiara Zsófia era al suo terzo Budapest Pride.
Quest’anno, però, l’evento ha un significato diverso per lei: «Il fatto che sia
stato proibito dal nostro governo, rende emblematico quanto sta accadendo qui
in Ungheria. Ed ecco che fare parte di un corteo così numeroso, oggi, mi fa
sentire più forte». La tedesca Ann, invece, stringeva una bandiera arcobaleno
con su scritto «For Maja», in riferimento all’antifascista non binaria
incarcerata a Budapest: «Sono qui per lei, perché Maja T. sarebbe qui con noi,
oggi, se non fosse in prigione. Voglio che cresca la consapevolezza della sua
situazione e che si sappia dello sciopero della fame che ora sta facendo. È
stata deportata in Ungheria dalla Germania illegalmente e questo mi fa rabbia,
perché sta perdendo i suoi diritti in questo Paese».
Quanto alla
polizia ungherese presente ieri lungo il corteo, è stata numerosa ma discreta,
confinata alle strade d’accesso al corteo. L’unico momento di contatto verbale
fra il corteo arcobaleno e i suoi oppositori si è avuto in piazza Gellert,
accanto ai celebri bagni termali. Qui una ventina di estremisti nerovestiti,
sorvegliati da un centinaio di agenti, ha esposto lo striscione «Fermare la
pedofilia Lgbt», in sintonia con la retorica orbaniana sul tema.
LE FORZE
DELL’ORDINE hanno polemizzato con gli organizzatori del
Pride in un comunicato diffuso a corteo in corso, sostenendo di non essere
stati informati sulle variazioni di percorso. Ma i cambiamenti sono stati
cambiamenti obbligati, dovuti al blocco del ponte della Libertà messo in atto
dagli oppositori al Pride. Gli organizzatori, fra cui 200 volontari sul campo,
sono stati così costretti a dirottare il corteo sul vicino ponte Elisabetta. È
stato questo l’unico ostacolo posto dai militanti anti-Pride, eccezion fatta
per un terzetto di fanatici, che ha invitato i presenti a «Pentirsi! Finché
siete in tempo» imbracciando una croce. Una predica accolta da sorrisi e
ironici applausi di incoraggiamento.
DA BRUXELLES sono
arrivati tanti politici, compresi i capigruppo di S&D, Greens e liberali.
Intravista tra la folla l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau avvolta nella
kefiah. Eccetto per qualche adesivo e scritta sulla pelle, a Budapest la
Palestina è uscita dai radar.
MOLTO VISIBILE per
decibel e bandiere la presenza italiana, composta da un centinaio di persone in
rappresentanza di tante associazioni Lgbtq+ del nostro Paese. A nome di tutti
ha parlato Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay: «Siamo
convintissimi che i diritti civili siano senza confini e nel momento in cui un
Paese membro mette in discussione i principi fondamentali su cui è costruita
l’Unione europea è dover ergersi a difesa e supporto del movimento Lgbtq+
ungherese».
A fargli eco,
fra i presenti, la segretaria del Pd, Elly Schlein, secondo cui «il divieto del
Pride è censura e discriminazione istituzionale. Non lo possiamo accettare e
per questo abbiamo deciso di essere qui». Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e
Sinistra ha invece ribadito che il Pride «è una battaglia di libertà contro
l’autoritarismo e siamo al fianco di chi lotta per l’uguaglianza contro ogni
discriminazione». Sono venuti anche i rappresentanti del Movimento 5 Stelle e
non è mancata la delegazione di +Europa. Non ha perso l’occasione neanche Carlo
Calenda, a suo agio tra bandiere europee e slogan anti-Orbán in una giornata
senza conflitti per il campo larghissimo.
ASSORDANTE
SILENZIO, invece, dal premier Orbán, almeno nelle ore
immediatamente successive al corteo del Pride. In compenso, ha postato sul
proprio profilo social una foto che ritrae i suoi tre nipoti, intenti a
raccogliere fiori nei prati, dichiarandosi: «Orgoglioso di loro». Di sicuro
Orbán dovrà presto distogliere l’interesse dai prati e prestare attenzione alle
strade di Budapest. Da come saprà ribattere a sua volta cogliendo i segnali
ricevuti ieri, passeranno molte delle sue chance di restare in sella
all’Ungheria.
Lorenzo Berardi (da “Il Manifesto” del 29/06/2025)