Fondazione Migrantes audita alla Camera:
«Cittadinanza è diritto da garantire, non privilegio da concedere»
ROMA-ADISTA (25/06/2025)
Mons. Gian Carlo
Perego, presidente della Fondazione Migrantes, è stata ascoltato oggi dalla
Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati in merito al
disegno di legge 2369 recante “Disposizioni per la revisione dei servizi per i
cittadini e le imprese all’estero”.
Le osservazioni nel
merito del testo in discussione sono state collocate da mons. Perego in una
riflessione più ampia sulla questione della cittadinanza. Egli ha subito messo
in luce «l’importanza di una riforma organica, che eviti il rischio di ripetere
quanto accaduto con la legge n. 91 del 1992», ricordando che «l’aspirazione
alla cittadinanza italiana non rappresenta semplicemente la soluzione a
questioni di carattere amministrativo» e che essa «accomuna tanto gli
italo-discendenti quanto gli stranieri stabilmente presenti in Italia, inclusi
i figli nati e cresciuti nel nostro Paese da genitori stranieri».
Tenendo conto che
la cittadinanza «è un legame insieme affettivo ed effettivo, che unisce
appartenenza e partecipazione concreta», e che essa è anzitutto «un diritto da
garantire, non un privilegio da concedere», il presidente della Fondazione
Migrantes ha invitato la politica a «essere accompagnamento e voce della
comunità, non barriera”. E ha indicato come modello significativo quello della
“cittadinanza europea».
Dal 1992 a oggi
l’Italia è cambiata. Come evidenziato da mons. Perego, dal punto di vista
dell’immigrazione, il Paese «ha 4 milioni di immigrati in più, più permessi per
ricongiungimenti familiari che per lavoro, più studenti immigrati nelle scuole,
più nascite da genitori stranieri regolarmente presenti sul territorio e
provenienti da circa 200 nazionalità diverse». Al tempo stesso, è cambiata
profondamente anche l’emigrazione italiana, con una crescita inattesa e con
nuove caratteristiche negli ultimi venti anni: «Su un totale di 6,1 milioni di
italiani residenti all’estero al 1° gennaio 2024, il 54,2% vive oggi in Europa;
tra le partenze più recenti, quelle dirette verso Paesi europei rappresentano
addirittura il 70%».
Per mons. Perego
questi dati servono, ad esempio, a evidenziare il rischio concreto che «diverse
disposizioni pensate originariamente per l’italodiscendenza e una mobilità
intercontinentale» si rivelino «inadeguate rispetto alla realtà della mobilità
europea». Va, inoltre, evitata una lettura riduttiva che riconduca la crescita
della presenza italiana all’estero unicamente ai processi di acquisizione della
cittadinanza: «Almeno il 30% di chi oggi risiede in Europa è iscritto all’Aire
(Anagrafe italiani residenti all’estero) per nascita». Anche per questo da
tempo la Fondazione Migrantes, attraverso il Rapporto italiani nel mondo,
sollecita l’esigenza di disporre di dati più precisi sulla presenza dei nostri
connazionali all’estero, che sarà ora possibile grazie all’Istat. Allo stesso
tempo, mons. Perego ha chiesto «l’istituzione di un tavolo di lavoro
finalizzato alla riformulazione delle modalità di iscrizione all’Aire, tenendo
conto di una mobilità radicalmente cambiata».
Gli ormai 6,5 milioni di nostri connazionali residenti all’estero (dato al 1° gennaio 2025) sembrano essere l’unica Italia che cresce. Ma paradossalmente, di fronte a questo fenomeno, abbiamo nel tempo «assistito a una progressiva riduzione della presenza istituzionale in grado di rispondere alle loro esigenze, accompagnata da un indebolimento della loro rappresentanza politica». A questo proposito, mons. Perego, ha segnalato che la prevista costituzione di un ufficio centralizzato ex novo «comporti il rischio di una scelta da un lato certamente onerosa e, dall’altro, probabilmente poco efficace. È difficile, infatti, immaginare che un nuovo ufficio possa acquisire in tempi rapidi l’esperienza consolidata delle sedi consolari, maturata in anni di lavoro sul campo. La prossimità, intesa non solo come vicinanza fisica ma anche come capacità di semplificazione, rappresenta un elemento cruciale».