sabato 26 luglio 2025

Lezioni di politica

 

Ricordo del presidente dell’Uruguay Pepe Mujica: dal carcere ai movimenti popolari, dall’idea di politica alla lotta al capitalismo.
Se ancora esistessero delle serie scuole di partito o dei percorsi di formazione politica, lo studio del Presidente dell’Uruguay, Josè Alberto Mujica Cordano, meglio noto semplicemente come Pepe Mujica che ci ha lasciati lo scorso 13 maggio, dovrebbe costituire materia curriculare obbligatoria.
Radicale, profondo, profetico, testimone autentico, determinato, anzi ostinato, Pepe Mujica ha incarnato la politica come dev’essere: coerente e attenta ai bisogni della gente, concreta e sognatrice, affascinante e capace di generare pensiero, pronta a chinarsi sul selciato e sui sentieri entro i propri confini senza tradire la mondialità di cui è parte e di cui deve farsi carico. La politica è questo.
A partire da una critica al sistema capitalistico che non prende di mira tanto il consumo compulsivo delle cose quanto quello del tempo: “Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché, quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli.
E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per vivere...
Lo spreco è, invece, funzionale all’accumulazione capitalista che implica che si compri di continuo magari indebitandosi sino alla morte”.
Così parlava l’ex Presidente dell’Uruguay che aveva trascorso 14 anni di carcere disumano a causa delle sue idee politiche e per la sua adesione alla pratica della guerriglia urbana con i Tupamaros. La prima volta era riuscito a evadere e per questo, quando fu catturato di nuovo, lo rinchiusero in un carcere militare predisponendo per lui una zona in un sotterraneo ricavato nel braccio di un pozzo. Quando nel 1985 viene liberato perché amnistiato dopo la fine della dittatura, dirà: “Sono stato 14 anni in galera. La prima notte in cui ho dormito su un materasso ho capito che, se non sei felice con poco, non sarai felice neanche con tanto”. Parole semplici, come sempre quando apriva bocca, e per questo inquietanti, assolute, totali, vere.
A me era stata data la grazia di incontrarlo nel novembre 2016 nel corso del Terzo Incontro mondiale dei Movimenti popolari organizzati dalla Santa Sede e che quell’anno si tenne a Roma. “Non c’è cosa più meravigliosa del miracolo di essere vivi – disse nel corso del suo intervento –. La vita non è fatta solo per lavorare ma ha bisogno di tempo libero per l’esercizio della libertà”. A proposito dei movimenti sociali disse: “Spesso sono criticati, non compresi.
Però è una libera scelta intraprendere un cammino di lotta al servizio e in solidarietà con gli altri esseri umani. Fa parte del libero arbitrio orientare le forze della nostra esistenza verso qualcosa che ci motiva”. E ancora: “Tutti i passi del progresso umano sono stati una conseguenza di movimenti organizzati di gente che ha lottato per raggiungerli.
Le lotte dei movimenti popolari non sono per se stessi, ma per le generazioni che verranno”. Mujica si sorprendeva dell’attenzione che la sua persona suscitava: “Perché diventa un personaggio interessante uno come me, – diceva – che non è altro che un vecchio militante, che ha commesso molti errori e patito molte sconfitte, al di là di quello che è sempre stato l’obiettivo principale: conquistare una vita migliore per i suoi compatrioti? Perché suscita tanta attenzione il fatto che qualcuno difenda la politica come una passione superiore e pretenda che i governanti diano ai loro popoli un esempio di vita sobria e vicina a quella della maggioranza?”.
Si stupiva sinceramente: “Perché sorprende che un Presidente allerti il mondo contro la folle corsa al consumo sfrenato e contro lo spreco, la crisi di governo globale, le gravi minacce all’ambiente, la debolezza delle politiche nell’affrontare la fame e la miseria che ancora patiscono milioni di esseri umani? In realtà, credo che tutto questo susciti attenzione non tanto per il merito di chi propone questi temi, quanto per l’assenza di altre idee, di altre proposte e di altri esempi.
Già da molti anni, ormai, noi che cerchiamo ispirazione per la nostra azione sociale e politica, che vorremmo nutrirci dell’esperienza di coloro che sono già passati per i nostri drammi, non troviamo in Europa quel che sempre vi avevamo trovato in passato. Talvolta rattrista sentir parlare persone destinate ad altissime responsabilità, che rappresentano Paesi con una profonda tradizione culturale, e verificare una totale mancanza di idee, di lungimiranza, di capacità di comprendere pienamente il mondo in cui vivono, a volte dotate persino di una dubbia caratura morale”.
Questo si dovrebbe insegnare nelle scuole di politica insieme all’analisi attenta della vita di un politico puro che dopo l’avvento della democrazia tornò a fare il fioraio e, quando fu eletto, prima senatore, poi Ministro dell’Allevamento e nel 2015 Presidente della Repubblica, trattenne per sé solo il corrispettivo dello stipendio medio di un lavoratore nel suo Paese destinando il resto (90%) a progetti di edilizia popolare.
Quando decise di lasciare la politica delle istituzioni per ragioni di salute, dichiarò: “Il mio piano per il futuro è continuare a fare il possibile per aiutare la mia gente, lavorando insieme ai giovani come semplice militante, perché credo che il miglior dirigente politico sia quello che forma persone di gran lunga migliori di lui. Poiché la causa dello sviluppo umano non si esaurisce mai, ci sono sempre problemi da affrontare e tentare di risolvere con l’impegno collettivo e l’organizzazione. Il compito di ciascuno di noi è migliorare il mondo in cui siamo nati. Il compito di un dirigente politico è quello di lasciare cuori e braccia che lo sostituiscano quando se ne va”.
Che Pepe trovi orecchie attente ad ascoltarlo.

 

Tonio Dell’olio, “Mosaico di pace”, 1/6/25