sabato 2 agosto 2025

da ROCCA del 01/07/2025
Salmo 76 - Tremendo, l'amato
di Lidia Maggi e Angelo Reginato

Dio è ben conosciuto in Giuda;
il suo nome è grande in Israele.
Il suo tabernacolo è in Salem, e la sua dimora in Sion.
Qua egli ha spezzato le frecce dell'arco,
lo scudo, la spada e le armi da guerra.
Tu, tu sei tremendo;
E chi può resistere davanti a te quando esplode la tua ira?


Angelo: Qual è il posto di Dio nel mondo? L'interrogativo sul proprio posto nel mondo, che accompagna ogni essere umano, riguarda anche Dio. Dove abita Dio? Tra quanti invocano il suo nome? E' nel Tempio, oppure nei cieli? Il salmista sa che deve mollare la presa, che il rischio di nominare il nome di Dio invano è costante nella vita di un credente.
Come sa che bisogna parlare di quanto non possiamo dire: la fede è esperienza paradossale.

Lidia: Misurarsi con Dio è dell'ordine dello stupore e della riconoscenza. E' fare voti e portare doni all'Amato, la cui presenza è necessaria come l'aria. Ma, insieme, è anche all'insegna del trauma, è esperienza del tremendo. Il posto di Dio nel mondo è tra le acque tranquille, dove il buon pastore conduce e, allo stesso tempo, nella notte oscura, dove viene come un ladro a rubarci le nostre presunte certezze.

Angelo: Il salmista insiste soprattutto sul Dio tremendo che non trattiene la sua ira, minaccia e giudica. Noi abbiamo alle spalle secoli di "pastorale della paura", in cui la minaccia del giudizio è stata la protagonista del teatro della cristianità. Questo modo di intendere il volto di Dio ora lo percepiamo come un "disvangelo", una cattiva notizia da cui prendere le distanze. 


Lidia: Distanza da prendere anche nei confronti di un Dio che non spezza "le frecce dell'arco, lo scudo, e le armi da guerra". La storia è in mano ai bulli; e chi soccombe, probabilmente, teme anche la misericordia di quel Dio che latita nella giustizia e assolve i potenti. Oggi l'indifferenza divina verso questo mondo ingiusto è sconsolante tanto quanto quella umana verso Dio e l'oppresso. Che torni - almeno un po' - il Dio tremendo per strapparci al nostro torpore ed accendere in noi il fuoco della giustizia, una giustizia più alta della nostra che brucia e consuma.

Angelo: Fuoriusciti da una fede che fa leva sulla paura, penso che una sfida per la nostra generazione di credenti sia sperimentare Dio come caso serio della vita, alterità non a nostra disposizione. Fare i conti con Lui significa invocare il suo giudizio sulla storia umana senza ricercare zone franche ed esporsi al terremoto esistenziale, all'esperienza del tremendo.

Lidia: Senza per questo ricadere nella religione dei sensi di colpa, nel Dio implacabile a cui sacrificare il nostro desiderio di vita. C'è una paura che esprime non tanto il sentirsi minacciati quanto piuttosto la preziosità della persona che temiamo di perdere. In fondo, ogni esperienza di innamoramento fa sentire questa paura. Ma affinché questo sentire non sia foriero di dinamiche perverse, l'amore per l'altro non può essere giustificazione di qualunque suo agire. 
Nella narrazione biblica è come se, da una parte, l'amore per Dio debba essere strappato dalla retorica romantica di un'armonia che toglie la differenza; e, dall'altra, quello stesso amore debba provare a dirsi non con voce sola, in un dialogo che lasci spazio anche ai nostri desideri, oltre che a quelli di Dio.

Angelo: Non è forse questa, la scommessa dei Salmi? Dire Dio, dirsi a Dio con parole plurali, persino divergenti. Una lezione preziosa per questo nostro tempo tentato dalla semplificazione.