da ROCCA del 01/07/2025
Salmo 76 - Tremendo, l'amato
di Lidia Maggi e Angelo Reginato
Dio è ben conosciuto in Giuda;
il suo nome è grande in Israele.
Il suo tabernacolo è in Salem, e la sua dimora in Sion.
Qua egli ha spezzato le frecce dell'arco,
lo scudo, la spada e le armi da guerra.
Tu, tu sei tremendo;
E chi può resistere davanti a te quando esplode la tua ira?
Angelo:
Qual è il posto di Dio nel mondo? L'interrogativo sul proprio posto nel
mondo, che accompagna ogni essere umano, riguarda anche Dio. Dove abita
Dio? Tra quanti invocano il suo nome? E' nel Tempio, oppure nei cieli?
Il salmista sa che deve mollare la presa, che il rischio di nominare il
nome di Dio invano è costante nella vita di un credente.
Come sa che bisogna parlare di quanto non possiamo dire: la fede è esperienza paradossale.
Lidia:
Misurarsi con Dio è dell'ordine dello stupore e della riconoscenza. E'
fare voti e portare doni all'Amato, la cui presenza è necessaria come
l'aria. Ma, insieme, è anche all'insegna del trauma, è esperienza del
tremendo. Il posto di Dio nel mondo è tra le acque tranquille, dove il
buon pastore conduce e, allo stesso tempo, nella notte oscura, dove
viene come un ladro a rubarci le nostre presunte certezze.
Angelo:
Il salmista insiste soprattutto sul Dio tremendo che non trattiene la
sua ira, minaccia e giudica. Noi abbiamo alle spalle secoli di
"pastorale della paura", in cui la minaccia del giudizio è stata la
protagonista del teatro della cristianità. Questo modo di intendere il
volto di Dio ora lo percepiamo come un "disvangelo", una cattiva notizia
da cui prendere le distanze.
sabato 2 agosto 2025
Lidia:
Distanza da prendere anche nei confronti di un Dio che non spezza "le
frecce dell'arco, lo scudo, e le armi da guerra". La storia è in mano ai
bulli; e chi soccombe, probabilmente, teme anche la misericordia di
quel Dio che latita nella giustizia e assolve i potenti. Oggi
l'indifferenza divina verso questo mondo ingiusto è sconsolante tanto
quanto quella umana verso Dio e l'oppresso. Che torni - almeno un po' -
il Dio tremendo per strapparci al nostro torpore ed accendere in noi il
fuoco della giustizia, una giustizia più alta della nostra che brucia e
consuma.
Angelo: Fuoriusciti da una fede
che fa leva sulla paura, penso che una sfida per la nostra
generazione di credenti sia sperimentare Dio come caso serio della vita,
alterità non a nostra disposizione. Fare i conti con Lui significa
invocare il suo giudizio sulla storia umana senza ricercare zone franche
ed esporsi al terremoto esistenziale, all'esperienza del tremendo.
Lidia:
Senza per questo ricadere nella religione dei sensi di colpa, nel Dio
implacabile a cui sacrificare il nostro desiderio di vita. C'è una paura
che esprime non tanto il sentirsi minacciati quanto piuttosto la
preziosità della persona che temiamo di perdere. In fondo, ogni
esperienza di innamoramento fa sentire questa paura. Ma affinché questo
sentire non sia foriero di dinamiche perverse, l'amore per l'altro non
può essere giustificazione di qualunque suo agire.
Nella
narrazione biblica è come se, da una parte, l'amore per Dio debba essere
strappato dalla retorica romantica di un'armonia che toglie la
differenza; e, dall'altra, quello stesso amore debba provare a dirsi non
con voce sola, in un dialogo che lasci spazio anche ai nostri desideri,
oltre che a quelli di Dio.
Angelo: Non è
forse questa, la scommessa dei Salmi? Dire Dio, dirsi a Dio con parole
plurali, persino divergenti. Una lezione preziosa per questo
nostro tempo tentato dalla semplificazione.