sabato 16 agosto 2025

Il vuoto e la meditazione

silenzioso.

 

«Bisogna rimanere qualche tempo senza ricompensa, naturale o sovrannaturale» afferma Simone Weil in L'ombra e la grazia. Questa è la conditio sine qua non perché qualcosa possa accadere. Ciò non significa uccidere il desiderio, ma piuttosto desiderare senza aspirazione, senza aspettativa. Vivere un'attesa vuota di oggetto, compiere l'atto del desiderare senza l'oggetto del desiderio, nella consapevolezza che, nel momento in cui vivremo questo vuoto, potrà finalmente raggiungerci qualcosa che avrà il sapore dell'impossibile.

   «È necessario farsi una rappresentazione del mondo in cui ci sia del vuoto, perché il mondo abbia bisogno di Dio», specifica Simone Weil. E aggiunge:

Amare la verità significa sopportare il vuoto; e quindi accettare la morte. La verità sta dalla parte della morte. L'uomo sfugge alle leggi di questo mondo solo per la durata di un attimo. Istanti di sosta, di contemplazione, d'intuizione pura, di vuoto mentale, di accettazione del vuoto morale. Sono questi istanti a renderci capaci di sovrannaturale. Chi sopporta per un momento il vuoto, o riceve il pane sovrannaturale, o cade. Terribile rischio, ma è necessario correrlo; e persino, per un momento, senza speranza. Ma non bisogna precipitarvisi. (...) Nel mio diventare nulla, Dio ama se stesso in questo nulla. Ama il vuoto. L'attaccamento alle cose mi fa vedere le cose, me stesso, in un certo modo. Un modo distorto. Illusione.

   Giungere al vuoto, e quindi lasciarsi abitare dalla divinità, significa attraversare la notte e le notti che san Giovanni della Croce, uno dei più grandi mistici della tradizione cristiana, ha descritto nella Salita al Monte Carmelo, esperienza spirituale divenuta opera fondamentale del pensiero cristiano, in cui il mistico indica le tappe che vanno raggiunte per «avere il tutto»:

Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente. Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente. Per giungere a essere tutto, non voler essere niente. Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente. Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi. Per giungere a ciò che non sei.

Quando ti fermi su qualche cosa, tralasci di slanciarti verso il tutto. E quando tu giunga ad avere il tutto, devi possederlo senza voler niente, poiché se tu vuoi possedere qualche cosa del tutto, non hai il tuo solo tesoro in Dio.

In questa nudità lo spirito trova il suo riposo poiché non desiderando niente, niente lo appesantisce nella sua ascesa verso l'alto e niente lo spinge verso il basso, perché si trova nel centro della sua umiltà.

Quando invece desidera qualche cosa, proprio in essa si affatica.

   Nel suo celebre romanzo Siddharta Hermann Hesse descrive così il forte desiderio di vuoto del protagonista: «Una meta si proponeva Siddharta: diventare vuoto, vuoto di sete, vuoto di desideri, vuoto di sogni, vuoto di gioia e dolore. Morire a se stesso, non essere più lui, trovare la pace del cuore svuotato, nella spersonalizzazione del pensiero rimanere aperto al miracolo, questa era la sua meta».

 

Don Paolo Squizzato, “Se non lo cerchi lo trovi”, Ed Paoline

Introduzione alla meditazione silenziosa