domenica 14 settembre 2025

COME UN LIFTING DEL CUORE

 

Una persona che amo si è fatta un tatuaggio. È una persona adulta, non aveva mai usato il suo corpo come un taccuino. È un tempo strano, questo, incerto e difficile. Io la capisco. Certe parole sono amuleti, bussole. Abbiamo perso la bussola, tutti. Certe volte si sente il bisogno di segnarsene una sulla pelle, non avendone altrove.

Una da guardare ogni momento. Anche da adulti, persino da vecchi.

Una per crederci, almeno a quella. La persona che amo si è tatuata sul braccio una frase di Julio Cortázar. L'inizio di un libro, quelli del ramo dicono incipit: penserete che chic, che snob. Ma no. Una frase vale un'altra. A volte te la suggeriscono lì per lì. A volte l'hai sentita dire e ti è piaciuta. A volte l'hai letta da bambina. Può succedere.

   La mia generazione, da bambini, non aveva molto altro che leggere o buttarsi a correre in discesa con la bici. Può succedere, che abbia letto. Che stranezza. Che ricordi come una meraviglia le parole (e i gesti, certo) che l'hanno accesa di eccitazione e sudore e spavento la prima volta, in cameretta. Anzi, è sicuro. La persona che amo si è tatuata una frase che dice "troverà la Maga?". È il primo passo di un labirinto, un racconto esemplare e irripetuto. La seconda frase è: "Camminavamo senza cercarci ma sapendo che camminavamo per trovarci". La capisco. Un poco persino la invidio, perché non ho ancora trovato lo slancio e il momento e la sinecura rispetto al giudizio per tatuarmi qualcosa ma non è detto che non succeda domani, fra un anno, a settanta, non so. Potrebbe essere. "Mi sono resa conto che per vederti era necessario chiudere gli occhi", dice quel libro. Lo declino al femminile esteso, millenaria compensazione. Se non sapete del femminile esteso, lessico di questi tempi: usare il lei per il tutto, per intendere anche il lui. Va bene, no? È un codice, basta conoscerlo, capirsi. I vicini.

  Siamo tutti così vicini anche quando siamo lontani. Dove vanno le persone che si sono amate quando non si amano più? Non dico dove vanno tecnicamente, materialmente. Certo. Nella vita pratica, nei giorni: ciascuna da qualche altra parte, altrove. Ma: il loro spazio comune, il loro tempo, dove finisce? Dove si archivia, quello che è stato e che ciascuno dei due, o forse solo uno dei due intende cancellare come se perso la è chi sente non fosse mai esistito. Avete presente le amputazioni? Ecco, così. Un'operazione chirurgica, sul tavolo dell'anatomopatologo. Questo bene, questo amore è morto. Dottore. Può cortesemente amputare questi due anni, dieci, dodici come se non ci fossero mai stati? Un colpo di bisturi, qualche punto di sutura. Come un lifting del cuore, dell'anima. Può toglierli, cortesemente? Quanto costa? Costa. Dissimulazione, finzione, postura. Costa emorragia interna, che torna nei sogni: Maga, ci sei?

  Dove sei, tu che mi sai, tu che conosci i luoghi in cui sono stato felice, i luoghi in cui mi sono perso. Esiste un pensiero razionale, che pretendiamo dominante, poi esiste l'altro. L'arte nasce solo dalle ferite, la bellezza dal dolore. Maga. Raccontami il mio dolore che era anche desiderio, che era bellezza incognita, terra fertile. Maga, resta con me non lasciarmi nel deserto del dover essere, dell'essere opportuna. Io la capisco, quella persona che amo.

 

Concita De Gregorio, “La Repubblica”, 5 luglio 2025