mercoledì 17 settembre 2025

Il Dio dello scandalo

Leggendo superficialmente i primi sedici versetti del Vangelo di Matteo, la cosiddetta «genealogia di Gesù», veniamo colti quasi da un senso di vertigine di fronte a quella cascata di nomi quasi del tutto sconosciuti. Storie intere che sono passate senza lasciare traccia se non un nome. Quasi a dire che tutta la loro essenza sta nel loro  non essere.

Ognuna di queste vicende umane, per quanto umbratile, insignificante, come vedremo, anche «storta», ha infatti contribuito al compimento della storia della salvezza, ha fatto sì che il sogno di Dio potesse compiersi.

Una storia umana, per quello che essa è, se.si apre all’azione del Dio  della vita, si trasforma sempre in storia sacra.

 

A leggere con attenzione questo sciorinare di nomi, ci s'imbatte in quattro donne che non sono certamente un esempio di moralità e candore.

Quattro donne forti, scaltre, coraggiose sino a rischiare la morte; quattro donne che non s'accontentarono di vivere una vita nell’ombra, da attrici non-protagoniste, solo perché straniere, peccatrici o insignificanti...

Queste quattro donne sono Tamar, Racab, Rut e Betsabea.

Tamar (Mt 1,3; Gn 38,1ss., 1Cr 2,4) è una donna straniera, nuora di Giuda, quarto figlio di Giacobbe. Giuda dà in moglie al suo primogenito Er questa donna straniera (ricordiamo il divieto assoluto, qui disatteso, di sposare una donna che non appartenesse al popolo d’Israele), ma Er muore senza discendenza. Per la legge del levirato, Tamar viene data in sposa al fratello Onan, ma anche questo muore senza lasciare discendenza. Tamar dovrebbe andare dunque in sposa al terzo fratello Sela, ma Giuda fa in modo di evitarlo, per paura che anche questo figlio muoia tra le braccia della nuora. Allora con un inganno Tamar si finge prostituta e Giuda, che non la riconosce, si unisce a lei diventando padre di Perez e Zerach, appunto i nomi che troviamo nella genealogia di Gesù.

Racab (Mt 1,5; Gs 2,1ss.) è una prostituta. Vive a Gerico, territorio pagano, terra da conquistare nella fase di espansione del popolo d’Israele uscito dall’Egitto. Dà ospitalità e protezione a due spie inviate a Gerico in perlustrazione da Giosuè, Gerico verrà distrutta e soggiogata, Racab e la sua famiglia invece saranno risparmiate proprio in virtù del suo gesto di benevolenza nei riguardi delle spie. Matteo ricorda che Racab si unì a Salmon, una delle due spie, e diede alla luce Booz, altro anello di congiunzione perché potesse nascere Gesù, il Messia.

Rut (Mt 1,5; cfr l’intero libro di Rut) è una moabita, quindi un'altra donna pagana e interdetta ad entrare nella storia di Israele. Rimasta vedova, in modo scaltro e intelligente si unisce nuovamente a un uomo israelita di nome Booz, a cui si è già accennato sopra. Dalla loro unione nasce Obed, antenato di Gesù.

 

Betsabea (Mt 1,6; 2 Sam 11,1ss.), ricordata nella genealogia come «la moglie di Uria», generale dell’esercito del re Davide, sta al gioco perverso del re. Questi, dopo essersi unito a lei ed averla messa incinta, ne fa uccidere con l’inganno il marito Uria, suo fedele amico. Dalla loro unione nasce Salomone, il terzo re d’Israele, precursore di Gesù, il Salvatore.

Queste donne sono entrate come outsiders nel popolo «puro» d’Israele fungendo da lievito, che altro non è che farina impazzita, ma col potere di far fermentare tutta la pasta. Grazie a questi quattro anelli di congiunzione tra il divino e l’umano, tra il cielo di Dio e la terra degli uomini, Dio ha potuto incarnarsi e recuperare la storia dal di dentro. Questo vuol dire che non c'è nessuna storia sbagliata nella quale Dio non possa rendersi presente. Non esiste nessuna vita di «scarto» che non possa diventare essenziale per portare avanti la storia di Dio e permettere il suo farsi presente nel mondo.

Con la genealogia di Gesù, Matteo ci vuole ricordare che questw storie nell’ombra, queste storie di donne storte, sono in realtà divine: Dio sceglie dal mondo ciò che il mondo considera spazzatura per fare la sua storia della salvezza. Perché Dio guarda con occhi puri, occhi del cuore.

Matteo ci grida fin dal «principio», confermandolo poi in tutti i capitoli successivi, che la vita di una persona non è mai così «piccola», per quanto assurda possa essere.

Tutti gli uomini e le donne, pur se apparentemente insignificanti, deboli, schiacciati, peccatori, infangati, sono parte di una genealogia e quindi di una sinfonia divina, anelli fondarmentali perché Dio possa incarnarsi anche oggi, qui, nella nostra storia.