sabato 4 ottobre 2025

 Gaza: il punto in cui siamo


02-10-2025 -Tomaso Montanari


Volerelaluna


«Il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto» (Antonio Tajani, ministro degli esteri della Repubblica italiana, primo ottobre 2025). Qual è, questo «certo punto»?

È un punto sulla carta geografica: quello in cui la Marina militare israeliana assalta le navi disarmate e civili della Global Sumud Flotilla, che portano aiuti a una popolazione sottoposta a genocidio e sterminata con l’arma della fame. È un punto: un punto delle acque internazionali in cui i banditi si fanno polizia, e tolgono beni e libertà a naviganti incolpevoli.

Ed è il punto di una inversione: quello in cui chi viola la legge e usa la violenza è presentato come il garante dell’ordine, e chi rispetta scrupolosamente la legge e usa la nonviolenza è presentato come un eversore dell’ordine. Il punto in cui i criminali sequestrano gli onesti. E poi chiedono loro di firmare confessioni in cui affermano di aver compiuto un crimine contro il legittimo blocco navale israeliano. Confessioni estorte sotto minaccia e in detenzione illegale: lo ha fatto per secoli l’Inquisizione contro gli ebrei. Oggi lo fa Israele alle donne e agli uomini della Flotilla.

È il punto in cui, in televisione, gli opinionisti dicono che quelle sono «acque israeliane»: mentendo per la gola.

È il punto in cui Sergio Mattarella invita la Flotilla a lasciare gli aiuti a Cipro, cioè a non entrare nelle acque, internazionali o palestinesi, in cui Israele avrebbe potuto «porre a rischio l’incolumità di ogni persona». Che sarebbe come dire a cittadini di una città siciliana di non manifestare in un quartiere controllato da Cosa Nostra: perché quelli sparano. È il punto in cui Giorgia Meloni, come sempre con la bava alla bocca, si scaglia contro le vittime e si schiera con gli assassini. Il punto in cui la propaganda israeliana accusa la Flotilla di dipendere da Hamas, e i giornali di propaganda della destra fascista italiana rilanciano questa immondizia.

È il punto in cui inizia a vigere la legge della forza, il diritto di terminare lo sporco lavoro. Il diritto di Israele di finire in pace un genocidio. È il punto nel quale sono i bianchi a uccidere i non bianchi: e dunque tutto va bene. È il punto in cui i palestinesi non sono degni nemmeno di sedere al tavolo delle trattative: perché subumani, terroristi, colpevoli.

È il punto in cui si progetta un protettorato coloniale retto da criminali di guerra, e si chiama «piano di pace». È il punto in cui, se non si accetta questo piano, Israele può portare a termine il lavoro: finché non ne rimanga nessuno, di palestinesi.

È il punto in cui un popolo insorge in pace, e chi lo governa prova a proibire lo sciopero generale, spera negli incidenti di piazza, spinge la polizia agli scontri.

È il punto in cui siamo. Il punto in cui la maschera della civiltà e del diritto cadono, e si mostra il volto mostruoso dell’Occidente. Il punto in cui sono sempre più vere le parole scritte da Omar el Akkad sul genocidio di Gaza: «Considerando anche lo spargimento di sangue che scatenerà in futuro, quello che è successo sarà ricordato come il momento in cui milioni di persone hanno guardato all’Occidente, all’ordine basato sulle regole, al guscio del liberalismo e a come è asservito al capitalismo, e hanno detto. Non voglio averci più niente a che fare». Ecco qual è il punto in cui «il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto».