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Con il passare del tempo si può fare la scoperta che la regola è un cammino di libertà, che esiste una libertà più grande di quella che consiste nel fare ciò che si vuole. Contrariamente a ciò che si pensa, le richieste a volte dure della regola non sono una perdita o un ostacolo ma un aiuto per maturare e approfondire la propria umanità. |
Un tratto peculiare dei monaci è che essi amano la notte e vivono la notte prima del giorno.
Gli altri uomini e donne vivono di giorno e poi prolungano la vita nella notte.
I monaci invece fanno il contrario: alla sera presto (verso le 20) entrano in cella e vanno a riposare, ma al mattino (tra le 2.30 e le 4.30, a seconda dei monasteri) si svegliano anticipando la luce del giorno e vegliano nella lettura delle Scritture, nella meditazione, nella preghiera. Non ci si alza presto per fare penitenza, ma per vivere la notte, quel tempo benedetto in cui si è soli, in cui c'é assoluto silenzio, in cui, soprattutto, si può ascoltare Dio che parla al cuore umano. Di giorno il monaco incontra i fratelli, gli ospiti; di giorno lavora e prega con gli altri fratelli: ma tutto questo avviene dopo alcune ore passate a vegliare nella notte, in attesa del giorno.
Alex Corlazzoli ha sostato per lungo tempo in un monastero e nel libro “Diario da un monastero. Parole di un ateo in cammino” offre ai lettori la sua esperienza. Non è un diario dei giorni, una cronaca dei fatti, un quaderno di memorie, e tanto meno un insegnamento sul monachesimo. È la semplice e onesta narrazione di ciò che ha vissuto a contatto giorno e notte con dei monaci. Grazie a un acuto spirito di osservazione e una grande capacità di interpretazione l'autore ci consegna la vita monastica letta da occhi che hanno saputo vedere, osservare, cogliere e orecchi che hanno saputo ascoltare, discernere, comprendere.
Grande è il tatto, la delicatezza, direi il pudore con il quale racconta i momenti più importanti che scandiscono la vita monastica, ma anche quelli più intimi della vita personale e di quella comune: annota, osserva, soppesa senza mai giudicare.
Non idealizza, ma ne riporta anche i limiti, le debolezze, le contraddizioni. Di pagina in pagina si coglie nettamente il desiderio di capire, di conoscere, di imparare.
Mi sembra di poter dire che il valore della sua testimonianza è questo: uno sguardo altro su una vita altra.
Ciò che caratterizza la testimonianza di Alex Corlazzoli di un tempo prolungato vissuto insieme a dei monaci è senz’altro la sua non comune caparcità di raccogliere, comprendere e interpretare gli elementi essenziali che costituiscono l‘altrimenti della vita monastica e portarli a convergere in un'istanza centrale, che li riassume e li ri-significa: i monaci vogliono essere una memoria della communitas, un antidoto alle forze centrifughe, disgreganti, individualistiche. Tutto è per loro comune, e la stessa personalità del singolo non deve diventare singolorità contro o senza gli altri.
I monaci si esercitano a vivere in comune, a possedere in comune, a intraprendere tutto in comune, a legiferare insieme: in una parola, a "camminare insieme”.
Questa è, letteralmente, la sinodalità: un percorso insieme, pur restando diversi. Sì, i monaci sono esperti di sinodalità e vorrebbero trasmettere quest'arte, che ha un prezzo ma potrebbe dare frutti copiosi, nella chiesa e nella società.
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* Seconda parte della riflessione pubblicata da "Il Fatto Quotidiano” del 29 ottobre 2024.
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* Monaco della comunità “Casa della madia".