Da Ha Keillah (La Comunità)
Organo del Gruppo di Studi Ebraici di Torino
Un Ebraismo che cerca il dialogo
Il 29 giugno scorso si è tenuto a Firenze, nella sala della Comunità, ospiti del Presidente Enrico Fink, il primo incontro di Dialogo Ebraico dal titolo “L’ebraismo italiano oltre Israele e la memoria della Shoah”. Quale senso e quale direzione per gli individui e le comunità ebraiche oggi rispetto alla tradizione e alla modernità”. Sono intervenuti oltre 120 ebrei ed ebree da tutta Italia in presenza e online, tra cui Gad Lerner, Anna Foa, Helena Janeczek, Stefano Levi Della Torre, Rav Joseph Levi, Wlodek Goldkorn, Rav Gadi Piperno, Gadi Luzzatto Voghera, Emanuele Fiano, Enrico Fink, Daniela Ovadia, Donatella Di Cesare, Davide Jona Falco e moltissimi altri. Dialogo Ebraico è una realtà nuova nel panorama dell’ebraismo italiano, proveremo quindi a raccontare ai lettori di HaKeillah quando e come è nata, che cosa è e soprattutto che cosa vuole diventare.
La prima idea ancora embrionale nacque nel novembre 2024 da un incontro tra Gadi Schoenheit e Marco Vigevani. Idea abbandonata, in quanto si parlava di fondare un gruppo culturale ebraico per uscire dalla soffocante atmosfera di unanimismo destrorso pro Netanyahu delle nostre istituzioni ufficiali e dalla povertà culturale delle stesse. Molto presto, coinvolgendo Ariel Dello Strologo, Filippo Levi, Riccardo Correggia e qualche altro/a amico/amica che ha continuato a seguirci, ci siamo convinti che un ennesimo gruppo che si aggiungesse a LəA, Sinistra per Israele, Mai Indifferenti sarebbe stato superfluo o addirittura divisivo, quando invece era ed è necessario unire tutte le forze per contrastare la deriva autoreferenziale delle nostre comunità. La spinta iniziale era comunque quella di rompere il silenzio, anzi il mutismo delle componenti ebraiche laiche (non nel senso di non religiose, ma di non dogmatiche) e progressiste che si sentivano schiacciate tra le tragedie del 7 ottobre e del crescente antisemitismo della sinistra Propal da un lato e la necessità di reagire in qualche modo alla deriva estremista e criminogena a Gaza e nei Territori del governo Netanyahu. Queste due spinte convergenti che ci stringevano come in una morsa, rendevano altresì urgente la domanda: chi eravamo noi ebrei italiani, come potevamo e dovevamo collocarci rispetto al mondo ebraico e al mondo non ebraico?
Sentivamo fortemente, al di là degli appelli che avevamo o non avevamo firmato, la mancanza di un luogo dove interrogarci su questa crisi epocale di Israele e conseguentemente anche della Diaspora, anche del nostro essere ebrei in Italia o, meglio, ebrei italiani. La preoccupazione, diciamo pure lo strazio per quanto avveniva in Eretz Israel non andava disgiunto dalla domanda: se non siamo quelli (i Netanyahu, Ben Gvir, Smotrich e compagnia) chi siamo allora, chi vogliamo essere, a quale tradizione, a quale cultura ebraica diversa da quella vogliamo richiamarci?
Fin da subito ci è stato chiaro che la nostra non sarebbe stata e non voleva in alcun modo essere una iniziativa “politica” nel senso stretto della parola, ovvero un’altra lista che concorresse alle elezioni comunitarie ma piuttosto, non abbiamo definizione più calzante, un convegno periodico di discussione, approfondimento, riflessione sui temi e i problemi che attraversano la crisi dell’ebraismo, diasporico e non solo e italiano in particolare. Quindi il rapporto con Israele, la posizione rispetto alla tradizione culturale e religiosa dell’ebraismo italiano, la configurazione a nostro parere oramai superata delle varie istituzioni comunitarie, la relazione o meglio le relazioni col mondo non ebraico.
Ma la nostra intenzione nel primo incontro era proprio questa: dare fiato e voce a chi fino ad allora non aveva parlato oppure si era sentito isolato, voce nel deserto. Il gran numero di adesioni e l’altrettanto grande numero di interventi sui più diversi temi hanno dimostrato che avevamo colto un bisogno diffuso di espressione e di condivisione. L’articolo di Bruna Laudi, in questo stesso numero del giornale, riporta un’ottima sintesi della pluralità dei contributi forniti dai partecipanti alle varie sessioni tematiche in cui è stata organizzata la giornata (la registrazione dell’evento si può richiedere scrivendo a
Come vogliamo proseguire ora, in che direzione vogliamo andare? Innanzitutto, nel senso di un ulteriore allargamento della partecipazione, invitando sempre più ebree italiane ed ebrei italiani a essere con noi il prossimo 23 Novembre, sempre a Firenze, per il secondo incontro dal titolo “Travolti da un insolito destino: il futuro nelle identità ebraiche?” L’incontro sarà strutturato con alcuni interventi di indirizzo sul tema, a cui seguirà il dibattito dalla sala e, per chi non potrà essere presente, dai collegamenti online. Mentre l’incontro del 29 giugno aveva il formato di una sorta di brain storming per incontrarsi e conoscersi, questo secondo del 23 novembre sarà più focalizzato su temi identitari oggi in Italia.
Infine, l’ambizione e lo sforzo di Dialogo ebraico e di tutti quelli che vi hanno partecipato e vi parteciperanno è quello di riformare, arricchendolo culturalmente e in maniera pluralistica, l’ebraismo italiano. Non sarà un cammino breve: non crediamo nelle iniziative estemporanee figlie dei social e che nei social si estinguono, ma nella partecipazione impegnata e continuativa delle persone per i valori in cui credono. Per fare ciò – e sarà il centro del terzo incontro, che pianificheremo per il 2026, – avremo bisogno, come è naturale, anche delle suggestioni e dei contributi di ebrei di altre nazioni come francesi, americani, tedeschi, israeliani; è in questa direzione che vogliamo andare, aprendo le nostre menti a quello che di migliore sta producendo l’ebraismo mondiale.
I promotori di Dialogo Ebraico