mercoledì 26 novembre 2025

da Il Dono dello smarrimento 

di don Franco Barbero - 1999

Smarrita, anzi perduta (Luca 15,8-10)


Questa parabola dell’evangelo di Luca ci rimanda ad una emozione assai frequente nella nostra vita. Capisco perfettamente questa donna che ha perso una moneta preziosa e mette la casa sottosopra per trovarla. A me basta perdere le chiavi, non ricordare dove le ho lasciate o deposte per mettermi in agitazione e in azione. Siccome mi capita abbastanza spesso, l’emozione si rinnova e si “rinforza”. 

Questa donna, che con tanta intraprendenza cerca, spazza la casa e illumina ogni angolo buio, é l'immagine della sollecitudine amorosa di Dio. E siamo noi la moneta che é andata persa. Ritrovata la moneta, la donna si abbandona ad una gioia pazza: chiama le amiche e le vicine di casa e improvvisa una bella festa. La parabola si chiude dicendo che la festa contagia anche il cielo. Una moneta che scatena una festa sulla terra e ci riporta l'eco di una festa in cielo.

Intanto può dare speranza al nostro cuore il fatto che, attorno alla moneta smarrita, non c'è stasi, noncuranza, indifferenza, rassegnazione. Tutt’altro. La parabola ci presenta uno scenario di movimento, di grande animazione, di appassionata ricerca. La intera narrazione è percorsa da un fremito di vita, da una gran voglia di stringere tra le mani questa moneta. La donna, che è il vero soggetto attivo di questo racconto, riesce a coinvolgere tutto il vicinato. Si potrebbe dire che tutta questa pagina evangelica scoppia di movimento. Gesù, con tutto il suo stile di vita, aveva testimoniato ed annunciato che Dio non si rassegna alle monete perdute e si mette alla ricerca. Egli stesso, nella sua esistenza quotidiana, aveva esemplificato l'amore di Dio verso chi era perduto. La vita di Gesù faceva pensare a Dio, al Suo amore per l’umanità. La gente che incontrava Gesù, che poteva entrare in dialogo con lui, che lo vedeva agire aveva la sensazione di trovarsi a contatto con un uomo che, mentre parlava di Dio, in qualche misura lo rendeva visibile. Dio aveva dato a Gesù un dono particolarissimo: lo aveva reso capace di entrare nel cuore e nella vita delle persone più perdute. Sulle strade della Galilea fino a Gerusalemme, di chi Gesù si era preso cura se non delle pecore perdute senza pastore?

La comunità di Luca che “ricorda” questo antico racconto uscito dal cuore del profeta di Nazareth, vive in un contesto in cui sono molte le monete perdute. Anzi, la comunità, a circa cinquant'anni dalla morte di Gesù, sa che le monete perdute e le pecore smarrite si contano in abbondanza anche tra i fratelli e le sorelle della comunità stessa.

Ma, si domanda l’evangelista, come posso esprimere la realtà del “regno di Dio” di cui tanto parlava Gesù? Il regno di Dio si fa evento quando una moneta perduta si ritrova nelle mani gioiose di chi l’ha perduta, quando chi si è perso ha la possibilità di ritrovarsi!

Attenzione a non deviare la parabola, pensando subito alle monete perdute da cercare o alle pecore smarrite da ricondurre sul retto sentiero. Questo è un punto delicato nella lettura della parabola. Solitamente le persone religiose (come noi due, lo scrivente e il lettore!) si buttano con zelo quasi impetuoso alla ricerca delle monete perdute. E’ il vero peccato delle persone perbene: sbagliano totalmente l'identificazione nel senso che individuano le monete perdute e le pecore smarrite fuori di sé. Sono io una delle monete perdute, la moneta perduta! Se non parto da questa “base” la parabola non dirà nulla al mio cuore e mi resterà totalmente esterna e sostanzialmente estranea.

Non si tratta di recitare la parte della persona umiliata e disperata: è sufficiente che noi siamo fedeli al nostro essere per riconoscerci ed identificarci con la moneta perduta. Questo non è certamente l'unico lineamento del nostro volto, ma resta un tratto spesso rintracciabile  nel nostro vissuto. Anche noi, come miliardi di altre persone, abbiamo i giorni del nostro smarrimento.

“Nella parabola il ‘regno di Dio’ si avvicina talmente all'uomo che questi prende coscienza della sua condizione di perduto e allo stesso tempo viene liberato dal peso di dover superare con le sue proprie forze il suo smarrimento. Egli deve piuttosto lasciarsi cercare ed immedesimarsi con la gioia di Dio nel ritrovarlo. Colui che attraverso la parabola prende coscienza della sua condizione di perduto, proprio in questo modo prende coscienza della sua appartenenza a Dio" (Hans Weder). In molti giorni della nostra vita forse non possiamo e non sappiamo fare di più e meglio che lasciarci cercare e lasciarci trovare. E’ già molto se, perduti o smarriti, non chiudiamo la porta a chi ci viene incontro e non fuggiamo la mano di Dio che, in mille modi, viene a sollevare da terra la moneta che era caduta.

Si noti che la Bibbia non ci lancia mai un messaggio di passività, di delega assoluta e totale a Dio per dispensarci dalle nostre responsabilità. Ma ci sono dei giorni e delle situazioni nell'esistenza umana in cui si giace come una moneta. Se una pecora smarrita può, in qualche modo, ritrovare un sentiero verso la vita, non è così per la moneta. 

Essa non potrebbe cercare la mano che la trovi, non può sollevarsi dall'angolo buio in cui è finita. La moneta perduta sta a significare la impossibilità radicale di ritrovarsi, di risollevarsi con le proprie forze. Anche in questi casi… la moneta non è perduta per sempre. Gesù ha insegnato con la sua vita e con le sue parole che non esiste condizione perduta da cui Dio non possa e non sappia scovarci e ritrovarci.

Forse, o Dio di tutte le donne e di tutti gli uomini, potrò nel corso della mia vita mettermi alla ricerca di qualche moneta perduta, se anch’io, nella mia perdutezza, saprò lasciarmi cercare e trovare da Te, pastore appassionato di tutte le pecore smarrite.