da Rocca del 03/11/2025
Pubblicato il secondo report sugli abusi nel clero
di Stefania Baglivo
«L’Associazione Rete L’Abuso>> ha pubblicato un dossier relativo agli abusi sessuali nel clero e anche nel suo indotto e i dati sono a dir poco allarmanti. I dati nazionali riportati nel report contano, tra sacerdoti e indotto laico, 1250 casi di cui 1106 risultano sacerdoti. Le vittime note risultano 4625 di cui 4395 per mano di sacerdoti, 9 per mano di suore, 91 per mano di catechisti, 76 dell’indotto laico, 54 di scout. Il sommerso della chiesa, ovvero i casi noti e mai denunciati all’Autorità giudiziaria italiana – spesso a causa dei termini prescrittivi maturati dalla vittima nell’attesa di un esito dai tribunali canonici – è di 839 casi su 1106 (dato sempre riferito ai soli sacerdoti)» (da Rete L’Abuso, online 2.11.2025).
E questa è solo una circoscritta e tracciabile parte della molto più ampia realtà degli abusi che all’interno della chiesa italiana continuano a praticarsi, non solo nella sfera della sessualità (sia verso minori che verso adulti, molto spesso donne sia consacrate che laiche), ma anche nell’ambito spirituale, psicologico, professionale: nei seminari, negli istituti di vita consacrata, nelle parrocchie, negli uffici curiali, nei movimenti. Forme di vera e propria violenza, talvolta palese ma più spesso mascherata da pratica spirituale.
Da parte delle gerarchie istituzionali si riscontra ancora troppo frequentemente un approccio sminuente, che da un lato tende a confinare il problema come questione di pochi soggetti fragili/patologici, dall’altro sposta e ricolloca i medesimi soggetti nel maldestro e falso tentativo di coprire e risolvere. Mentre il problema degli abusi, ormai lo sappiamo, è questione strutturale della nostra chiesa e delle sue pratiche tradizionali. Dunque proprio sulle strutture, oltre che sulle persone, è necessario intervenire senza esitazioni.
Tra le radici più profonde che causano e alimentano gli abusi è stato individuato l’ancora troppo diffuso clericalismo unito in modo deleterio all’idealizzazione/sacralizzazione con cui ad oggi ancora si guarda alla figura dei presbiteri. Da un lato esiste un potere pratico che essi di fatto detengono e che viene loro attribuito dal vigente Diritto Canonico. Dall’altro esiste, però, anche un potere simbolico-spirituale che continuano ad esercitare sia attraverso la liturgia sia nelle relazioni personali, alimentato da una retorica del “sacerdote” (ma sacerdoti siamo tutti, dunque del presbitero) come “essere speciale”, quasi sacro, mediatore tra l’uomo e Dio (praticamente la concezione tratta dalle antiche religioni politeiste, non dal cristianesimo né tanto meno dal Vangelo). Dimenticando paradossalmente che il presbiterato sia un semplice ministero, come altri ministeri, di servizio e utilità alla chiesa. Nulla di più.
Tre strade, allora, sarebbe opportuno, anzi urgente che tutta la nostra chiesa intraprenda: la prima è fare luce e piena giustizia per le vittime che hanno già denunciato; la seconda è l’intervento sulle strutture che favoriscono e alimentano gli abusi, istituendo anche commissioni indipendenti di indagine; la terza è destrutturare la retorica, modificare lo sguardo e il linguaggio soprattutto circa la figura del presbitero, distribuendo e decentrando l’autorità sia pratica che simbolico-spirituale in modo circolare tra tutte e tutti.
E ciò sarebbe solo l’inizio…