da Stirpe di Giona
di don Franco Barbero
<<Ogni prefazione è una conclusione>>
(Ernesto Buonaiuti)
e <<ogni conclusione è un inizio>>
Il mio nome è Giona
Ognuno di noi ha le sue parentele spirituali e si identifica in modo del tutto particolare con qualche <<figura biblica>> che trova risonanze profonde nel proprio cuore. Io sono imparentato con Giona.
Quanto più passano gli anni tanto più mi ritrovo nei panni e nei lineamenti di questo bizzarro credente.
Il <<libro>> di Giona mi interpella da molti anni e mi sento fatto della stessa <<pasta>> di Giona. Anch'io, come Giona, faccio sovente l'esperienza di chi <<fugge lontano dal Signore>>.
La vita quotidiana si incarica di farci riconoscere le nostre fughe, le nostre scorciatoie, le nostre <<resistenze>> all'azione incalzante di Dio. Anch'io, spesso, conosco dov'è Ninive, ma fuggo verso Tarsis, cioè vado nella direzione opposta.
Eppure Dio non cessa di cercare Giona, lo incalza, lo <<costringe>>, lo porta, lo <<getta>> verso le Ninive. La novella illustra la <<paziente e logorante fatica di Dio nei confronti di Giona>> (H.W. Wolff, Studi sul libro di Giona, Paideia, pag. 51). Dio con Giona deve ricorrere a tutti i mezzi, tentare tutte le strade: <<Mentre bastano le poche parole portate ai pagani per indurli ad accettare con chiarezza e decisione il Dio di Israele, tutte le parole divine e umane, date sotto forma di ordine, accompagnate dalla tempesta, dal grande pesce, pianta di ricino, verme, vento da oriente, e da altre numerose parole non riescono a far sì che Dio ottenga il suo scopo con Giona>> (Idem, pag. 99). Insomma, Dio assedia Giona con il suo amore, con il suo invito.
<<In realtà il profeta gli dà molto più da fare che tutti i pagani messi insieme!… Eppure Dio non lo lascia perdere>> (Idem, pag. 154).
Finalmente questo credente ostinato, cocciuto e renitente poté conoscere anche il giorno in cui <<obbedì al Signore e andò verso di Ninive>> (2,3).
Il libro si chiude con un interrogativo pungente lanciato da Dio al cuore di Giona: <<Ti sembra giusto essere sdegnato così?>> (4,4); <<Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino? (4,9); <<Tu ti dai pena per quella pianta di ricino…e io non dovrei preoccuparmi di Ninive, quella grande città, nella quale vivono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?>> (4,10-11).
Questo triplice e penetrante interrogativo sta ad indicare l'assedio amoroso con cui Dio mette alle strette il profeta e gli taglia ogni via di fuga. Giona si sarà arreso a questo abbraccio senza scampo? Al progetto di Giona: <<ritirarsi, dormire e morire>>, Dio continua ad opporsi con una proposta alla quale si affatica per conquistare il cuore di Giona. Proprio qui sta il grande segno di speranza: Dio non molla, non cessa di incalzarci, continua ad aprirci orizzonti nuovi, ad inquietarci, a punzecchiarci. Mentre noi ci illudiamo di trovare pace e felicità nelle nostre fughe o nei nostri <<sonni profondi>> (1,5), Dio si preoccupa di Ninive, la grande città (4,11) e ci coinvolge, ci spinge a partecipare con gioia alla vita che rinasce e rifiorisce nella città della moltitudine che noi spesso riteniamo luogo di perdizione. Dio ci spinge a uscire dalle prigioni del nostro gretto egoismo o dalle torri più o meno babeliche, più o meno narcisistiche, in cui ci siamo rinchiusi.