da Il Fatto Quotidiano del 24/10/2025
Inchiesta sulle violenze nel carcere minorile indagati i preti Rigoldi e Burgio: “Sapevano”
Due indagati eccellenti, due don che hanno legato la propria storia al carcere minorile Beccaria. Sono don Gino Rigoldi e don Claudio Burgio, rispettivamente ex ed attuale cappellano dell’ipm di Milano. Entrambi dal marzo scorso risultano iscritti nel registro degli indagati per l’ipotesi di omessa denuncia nella maxi indagine su torture, violenze e maltrattamenti ai danni di detenuti minorenni, ma non hanno ricevuto, al momento, informazioni di garanzia. La loro posizione è stata stralciata rispetto a quelle dei 42 indagati per i quali il 30 ottobre inizierà il maxi incidente probatorio. I loro nomi sono riportati in una informativa della squadra Mobile. Ai religiosi non viene contestato un concorso omissivo nelle violenze come invece avvenuto per alcuni ex vertici del penitenziario, tra cui le direttrici Cosima Buccoliero e Maria Vittoria Menenti. I due sacerdoti, invece, non avrebbero denunciato pur sapendo quanto accadeva. Don Rigoldi dunque sapeva secondo l’accusa. Tanto che intercettato il 24 aprile 2024 spiega: “La Menenti ha visto uno mezzo massacrato con le manette, gli ha fatto togliere le manette poi l’ha mandato in infermeria, non è successo niente quindi eh. Quindi una roba così grave non è stata neanche denunciata, niente, è stata una roba che forse c'è stata una spedizione punitiva per l’agente, ma forse neanche quello”. Rigoldi, scrivono gli investigatori della Squadra mobile negli atti, dopo gli arresti dell’aprile di un anno fa che avevano fatto emergere lo scandalo del Beccaria, si trovava “in una evidente situazione di imbarazzo per la tempesta giudiziaria”. E diceva, in sostanza, al telefono anche che “per lui era impossibile che nessuno degli educatori si fosse accorto della situazione” e che voleva organizzare “una riunione per capire cosa non avesse funzionato a livello collettivo”. Sempre al telefono diceva: “Io la vivo come il fatto di non aver capito il male (...) vorrei che tutti noi riflettessimo come mai non abbiamo visto niente”. A don Rigoldi e a don Burgio non sono stati “estesi”, come evidenziato in Procura, i maxi accertamenti testimoniali dell’incidente probatorio e, dunque, la loro posizione, da quanto riferito, è più sfumata. È possibile pure che più avanti arrivi una richiesta di archiviazione. Per i 42 coinvolti nell’incidente probatorio, in vista del processo, le accuse sono, a vario titolo, tortura, maltrattamenti aggravati, lesioni e falso. Un solo indagato risponde di violenza sessuale.