I giorni dell’impotenza.
Dio è ben presente, abbraccia il creato e non molla.
Da parecchi anni, dopo un decennio connotato dalla speranza di profonde trasformazioni nella società e nella chiesa, torna a prevalere un angosciante grigiore. I volti e i pesi della crisi stanno nei fatti. Si ha la sensazione di vivere in una situazione bloccata e ciò determina in molti una vera e propria paralisi della speranza e dell’impegno.
È vero: la crisi è solo una ‘fetta’ della realtà, né si può negare che essa possegga anche indubbi risvolti positivi. Certe crisi sono decisamente salutari: destabilizzano le ideologie consolidate, sgelano i blocchi egemonizzati dalle grandi potenze, pongono interrogativi ineludibili alle chiese e ai singoli credenti. Sotto la brace c'é travaglio e molti sono impegnati, non solo in America Latina, in un lavoro quotidiano di liberazione.
Ciò non toglie che il panorama complessivo di questi anni ‘80 si dimostri avaro di prospettive a breve e medio termine.
Quello che, soprattutto, ci martella dentro è l’assenza di un progetto di società e l'incapacità di individuare una via percorribile per raggiungerla. Siamo orfani di un progetto politico, anchie se non mancano le ‘cose’ da fare. Si tratta piuttosto di spezzoni, di tessere sparse che non soddisfano il nostro 'bisogno’ di vedere e toccare con mano la mappa della società diversa da costruire. Il rischio è, in tale situazione, di perderci anziché lavorare umilmente a ricucire i frammenti, a tessere pazientemenie la tela. Inoltre l’attuale sistema di potere, con tutte le sue falle e le sue pecche, con le sue persuasioni occulte e le sue atlrocità palesi, non solo riesce a sopravvivere, ma estende il proprio consenso. Le nostre azioni di lotta e di protesta sembrano punture di spillo su un’armatura d'acciaio. Si raccolgono un milione di firme contro l'installazione dei missili a Comiso in Sicilia, ma il governo, con un sordo ghigno, decide la prosecuzione dei lavori per la costruzione delle base.
Nelle chiesa, dopo la stagione conciliare, le voci dal basso stentano a farsi sentire e il potere pontificale torna a giganteggiare con il rischio di un crescente allineamento.
Del resto la cultura dell'individualismo e l’espansione dell’americanismo, come società comandata dai mezzi di comunicazione di massa e imperniata sui consumi, rendono sempre più difficile un lavoro di coscientizzazione e di crescita alternativa. Il ritorno strisciante della miseria nel cuore della società del benessere, la disoccupazione, la solitudine, le vie disperate del terrorismo e della droga, presentano un quadro di alta drammaticità.
E noi ci sentiamo come formiche di fronte ai giganti. L'impotenza sembra la nota dominante del nostro vivere quodidiano. Gli sforzi più generosi non sortiscono effetto e, dopo questa amara constatazione, molti decidono di ‘starsene in pace’ desistendo da una impresa folle ed inconcludente: se tutti i varchi sono impenetrabili, perché giocare all'impossibile?
Anche la nostra fede nel Dio di Gesù Cristo non possiede la chiave magica per risolvere i problemi ed entra nel sotterraneo della storia, conosce fino in fondo i giorni dell'impotenza. Essa può forse nutrire una malsana nostalgia per i tempi in cui in nome della fede il potere ecclesiastico si cibò di onnipotenza, ma là dove la chiesa si presenta sotto il manto imperiale, essa volta le spalle a quel Dio che, in Gesù di Nazareth, ha preso la strada del non potere, della povertà, dell'impotenza, della sconfitta. A noi piacerebbe una fede che «sfonda», che risolve i problemi, che «produce» la vittoria degli oppressi perché essi sono i prediletti del Signore. Non riusciamo a capire che invece il Padre non ha fatto alcun miracolo per sottrarre Gesù, il suo inviato, alle sofferenze di una morte riservata ad un infame. Ci tocca fare i conti con una fede efficace eppure paradossalmente povera. Sul sentiero di Gesù, quando si abbandonano i fumi del trionfalismo, le pietre non diventano pane (Matteo 4, 3). Accettare questo sentiero duro significa entrare in sintonia proforda con Gesù e la sua pratica di vita, perché, - paradossalmente - proprio nella sconfitta della croce, Dio prepara l'alba della risurrezione. Non dunque una fede rassegnata e disimpegnata, ma una sequela attiva di Gesù che fa i conti con «il chicco di frumento che deve finire sottoterra e morire se vuole portare frutto» (Giov. 12, 24).
Scrivo queste pagine per quei cristiani che, cercando di immergersi nella gestazione di un mondo nuovo, vivono quotidianamente fuori da ogni boriosa garanzia teologica e si trovano privi di bussole infallibili. Sforniti di ogni onnipotenza, consapevoli della propria finitudine, circondati dai limiti, saranno capaci di stare nel mare aperto anche senza salire su un transatlantico, «affidare le loro vite ad un minuscolo legno e attraversare i flutti con una zattera» (Sap. 14, 5)?
No, questa fede povera non sarà affatto spenta. Essa é scarna e granitica roccia su cui fondare la vita, su cui costruire la casa, una casa capace di reggere alle bufere (Matteo 7, 25). Anche «in certe situazioni, nelle quali non è possibile esperimentare nei fatti l’assistenza del Dio che aiuta e salva, situazioni nelle quali l'uomo non ha più alcun barlume di speranza, in situazioni senza via d'uscita, Dio rimare comunque vicino, e la salvezza sta nel fatto che l'uomo in questa notte oscura della fede tiene stretta la mano invisibile di Dio» (Ed. Schillebeeckx). Nella esperienza del Padre che Gesù ci rivela e ci regala noi troveremo, nella fragilità del nostro vivere quotidiano, una speranza che non si lascia ricavare dalle sole risultanze umane palpabili e ci rende possibile appartenere in questo tempo al numero di coloro che resistono e lottano, credono e sperano. E cantano ancora, anche nel cuore della notte!
Grazie a Te o Dio, che anche in queste situazioni ci dai la forza di amare la vita e lottare con i più deboli.
Franco Barbero
Piccolo vocabolario
Sequela di Gesù = vivere cercando di seguire Gesù.
Utopia = in senso positivo è ciò che ancora non ha luogo, ma potrà essere storicamente realizzato.
Escatologico = aperto al futuro che nascerà sulla promessa di Dio.
Parenetico = esortativo.