Accettare le sfide con fiducia in Dio
don Franco Barbero, scritto a mano nel 1978
Uno dei connotati costitutivi è più liberanti di una fede adulta consiste nella sua capacità di far fronte alle sfide che il cammino umano presenta.
Discepoli della via
Come «discepoli della via» (Atti 9:2) dovremmo essere gente che ama la strada,
che la abita come la sua seconda casa, che si abitua a fare i conti con essa.
Se abbiamo cominciato ad abbandonare la cittadella fortificata, a lasciare le
collaudate autostrade dell'ortodossia e a diffidare delle voci infallibili, si
è reso necessario mettersi in cammino per cercare la strada del Signore in
mezzo alle vie degli uomini. Far parte di questa fragile carovana degli
appiedati significa che ogni giorno occorre cercare il sentiero, e ogni giorno
è possibile smarrire la strada e perdere la bussola e l'orientamento. La strada
è per noi un modo di concepire la vita e la fede, una maniera di esistere
intesa come cammino incessante verso sempre nuove terre: il popolo di Dio in marcia.
Quante cose capitano quando si «fa strada», quando ci si mette in via! Ci si perde e ci si ritrova; ci si stanca e ci si sente confortati dall'incontro dei fratelli di cui si avverte la necessità. La strada è piena di incidenti, di scontri, di rischi ed imprevisti, ma è anche ricca di sorprese, di incontri e di panorami affascinanti. Essa non si snoda sotto le navate di un tempio, ma sotto l'arco del cielo.
Stare sempre sulla strada ed esposti ai suoi colpi e ai suoi regali, come chi è ancora disposto a mettersi in viaggio per nuovi cammini, non è solo una scelta. Tutto ciò diventa possibile in risposta ad una precisa chiamata del Signore, di Colui che è la Via (Gv. 14:6) e che ha rincorato il cammino desolato dei due discepoli di Emmaus (Lc 24). Ma direi ancora qualcosa di più. Proprio oggi, mentre nella chiesa e nel mondo ci troviamo di fronte a montagne di problemi e a muraglie invalicabili, mentre molte speranze sono crollate e parecchie certezze sono vacillanti, bisogna resistere alla tentazione di tapparsi in casa, cioè di ritornare ad una vita in cui ognuno si accontenta di gestire alla meglio il proprio spazio quotidiano. Così è per la fede: rinserrarsi nei problemi del tempio e nell'area del sacro significa disertare la consegna biblica di costruire strade anche nel deserto.
Anzi oggi non possiamo più accontentarci di essere gli onesti fruitori di strade già aperte, ma ci toccherà spesso assumere noi stessi la fatica e la responsabilità di costruire dei sentieri nuovi che non portino nella foresta dell'illusione, del nonsenso o della violenza.
Strada significa sfida
Prendere la strada dei comuni e fallibili mortali significa raccogliere le
sfide che compaiono lungo il cammino. Una chiesa che cammini davvero in
compagnia degli uomini (e non prenda le distanze e non si apparti nella stanza
dei bottoni) non potrà ignorare le sfide che dal vissuto umano emergono.
Nascondere la testa sotto l'ala, fingere di non vedere o demonizzare i grandi
interrogativi che la storia e la cultura presentano significa non prendere sul
serio la vicenda umana e non credere che quello è lo spazio dal quale Dio
chiama a conversione. Troppo spesso i cristiani si sono chiusi a riccio, hanno
intrapreso delle crociate o si sono radunati come schiera eletta nelle mura
della cittadella religiosa quando invece si trattava di guardare in faccia i
problemi nuovi: è stato così di fronte alla scienza, all'illuminismo, al
marxismo, alla psicanalisi, ai movimenti delle donne e delle minoranze
sessuali, ai nuovi approcci teologici.
A me sembra che si tratti di un atteggiamento difensivo ed insicuro, dettato in
larga misura dalla mancanza di fede e dalla paura di perdere certe comode e
collaudate sistemazioni teologiche.
La fede non ha nulla da perdere con il confronto aperto e rigoroso con i problemi e le sfide che attraversano in profondità la vicenda storica degli uomini e delle donne. Una fede che giochi al vittimismo e che preferisca intisichire nel perimetro del sacro e non ami l'aria aperta del mondo gode di scarsa salute, finirà in una crescente estraneità alla realtà. Il vigore della fede cristiana sta proprio in questa sua capacità di misurarsi seriamente con tutto ciò che fa corpo con l'esperienza umana senza indulgere alle mode, senza né adorare né demonizzare le realtà con cui deve fare i conti, ma tentando di far esplodere la profezia nel cuore delle cose.
Quei cristiani che sentono essenziale alla loro
fede misurarsi con le sfide più radicali che provengono sia dall'impegno
politico sia dalla cultura della psicanalisi meriterebbero di vedere apprezzato
il loro impegno di frontiera senza essere squalificati come sospetti o amanti
delle mode. Una comunità cristiana veramente consapevole del servizio che
compiono e dei rischi che corrono cercherebbe di incoraggiarli e di accompagnarli
anziché lasciarli ai margini.
Sfide e purificazione della fede
Si pensi un momento che cosa ha significato aver demonizzato il socialismo e
aver benedetto certe altre forze sociali e politiche, anziché aver sollecitato
i credenti a collocarsi con discernimento profetico nel cuore della realtà
senza schemi prestabiliti. Si sono scavati abissi tra il popolo con il pretesto
della fede e si sono cresciute generazione di cristiani che non sapevano
navigare se non con imbarcazione e bandiera cristiana.
Le sfide storiche, non subite acriticamente ma accolte e vagliate, costituiscono invece un pungolo assolutamente necessario per chi non voglia perdere contatto con la realtà umana nella sua attualità e nella sua urgenza. Le nostre chiese cristiane, sempre esposte al pericolo di sclerosi e di arroganza, ne hanno bisogno per ritrovare l'umiltà e per essere sollecitate al dinamismo della ricerca. Un po' di inquietudine serve a smascherare eventuali inautenticità e pigrizie e combatte l'arroganza e la sazietà dei ricchi possidenti che troppo spazio trova nelle nostre chiese occidentali. Due sfide, oltre quella che ci viene dalle masse emarginate ed oppresse, non possono essere evitate e rinviate: la sfida delle donne e la sfida della psicanalisi. Oggi chi non fa i conti con queste voci si preclude la possibilità di testimoniare il messaggio di vita, di speranza e di salvezza di Gesù e, siccome non si educa al discernimento, finisce o nel rifiuto totale o nell'accettazione passiva di ogni nuova istanza. Non si tratta di vivere in difesa a colpi di artiglieria concettuale, ma di fare i conti con le sfide.
Franco Barbero - 1973