mercoledì 3 dicembre 2025

da Confronti di dicembre 2025

Vaticano. I tre nodi che Leone dovrà sciogliere: giustizia sociale, diacone, omoaffettività

di Luigi Sandri


Eventi geopolitici, alcuni asperrimi e altri aperti a una fragile speranza, e anche religiosi, sia con prospettive di consolante fioritura, e sia segnati da strozzature storiche e teologiche, hanno caratterizzato le ultime settimane: essi, tanto per la Chiesa cattolica romana, che per l’Anglicanesimo, provocano dolorose divisioni tra i fedeli. Questo il panorama recente che ha interpellato, molto da vicino, Leone XIV. 

«IO STO CON I MOVIMENTI POPOLARI E IL LORO MESSAGGIO»
A fine ottobre rappresentanti dei Movimenti popolari [Mp] sono giunti a Roma dai vari Continenti per celebrare il loro quinto incontro, da quando, undici anni fa, Francesco aveva avviato quell’iniziativa papale, questa volta mescolata con il Giubileo. Ricevendoli giovedì 23, Robert Francis Prevost ha rivolto loro un discorso che, a detta di molti, segna un punto alto, forse irreversibile, nel suo magistero. Eccone qualche passaggio.
«Più di dieci anni fa, qui in Vaticano, Francesco vi ha detto che eravate venuti per piantare una bandiera. Cosa c’era scritto? “Tierra, techo, trabajo” (terra, casa, lavoro)... Oggi dico: la terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi. Voglio che mi sentiate dire: “Ci sto. Sono con voi!”». 

«La Chiesa deve essere con voi: una Chiesa po- vera per i poveri, una Chiesa che corre dei rischi, una Chiesa coraggiosa, profetica e gioiosa!... Quando si formano cooperative e gruppi di lavoro per sfamare gli affamati, dare riparo ai senzatetto, soccorrere i naufraghi, costruire case, non si sta facendo ideologia, ma stiamo davvero vivendo il Vangelo». 

«Si va diffondendo un’indifferenza strutturale che non prende sul serio il dramma di popoli spogliati, derubati, saccheggiati. A questa che ho definito “globalizzazione dell’impotenza”, dobbiamo iniziare a opporre una “cultura della riconciliazione”... I Mp colmano questo vuoto con il miracolo della solidarietà». 

«Finché i problemi dei poveri non saranno risolti in modo radicale, rifiutando l’autonomia assoluta della speculazione finanziaria e affrontando le cause strutturali della disuguaglianza, non si troverà alcuna soluzione ai problemi del mondo. La disuguaglianza è la radice dei mali sociali». 

«Gli Stati hanno il diritto e il dovere di proteggere i propri confini, ma ciò dovrebbe essere bilanciato dall’obbligo morale di fornire rifugio. Con l’abuso dei migranti vulnerabili, non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo Stato. Si stanno adottando misure sempre più disumane per trattare questi “indesiderabili” come se fossero spazzatura... Mi incoraggia vedere come i Mp, le organizzazioni della società civile e la Chiesa stiano affrontando queste nuove forme di disumanizzazione». 

IL PAPA DRIBBLA SULLE DIACONE 

L’indomani, all’udienza delle équipes sinodali dei vari Continenti – caratterizzata da domande al papa, e dalle sue risposte, a braccio – alcuni di quei temi sono stati ripresi, senza provocare scosse. Ma poi è intervenuta Klara Antonia Csiszár, docente di teologia pastorale all’Università cattolica di Linz: «Quali speranze possono legittimamente nutrire le donne in una Chiesa sinodale? Lei ritiene che in essa sia in atto un cambiamento culturale, affinché in futuro l’uguaglianza tra donne e uomini nella Chiesa possa diventare una realtà vissuta?». Leone, «rinviando la risposta sulle questioni più difficili che fanno parte di un Gruppo di studio» [istituito nel 2024, e che dovrebbe relazionare entro fine anno], ha così dribblato la questione delle diacone; ha solo ammesso che esistono molti «ritardi culturali», anche nella società, per arrivare alla parità donne-uomini. 


IL SINODO ITALIANO, PROPOSTE PER IL FUTURO 

Sabato 25 ottobre vi è stata a Roma la terza, e ultima, sessione del Sinodo italiano. La precedente, in aprile, era terminata con un rinvio del testo finale, sottoposto a severe critiche dai quasi mille uomini e donne sinodali. Esso, profondamente rivisto, è stato approvato con 781 sì, e 18 no, dunque quasi all’unanimità, mentre il regolamento prevede i due terzi. L’elaborato sembra una scommessa per il futuro, lancia cioè una serie di input che dovrebbero poi essere riempiti dei cambiamenti di prospettiva annunciati; se così non fosse, esso avrebbe un crudele destino: bellissime parole, ma, al dunque, svuotate. 

È comunque da sottolineare il metodo con cui il testo è stato redatto: sinodale, cioè con una scelta che per la Chiesa italiana appare irreversibile. Insomma: le urgenze importanti d’ora in poi andranno affrontate coinvolgendo l’intero “popolo di Dio”. Ciò comporterà tensioni, passi avanti e passi indietro, audacie e frenate; il clericalismo è duro a morire. Tre argomenti, in particolare, mostrano, a nostro parere, il cammino fatto, e quello da compiere: omoaffettività, donne, violenze sessuali del clero. Su di essi riportiamo i relativi paragrafi. 

Omoaffettività. Il Sinodo – che non usa la sigla Lgbtq+ – al n. 30 c auspica che «le Chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana» (“sì” 672, “no” 154). E, al 30 d, propone che «la Cei sostenga con la preghiera e la riflessione le Giornate promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato [Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobiaetransfobia]» (sì 637, no 185). Tali parole, se paragonate al feroce ostracismo che le persone Lgbtq+ hanno subìto nella Chiesa romana per secoli (cf. Confronti, 10/25), sono straordinariamente innovative; ma esse sono appaiate con la (sottintesa!) permanente condanna che il Catechismo della Chiesa cattolica, al n. 2357, fa della sessualità esercitata dalle persone Lgbtq+. Un silenzio che, prima o poi, diverrà grido inarrestabile. 

Donne. Il n. 71 b, chiede che «la Cei, promovendo una rete di diverse realtà nazionali, sostenga la creazione di un Tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la corresponsabilità ecclesiale»; e, il 71 c,  «che la Cei sostenga e promuova progetti di ricerca di Facoltà teologiche e associazioni teologiche per offrire un contributo all’approfondimento delle questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede» (“sì” 625, “no” 188). Di fatto, tale richiesta esonera il Sinodo dall’offrire il suo parere sulla questione delle diacone ordinate: esso, infatti, si è ritenuto inadatto a esprimersi, come invece sarebbe compito di un Sinodo degno di questo nome. 

Abusi sessuali. «Molestie, abusi di potere, di coscienza e sessuali in ambito ecclesiale rap- presentano una grave offesa alle persone, fatte a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26)... La Chiesa, senza nascondere criticità, resistenze e dinamiche sedimentate che talvolta hanno contrastato la corretta attenzione e salvaguardia verso i minori e le persone vulnerabili, persegue la costruzione di una cultura di contrasto all’abuso a partire dalla formazione di tutti gli operatori ecclesiali... Pertanto, l’Assemblea sinodale avanza le seguenti proposte: che le Chiese locali... accolgano e si prendano cura di quanti hanno subìto violenze e realizzino iniziative con e per loro, promuovendo misure di giustizia riparativa (“sì” 796, “no” 34) [...]; che le Chiese locali collaborino con istituzioni e società civile per il sostegno delle vittime e dei familiari e per assicurare il corretto svolgimento di ogni fase dell’accertamento della verità dei fatti» (“sì” 793, “no” 31). 

È dunque timido il mea culpa per gli anni, non lontanissimi, nei quali le autorità ecclesiastiche di norma occultavano i casi di pedofilia del clero; e, ancora, non si ipotizza la creazione di una Commissione nazionale indipendente per affrontare la complessa materia. Forse perché la gran maggioranza della Cei è contraria a tale ipotesi? Per inciso – ma siamo in tema – segnaliamo che Leone XIV l’8 novembre ha concesso una lunga udienza a quindici persone del Belgio, abusate, quando erano minori, da preti. Adesso, come affronterà, il papa, tale questione, gravissima e incombente a livello di Chiesa universale? 

ANGLICANI AFRICANI: UNO SCISMA CONTRO LE
VESCOVE
Sarah Mullally è la prima donna eletta il 3 ottobre come arcivescova di Canterbury. Una rottura solenne della radicata tradizione maschilista, che rischia però di spaccare la Comunione anglicana. Infatti i suoi primati di Nigeria, Uganda, Kenya e Tanzania hanno ritenuto che quella scelta del tutto incomponibile con la tradizione ecclesiale, sia, in sostanza, anti-biblica. Perciò quello nigeriano, Henry Ndukuba, ha rotto ogni legame canonico con Canterbury.
Se, sull’input degli africani, Leone rallenterà perfino l’accettazione delle diacone, come mai il 17 ottobre egli ha scelto come nuovo arcivescovo di Vienna Josef Grünwidl che, appena eletto, si è detto favorevole alle diacone (e al celibato opzionale dei presbìteri)? Comunque, il nodo donne-ministeri “alti” si trascinerà fino a che non sarà convocato un Concilio di nuovo conio, con “padri” e “madri”, che osi cambiare prassi e dottrina precedenti, con i loro sbarramenti inventati dai “maschi” ma non certo da Gesù. 

Stante la nomina della arcivescova di Canterbury, ha avuto un sapore kafkiano l’incontro ufficiale di Carlo III e della regina Camilla con Leone, il 24 ottobre. Essi, infatti, hanno pregato insieme nella Cappella Sistina (evento mai visto in Vaticano). Solo diplomazie di lungo corso possono reggere contraddizioni così stridenti: nessuna nube sembrava turbare la loro armonia, e sì che tre settimane prima era stata eletta per Canterbury la Mullally. Una scelta che sta scardinando la Comunione anglicana in Africa e ponendo ardui problemi all’ecumenismo turbato dai due antitetici anglicanismi. Come si porrà Roma, di fronte a due forme di Cristianesimo incomponibili? O forse esse prefigurano un futuro scisma intra-cattolico motivato dal “no” o dal “sì” a donne nei ministeri ordinati? 

Oltre questo scenario “religioso”, giganteschi problemi geopolitici mondiali (Israele-Hamas, con ricorrenti minacce di violazioni della tregua; il perdurante conflitto russo-ucraino vieppiù incancrenitosi; l’insanabile guerra civile in Myanmar, il dramma del Sudan...) gravano sul Pianeta, quasi adombrando un nuovo conflitto mondiale. In tale contesto, il 28 e 29 ottobre, 60esimo anniversario della dichiarazione conciliare Nostra aetate, Leone ha ribadito la volontà di dialogo con le altre religioni, e confermato che «la Chiesa non tollera l’antisemitismo e lo combatte, a motivo del Vangelo stesso». Negli stessi giorni, al Meeting internazionale per la pace organizzato presso il Colosseo dalla Comunità di Sant’Egidio, presenti leader religiosi di tutto il mondo, in prima fila esponenti ebrei e musulmani, il papa ha gridato: «Mai la guerra, solo la pace è santa, perché voluta da Dio! Bisogna osare la pace». 

In questo scenario i nodi ecclesiali rimpiccioliscono, e impallidiscono; ma, lasciarli irrisolti, senza mostrare al mondo, con l’esempio, che essi, pur aggrovigliati, si possono sciogliere, sarebbe davvero tragico.