da Il Manifesto del 30/11/2025
Shanin per il tribunale è un nemico pubblico. Ma San Salvario sta con lui
di Sara Tanveer e Mario Di Vito
San Salvario è un quartiere di Torino noto per la sua multiculturalità e multireligiosità. A pochi metri si trovano il tempio valdese, la moschea, la chiesa cattolica e la sinagoga. Luoghi che Mohammad Shanin, l’imam della moschea di Via Saluzzo, conosceva bene. Secondo il decreto di espulsione firmato dal ministro dell'Interno Piantedosi lui però è <<emerso all'attenzione sotto il profilo della sicurezza dello Stato per aver intrapreso percorso di radicalizzazione religiosa connotata da spiccata ideologia antisemita>>.
Così anche la terza sezione penale della Corte d'appello di Torino, che, dopo l'udienza di giovedì, ha convalidato il trattenimento dell'imam al Cpr di Caltanissetta. <<La tutela della libertà di manifestazione del pensiero - scrive la giudice Maria Cristina Pagano nel provvedimento - ha sempre un limite non derogabile nell’esigenza che attraverso il suo esercizio non vengano sacrificati beni anch’essi voluti garantire dalla Costituzione e che tale deve ritenersi il mantenimento dell'ordine pubblico>>. Segue citazione di una sentenza del Consiglio di Stato del 2006. Tra i fatti contestati c'è la trascrizione di un file audio in possesso della questura sabauda con quanto detto da l'imam durante un corteo dello scorso 9 ottobre: <<Io personalmente sono d'accordo con quello che è successo il 7 ottobre (…) Noi non siamo qui per essere con la violenza, ma quello che è successo il 7 ottobre 2023 non è una violenza>>. Al fine di <<lumeggiare la personalità dello Shanin>> la questura ha inoltrato anche una nota che dà conto di rapporti con esponenti indagati e condannati per apologia di terrorismo. Accuse respinte in sede di udienza, dove l'imam ha negato di conoscere questi soggetti, pur non escludendo di averli incontrati, e di aver mai espresso sostegno ad Hamas. L'uomo ha inoltre richiesto la protezione internazionale, perché se dovesse essere espulso verso l'Egitto vedrebbe la propria incolumità messa a rischio in quanto oppositore del regime di al-Sisi.
Le accuse nei confronti di Shanin, comunque, non sono accettate da chi lo conosceva. Brahim Baya, un attivista che conosce l’imam da almeno 15 anni, è un altro esponente della comunità islamica torinese, che insieme a lui, organizzava attività volte al dialogo tra la comunità musulmana e il resto della città. <<Era un lavoro che facevamo insieme, oltre al rapporto umano che avevamo>>, dice.
Baya delinea il profilo di un uomo che si è sempre esposto per i suoi ideali politici, sia in Italia che nel suo paese d'origine: <<E’ stato anche in piazza Rabaa nel 2013, dove il regime di Morsi ha massacrato centinaia di manifestanti. Da quella data non è più tornato in Egitto perché sa che verrebbe subito arrestato>>.
Brahim Baya racconta delle varie iniziative organizzate da Shanin per aprire la moschea alla città, e tra le tante ne spicca una in particolare organizzata insieme all’ANPI Nicola Grosia e l’allora professore di diritto costituzionale Andrea Giorgis, oggi senatore della Repubblica. Giorgis e Shanin avevano tenuto una serie di incontri nella moschea di via Saluzzo per diffondere i principi della Costituzione Italiana, di cui erano state distribuite copie tradotte in arabo. L’Anpi, di cui il presidente è Augusto Montaruli, parente della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli che per prima ha sollevato il caso, ha diffuso un comunicato: <<Ci preoccupa ciò che può comportare questo arresto nel nostro quartiere, metterebbe a rischio anni, non solo di pacifica convivenza, ma di progettualità comune. E ci viene il dubbio che l’obiettivo forse sia proprio quello di isolare una comunità, quella islamica>>. Dichiarazioni che stridono con la convinzione che Shanin sia un pericolo per la Repubblica. Anche il senatore Giorgis si è mobilitato, presentando insieme ad altri nove parlamentari un'interrogazione parlamentare per chiedere su quali basi sia stata effettuata la valutazione di pericolosità. Secondo l'attivista antirazzista Ayyoub Moussaid, <<nel quartiere ci sono molta preoccupazione, molta attesa e molto spavento>>. Sensazione confermata anche da Brahim Baya: <<E’ un colpo grosso alla convivenza del quartiere, si va a minare la fiducia della comunità che Shanin stesso ha lavorato per creare>>.