Enrico Peyretti
Questa tregua e accordi parziali sono certamente più giusti di ogni guerra, e vanno sostenuti. Ma io credo solo alla pace di chi dialoga cercando soluzioni a metà strada fra le parti (perché si scavano confini che tagliano invece di confini che uniscono?), di chi non cerca vittoria armata, che è sempre omicida o genocida, e sempre offende tutti i popoli umani, anche esterni a quel conflitto bellico.
Anche la pace imposta da chi è più potente in armi e denaro, certamente preferibile alla guerra, è atto di minaccia e di dominio, è offesa alla dignità e ai diritti di tutti gli umani. La pace imperiale è pace se rinuncia alla guerra, altrimenti non è pace.
Non c'è pace senza disarmo, senza istituzioni paritarie tra i popoli, come l'Onu genuina, non bloccata da privilegi e veti. Non c'é pace se la cultura politica non riconosce che la guerra, ogni guerra, è crimine contro l'umanità di tutti.
Non c'é pace se la tregua non procede nel deporre l'odio che la guerra ha creato e alimentato.
Non c'è pace sincera se non si vuole l'abolizione della guerra, che è uccidere, perché ogni omicidio è sempre crimine contro l’umanità intera.
Non c'é pace duratura, se le economie capitalistiche e gli stati non rinunciano a organizzare la minaccia e capacità di guerra. «Gli eserciti permanenti sono causa di guerra» (Kant). La produzione di armi, il complesso militar-industriale, provoca la guerra.
Non c'é pace se gli stati continuano a considerarsi "sovrani", cioè se non si riconoscono obbligati alla universale “legge non scritta” nel cuore umano, cioé al dovere di rispettare la vita e i diritti di ogni persona e di ogni popolo.
Non c'e pace fino a quando si legittima la guerra come difesa da una aggressione bellica, con gli stessi metodi omicidi, che riproducono e così confermano la guerra di aggressione.
Non c'é pace fino a quando la legittima difesa usa gli stessi mezzi armati dell'offesa, fino a quando i popoli non imparano e non sviluppano la difesa nonviolenta, cioè la forte disobbedienza al potere violento, che svuota tale potere con la forza vitale e coraggiosa, capace anche di soffrire, per togliere efficacia alla violenza.
Non c'é pace senza la nonviclenza gandhiana, che è forza storica attiva, sia nell'intimo delle coscienze umane, sia nei metodi di azione e di organizzazione.
Questa utopia attiva è speranza e impegno nelle menti e nelle volontà, di ciò che urgentemente è necessario alla vita e all’onore dell’umanità.
da ADISTA, 5 dicembre