domenica 21 dicembre 2025

Ma il genocidio è finito?

_____________________________________

GUERRA E PACE

 dopo il genocidio

 

Mentre è in corso il drammatico seguito dell'evento di Sharm el-Sheikh, vale a dire l’interruzione del genocidio del popolo palestinese imposta da Trump a Netanyahu, è lecito chiedersi in base a quali criteri ispiratori hanno agito i vari protagonisti.

Per Trump è facile dire che non si tratta di non-violenza; le guerre che non vuole fare non vuole farle non per buon cuore, ma perché le ritiene “stupide”, come quella d’Ucraina, o perché costano troppo e preferisce gli affari; con quelli pensa di vincere la “competizione strategica” che nella sua precedente presidenza ha sostituito alla “lotta al terrorismo” che era la strategia adottata dagli Stati Uniti dopo l'attentato alle due Torri. Nella stessa occasione, ossia nei docurnenti sulla “strategia della sicurezza nazionale americana”, Trump aveva adottato la nuova “dottrina” della guerra preventiva, perché "la migliore difesa è una buona offesa”, e aveva designato la Cina come l'ultimo nemico da vincere per conservare la supremazia degli Stati Uniti sul mondo. Così come ora “per fare di nuovo grande l'America”. E come esordio della sua attenzione al Medio Oriente aveva bombardato l'Iran.

Forte di questi buoni sentimenti, Trump aveva rivendicato il premio Nobel per la pace, andato invece all’anti-Maduro venezuelano Corina Machado; però alla Knesset, usurpando il messianismo ebraico Trump, dopo 3.000 anni di guerra, come dice lui, è andato a farsi tributare il trionfo e a farsi alzare sugli scudi come il vero re di Israele. Per la verità qualcuno lo ha paragonato a Ciro, il satrapo imperatore persiano che rimandò a Gerusalemme gli ebrei deportati a Babilonia, ma qui il paragone non funziona, perché Ciro sarebbe piuttosto Hamas, che ha fatto tornare in patria gli ostaggi.

Riguardo alla tragedia di Gaza Trump ha detto, parlando alla Knesset, di aver mandato a Netanyahu armi di cui il Primo ministro israeliano non sapeva neanche l’esistenza, armi che costui "ha usato nel migliore dei modi”, uccidendo, come si sa, tra 60.000 e 100.000 persone (secondo le stime) e distruggendo completamente la Striscia di Gaza. A Netanyahu Trump ha tuttavia espresso la sua ammirazione perché è uno che “sa vincere” (e Netanyahu sorrideva compiaciuto). Come salario per la sua prestazione, Trump ha chiesto a Herzog di dargli la grazia, assolvendolo così sia per la corruzione sia per il concorso, di cui in Israele è stato accusato, nel determinare l'orrore del 7 ottobre, crocevia dei due opposti terrorismi, di Hamas e dell'ldf, le Israel defence forces. Con la richiesta della grazia a Netanyahu, poi, secondo Lucio Caracciolo, Trump avrebbe spinto Herzog a liquidarlo.

Così regolata la partita tra i tre rei confessi di genocidio, è andato in scena il vertice di Sharin el-Sheikh. Alla cerimonia c'erano tutti, compreso chi non aveva fatto nulla per far cessare la strage, ma non c’erano i due contraenti del Patto, il quale perciò, come ha detto l'autorevole ambasciatore Sessa, che fu il consulente diplomatico di Moro, “è stato firmato col morto”.

ROCCA 15 NOVEMBRE