martedì 24 novembre 2009

IL LINGUISTA DE MAURO

Per il linguista Tullio De Mauro quello di Fini è «un invito a reagire al razzismo strisciante».

 

Dunque «ha fatto bene il presidente della Camera a usare una parola forte».

Gianfranco Fini ha utilizzato il termine "stronzo", la stupisce?

«Affatto. Non è la prima volta che nel linguaggio della politica entra questa parola».

Magari è la prima volta che esce dalla bocca di un presidente della Camera?

«Forse da parte di una carica istituzionale non si era mai sentita, anche se non mi pare che Fini stesse parlando a Montecitorio. E comunque "stronzo" è da tempo sdogmato».

La diga del "politicamente corretto" è saltata del tutto?

«Se quello di Fini è un invito a reagire al razzismo, allora ha fatto bene a usare una parola forte».

Il fine giustifica i mezzi?

«In questo caso ampiamente».

Il leghista Borghezio si è scandalizzato, dice che l'invito di Fini è "diseducativo". È così?

«Mi sorprende che i leghisti si scandalizzino. Più volte hanno usato un linguaggio "fortemente espressivo", come si dice in linguistica. Vale a dire hanno usato parole e gesti volgari. Capisco tuttavia che si siano irritati nel sentirsi implicitamente qualificati in quel modo da Fini. La polemica sfondo razzista della Lega è un continuo, inutile girarci intorno».

Il termine "stronzo" a quando risale?

«E' parola antichissima, viene dal longobardo "strunz", pezzo di cacca».

Ai tempi di Dante già ci si dava dello "stronzo"?

«E' così. In Italia è una delle parole di più antica attestazione».

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