Il volto assoluto
Quando parlo di “persona”, dell’altro, uso il termine “volto”.
Noi chiamiamo volto il modo in cui si presenta l'Altro. E' proprio il volto che inizia e rende possibile ogni discorso ed è il presupposto di tutte le relazioni umane.
L'altro non è un dato che viene afferrato quasi mettessimo le mani su di lui. L'altro mi guarda e mi riguarda e si disfa dell'idea che ho in mente di lui.
Incontriamo l’altro nel suo volto e in questa prossimità si gioca la relazione. Il volto è l'indisponibile per eccellenza. Lo sguardo è conoscenza e percezione. La relazione col volto può essere dominata dalla percezione, ma ciò che è specificatamente volto, è ciò che non vi si riduce. Anzitutto c'è la sua esposizione diretta, senza difesa nella quale appare la sua nudità dignitosa.
Il volto è nudo, non mi relaziono a lui conoscendolo.
Il volto si rivela senza che io arrivi a 'svelarlo' con le mie strutture cognitive e precomprensioni che vorrebbero 'neutralizzarlo'.
Il volto dell'Altro ha significato di per sé, si impone al di là del contesto fisico e sociale: il senso del volto non consiste nella relazione con qualcos'altro, esso è senso per sé, mi conduce al di là, mi parla e mi invita ad una relazione che non ha nulla a che vedere con un potere che si esercita. Il volto si sottrae al possesso.
Prima di ogni avventura speculativa, è nell'incontro con l'altro che si fa strada l'idea dell'infinito.
Emmanuel Lévinas
Totalità e Infinito