venerdì 17 febbraio 2017

PERCHÉ VA CANCELLATA LA PAROLA CLANDESTINO

Caro direttore, nel "Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere" sottoscritto dall'Italia e dal Governo di riconciliazione libico compare più volte - come sinonimo di migrante non regolare - il termine "clandestino". Qui intendiamo sorvolare sui molti punti di quell'intesa che ci lasciano perplessi, per concentrarci sul suo linguaggio. Se, come ci auguriamo, il ricorso al termine "clandestino" è il frutto di una distrazione, è una distrazione grave. Sono passati due anni da quando, su richiesta della Commissione per la tutela dei Diritti umani del Senato, il termine "clandestino" è stato cancellato da molti atti ufficiali italiani e dal sito del ministero dell'Interno dove, fino al 2014, continuava a comparire.
Il termine "clandestino" è, in primo luogo, giuridicamente infondato quando viene utilizzato per indicare - anche prima che abbiano potuto presentare domanda d'asilo e che la domanda sia stata valutata dalle commissioni territoriali - i migranti che tentano di raggiungere, o raggiungono, il territorio dell'Unione Europea. Si tratta, inoltre, di un termine che contiene un giudizio negativo aprioristico - suggerendo l'idea che il migrante agisca al buio, come un malfattore - ed è contraddetto dalla realtà dei fatti. Gli immigrati, anche quelli non regolari, non si nascondono al sole. Al contrario, spesso lavorano sotto il sole, dall'alba al tramonto, nei campi e nei cantieri.

L'Associazione Carta di Roma - dal 2011 impegnata nel far rispettare il codice deontologico che i giornalisti italiani si sono dati per i servizi su richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti - illustra costantemente questo concetto elementare nelle sue attività di formazione. Con un certo successo, considerato che l'uso improprio della parola va diminuendo. E sempre più spesso l'utilizzo non è frutto di distrazione o disinformazione, ma della volontà di affermare un'idea aprioristicamente negativa, e xenofoba, dell'immigrazione.
Il ricorso reiterato del termine suggerisce un'immagine dell'immigrato come nemico. Un'insidia per la società, l'incolumità dei cittadini e la sicurezza dei loro beni. Di conseguenza, nel testo dell'intesa tra il governo italiano e il governo libico si accredita - al di là delle intenzioni di quanti l'hanno redatto e sottoscritto - l'idea che gli immigrati non siano persone titolari di diritti, bensì una minaccia sociale da combattere. La parola "clandestino" è uno dei lemmi dell'hate speech, il discorso d'odio. L'articolo 7 del Memorandum prevede che il testo possa essere "modificato a richiesta di una delle parti". Si tratta di una procedura semplice, che può e deve essere attivata. Quella parola va cancellata subito. Questa lettera è stata inviata al presidente del Consiglio, al presidente della Camera e al presidente del Senato.
Ermanno Olmi, Luigi Manconi, Nicola Lagioia, Alessandro Bergonzoni, Giovanni Maria Bellu e Beppe Giulietti.

(la Repubblica, 8 febbraio)