Deir A-Surian: Il Salvataggio Dei Manoscritti Cristiani
maggio 2021/Rocca
È
uno dei più antichi monasteri che il mondo moderno conosca, Deir
al-Surian, fondato nel VI secolo dopo Cristo – secondo quella che è
soltanto un’ipotesi, sia pur condivisa da molti. Infatti, quello di
Santa Maria Madre di Dio è uno dei quattro monasteri dei circa 600
realizzati tra il III e il VI secolo sopravvissuti all’erosione. Nel
corso degli anni, Deir al-Surian, nel Deserto di Nitria, in prossimità
di Alessandria, nel Basso Egitto, è stato occupato da diverse comunità
monastiche provenienti dal Levante e dall’Etiopia, ma soprattutto dalla
Siria.
Matteo, Abramo e Teodoro: questi i
tre monaci siriani che, nel IX secolo, hanno avuto l’incarico di
istituire in questo luogo la prima biblioteca che avrebbe dovuto
raccogliere manoscritti cristiani. Nel X secolo, poi, essa si è
arricchita di 250 manoscritti che l’abate Mosé di Nisbi aveva riportato
da un viaggio a Baghdad, durato cinque anni. Da allora, il monastero di
Deir al-Surian conserva i più antichi scritti cristiani in copto,
siriaco, arabo ed etiopico, oltre alle opere dei primi Padri della
Chiesa, come San Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nissa.
Sono
manoscritti unici, eccezionali che sono rimasti “segreti” per
tantissimo tempo, finché nel XVIII e XIX secolo alcune opere furono
trafugate da alcuni visitatori; qualcuna, donata a Papa Clemente XI, si
trova oggi nella Biblioteca Vaticana, mente altre sono finite nella
British Library. Per arrestare quell’emorragia, i monaci di Deir
al-Surian chiudono la loro biblioteca e la sigillano. Per oltre un
secolo rimane quindi dimenticata dal mondo, fino a quando iniziano i
lavori di restauro negli anni Novanta del secolo scorso.
Il
bibliotecario Abouna Bigoul stava andando nel « kip », la torre
quadrata fortificata del monastero, quando individua – sotto un
pavimento che sta cedendo durante i lavori di ristrutturazione –
frammenti di manoscritti. Alcuni di quei manoscritti sono in condizioni
pietose per aver passato secoli sotto i passi dei monaci. Abouna Bigoul è
il prete bibliotecario, e per questo è assolutamente consapevole del
valore che hanno i volumi della collezione del monastero, ma
personalmente non è un esperto né saprebbe come restaurare quelle pagine
preziose né i testi antichi che contengono, ma che bisogna
assolutamente preservare dalla distruzione. È in questo momento che il
prete ortodosso scrive a Elisabeth Sobczynski, conservatrice a Londra:
“Signora, abbiamo scoperto frammenti di manoscritti molto antichi tra le
macerie di una stanza segreta il cui pavimento è crollato. I
ricercatori che lavorano sugli affreschi della nostra chiesa mi hanno
fatto il suo nome. Vorrebbe venire ad aiutarci? Io sono soltanto il
bibliotecario, non saprei cosa fare …”.
Elisabeth
legge e rilegge quel messaggio, sorpresa che la scelta sia caduta
proprio su di lei. Vola in Egitto e nel deserto incontra il
bibliotecario nel suo monastero.
All’inizio,
il Consiglio del monastero non si fida. Elisabeth dovrà aspettare
diversi giorni senza vedere un libro, finché il bibliotecario – il
quinto giorno – le presenta un enorme mazzo di chiavi. Insieme arrivano
fino alla porta della biblioteca. Abouna Bigoul rompe i sigilli, la
porta si apre sollevando una nuvola di polvere, ed Elisabeth scopre un
tesoro: “E’ stato un momento unico nella mia vita”, dirà in seguito,
“un’emozione senza pari”: 1.200 volumi si presentano al suo stupore. Nel
2005 sarà un frammento, in particolare, ad attirare la sua attenzione,
perché reca una data: “novembre 411”. Completa perfettamente l’ultima
pagina di un volume che era finito alla British Library, un manoscritto
prezioso che contiene testi dell’antichità greca in lingua siriaca. In
quell’ultima pagina, appunto, c’è un elenco di nomi di cristiani
perseguitati e uccisi da un re persiano. Questa lista era stata redatta
su indicazione del vescovo siriaco Maruta, per potere onorare la memoria
dei martiri. In fondo alla pagina, sul frammento ritrovato a Deir
al-Surian, Maruta firma con il suo nome e la data. Questa “firma” fa di
questa pagina il più antico testo cristiano con data certa.
Ci
sono decine di aneddoti simili da raccontare. La sola scoperta dei
manoscritti è storia a sé, e quello che contengono racconta la nostra,
di storia: dev’essere fatto di tutto per salvarli.
Elisabeth
Sobczynski è stregata. Ma i suoi mezzi sono limitati. Da sola non potrà
fare altro che alimentare la sua passione e la sua curiosità. Però lei
vorrebbe che questo inestimabile patrimonio letterario e cristiano fosse
consegnato alle generazioni future. Non è pensabile lasciare deperire
uno dei due più antichi Vangeli di Giovanni, completo, tradotto in
lingua copta, arrivati fino al giorno d’oggi. Per avviare una buona
campagna di conservazione e di formazione alle tecniche di preservazione
è necessario reperire dei fondi. Per questo, Elisabeth istituisce la
Levantine Foundation, che riceve il sostegno del Principe Carlo. Subito
si trovano dei donatori. La campagna può cominciare.
E
così, a oggi sono stati trattati 130 manoscritti e 300 frammenti,
grazie in particolare alla generosità del British Council e del
Dipartimento britannico per il Digitale, la Cultura, i Media e lo Sport,
che hanno sostenuto negli ultimi due anni la Levantine Foundation e
consentito così di conservare 22 Codici. E anche se non tutte le opere
hanno bisogno di essere trattate, centinaia di altre dovranno invece
passare per le mani esperte dell’équipe dei conservatori impegnati in
questa avventura. L’anno scorso, a causa della pandemia, le campagne
sono state sospese, ma dovrebbero riprendere nel 2022. Elisabeth dovrà
rilanciare i donatori perché finanzino le prossime campagne: la pandemia
certo non la fermerà …