Commento alla lettura biblica - domenica 24 febbraio 2008
Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Giovanni 4, 5-42).
Siamo davanti ad un racconto pittorico che coinvolge e potremmo cadere nell’ingenuità di credere che si tratti di una cronaca con la precisa “registrazione” del dialogo intercorso là vicino al pozzo.
Questa pagina, che ricorre solo in Giovanni, prosegue la serie di incontri di Gesù: con gli sposi a Cana, con Nicodemo, ora con la donna di Samaria. Poi avremo il figlio del centurione regio, poi il paralitico di Betesda, poi il cieco nato, l’adultera e Lazzaro…
Questa ridda di incontri non è messa a caso e, sotto un certo aspetto, tutti questi brani sono accomunati da un filo rosso che li caratterizza, un nesso profondo che li unisce. Si tratta di cogliere questo nesso e di individuare il percorso teologico che il “racconto” ci invita a compiere.
Vorrei, anche attraverso la struttura letteraria “a scala a chiocciola” che caratterizza questa pagina, semplicemente individuare alcuni dei messaggi tra i tanti che il testo ci rimanda.
L’incontro profondo
La vita di questa donna cambia radicalmente incontrando Gesù. Attenzione: non sto dicendo che là al pozzo avvenne qualcosa di magico, di improvviso, di miracoloso.
Il messaggio teologico è però ben chiaro: chi incontra in profondità la persona e l’annuncio, la proposta e la prospettiva di Gesù cambia radicalmente la direzione della sua vita.
Per il redattore del Vangelo di Giovanni qui sta il nocciolo: non basta passare accanto al Vangelo, ma bisogna incontrare in profondità, accogliere con il cuore la proposta del nazareno.
Nulla ci vieta di pensare che all’origine di questo racconto di altissimo significato teologico ci sia stato un incontro reale di Gesù con una donna della Samaria, ma l’elemento decisivo per la comunità giovannea sta nel prendere atto con gioia e gratitudine che tutti noi, pur così lontani nel tempo, possiamo trovare in Gesù l’incontro che fa nascere a vita nuova le nostre esistenze.
Dio ci offre in Gesù questa possibilità. La donna samaritana ha preso sul serio questa opportunità…e noi?
Forse Giovanni aveva già di fronte a sé una comunità che metteva Gesù sullo stesso piano di tanti altri maestri, profeti e “figli di Dio” e rischiava di sottovalutare il dono ricevuto.
Questo autore-redattore, che chiamiamo Giovanni, scrive questo racconto “cristofanico” per risvegliare la consapevolezza della sua comunità circa l’importanza del riferimento a Gesù come inviato di Dio.
Tutto questo mi sembra di estrema attualità per ciascuno/a di noi oggi: “Se tu conoscessi il dono di Dio…” (versetto 10). Qualche volta, dentro il turbinio della vita quotidiana, può succederci di non riconoscere più la bellezza e la straordinaria sorgività di quel dono di Dio che è Gesù, la sua strada, la sua testimonianza, il suo messaggio. L’abitudine ha spento l’incontro.
Donna di Samaria
Ma l’incontro al pozzo non avviene tra Gesù e una donna qualunque.
Tra giudei e samaritani nel periodo postesilio si giunse ad una separazione netta allorché personaggi gerosolimitani di primo piano esclusero gli abitanti della Samaria dal collaborare alla costruzione del tempio e delle mura della città di Gerusalemme e presero le distanze da essi.
Ciò indusse infine i samaritani a costruire un proprio santuario sul monte Garizim vicino a Sichem…
Dal tempo dei Maccabei in poi si accentua la polemica. “Le ostilità raggiungono il loro apice quando nel 129/128 a.C. Giovanni Ircano distrugge il tempio eretto sul monte Garizim” (Klaus Wengst, Il vangelo di Giovanni, Queriniana, pag. 166).
Tutto lascia chiaramente intendere che esistesse un rapporto teso tra giudei e samaritani al tempo di Gesù. C’è di più: qui siamo di fronte ad una donna, samaritana, che viene ad attingere acqua in un’ora insolita.
Sapremo dai versetti seguenti che la sua è una storia difficile, un’esistenza travagliata, problematica. Ma ecco che tra questo giudeo e questa samaritana si svolge un dialogo nel quale Gesù e la donna si dirigono verso un orizzonte aperto, includente.
Quel pozzo ormai ha un’acqua viva che non disseta più soltanto i figli dei patriarchi. Ormai la contesa non è più tra un tempio e l’altro, tra Gerusalemme e Garizim. Gesù non è mai stato né contro il tempio né contro la sinagoga, né contro il sabato.
Egli ha voluto ricondurre le istituzioni religiose del suo tempo alla loro vera funzione: l’essenziale è adorare Dio in spirito e verità: il Padre cerca tali adoratori.
Per chi si lascia guidare da Dio oltre la contesa su quale sia il tempio migliore, il culto più perfetto…si spalanca una strada spaziosa: chiunque può bere di quest’acqua!
Il dono di Dio di cui Gesù è testimone è per tutti, oltrepassa i confini, abbatte le barriere. Gesù ha vissuto come profeta del suo popolo e per il suo popolo, ma qui il redattore del Vangelo di Giovanni vuole mettere in luce quanto il nazareno nella sua vita abbia saputo riconoscere la fede del centurione pagano, della donna sirofenicia, alieno da ogni preclusione.
Questa pagina suona dura, ammonitrice, invitante per le nostre chiese.
Se tornassimo all’essenziale – questo adorare Dio in spirito e verità – la smetteremmo di erigere steccati, di escludere, di estromettere, di condurre dispute inutili e scandalose che sono puri giochi di prevalenza e di potere, non faremmo (come succede in questi giorni) campagna elettorale per difendere il “nostro tempio”, i nostri privilegi, le nostre ossessioni e i nostri pregiudizi, le nostre sporche alleanze con i truffaldini impuniti ed arroganti.
Donna, samaritana, apostola
Il racconto subisce un’ulteriore accelerazione: questa donna, samaritana, “peccatrice” capisce chi è l’interlocutore.
L’incontro con l’Unto del Signore, con l’inviato di Dio, tocca il suo cuore e l’aiuta a vedere la verità della sua vita. E che cosa succede in questo incontro profondo?
Lo sguardo e le parole di Gesù, anziché immobilizzarla nella prigione di un passato infelice e di un presente conturbante, accende in lei una scintilla che divampa in un incendio: “la donna lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a veder un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse l’Unto?”” (vv 28-29).
La sua testimonianza è efficace: “Uscirono allora dalla città e andarono da lui”.
L’evangelista ha raggiunto il suo scopo teologico: Gesù viene proclamato e riconosciuto come il messia, cosa che il nazareno non ha mai sognato di dire.
Ma questa “cristofania” (questo svelamento della funzione che Dio, secondo la teologia di Giovanni, ha assegnato a Gesù facendone l’Unto, il Cristo) trova il punto alto nel fatto che questa donna esclusa diventa una testimone appassionata, una “predicatrice”, una apostola.
Si tratta di una “sovversione” profetica delle categorie culturale, patriarcali e religiose vincenti di quel tempo. Dunque, è possibile aderire alla strada di Gesù da qualunque situazione, da qualunque condizione.
Ma è addirittura sconvolgente sapere che il “lieto messaggio” risuona più convincente se viene da una persona “peccatrice” che non dagli “eredi del regno”. Non sono i funzionari di Dio che predicano “con autorità”, ma coloro che si lasciano toccare il cuore.
I senza cattedra
Mi capita ogni giorno: sento più vangelo nella vita degli appiedati, dei perdenti, delle persone “impure” che non da coloro che brandiscono certezze dai pulpiti o dai troni. Vorrei imparare ad ascoltare prima di “predicare”.
Di una cosa mi sono convinto in questi 45 anni di ministero: i cuori feriti di tante donne e di tanti uomini sono diventati per me “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (v. 14), i cartelli indicatori più significativi per tentare di vivere il Vangelo.
Ti ringrazio, donna di Samaria: voglio imparare da Gesù a fermarmi, ad ascoltare. Tu sei il simbolo delle persone che cercano acqua di vita. Tu mi ricordi quelle persone che ho tante volte incontrato e insieme alle quali cerco di attingere al pozzo d’acqua viva.
Il rischio è quello di passare vicino al pozzo e alle persone senza fermarmi, senza ascoltare, andando oltre. Questa immagine di Gesù che dialoga con te al pozzo mi affascina e mi tocca in profondità.
Non dovrebbe la comunità cristiana, essere questo spazio semplice e vero di dialogo affettuoso ed accogliente…? L’indicazione vale per ciascuno/a di noi.
Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Giovanni 4, 5-42).
Siamo davanti ad un racconto pittorico che coinvolge e potremmo cadere nell’ingenuità di credere che si tratti di una cronaca con la precisa “registrazione” del dialogo intercorso là vicino al pozzo.
Questa pagina, che ricorre solo in Giovanni, prosegue la serie di incontri di Gesù: con gli sposi a Cana, con Nicodemo, ora con la donna di Samaria. Poi avremo il figlio del centurione regio, poi il paralitico di Betesda, poi il cieco nato, l’adultera e Lazzaro…
Questa ridda di incontri non è messa a caso e, sotto un certo aspetto, tutti questi brani sono accomunati da un filo rosso che li caratterizza, un nesso profondo che li unisce. Si tratta di cogliere questo nesso e di individuare il percorso teologico che il “racconto” ci invita a compiere.
Vorrei, anche attraverso la struttura letteraria “a scala a chiocciola” che caratterizza questa pagina, semplicemente individuare alcuni dei messaggi tra i tanti che il testo ci rimanda.
L’incontro profondo
La vita di questa donna cambia radicalmente incontrando Gesù. Attenzione: non sto dicendo che là al pozzo avvenne qualcosa di magico, di improvviso, di miracoloso.
Il messaggio teologico è però ben chiaro: chi incontra in profondità la persona e l’annuncio, la proposta e la prospettiva di Gesù cambia radicalmente la direzione della sua vita.
Per il redattore del Vangelo di Giovanni qui sta il nocciolo: non basta passare accanto al Vangelo, ma bisogna incontrare in profondità, accogliere con il cuore la proposta del nazareno.
Nulla ci vieta di pensare che all’origine di questo racconto di altissimo significato teologico ci sia stato un incontro reale di Gesù con una donna della Samaria, ma l’elemento decisivo per la comunità giovannea sta nel prendere atto con gioia e gratitudine che tutti noi, pur così lontani nel tempo, possiamo trovare in Gesù l’incontro che fa nascere a vita nuova le nostre esistenze.
Dio ci offre in Gesù questa possibilità. La donna samaritana ha preso sul serio questa opportunità…e noi?
Forse Giovanni aveva già di fronte a sé una comunità che metteva Gesù sullo stesso piano di tanti altri maestri, profeti e “figli di Dio” e rischiava di sottovalutare il dono ricevuto.
Questo autore-redattore, che chiamiamo Giovanni, scrive questo racconto “cristofanico” per risvegliare la consapevolezza della sua comunità circa l’importanza del riferimento a Gesù come inviato di Dio.
Tutto questo mi sembra di estrema attualità per ciascuno/a di noi oggi: “Se tu conoscessi il dono di Dio…” (versetto 10). Qualche volta, dentro il turbinio della vita quotidiana, può succederci di non riconoscere più la bellezza e la straordinaria sorgività di quel dono di Dio che è Gesù, la sua strada, la sua testimonianza, il suo messaggio. L’abitudine ha spento l’incontro.
Donna di Samaria
Ma l’incontro al pozzo non avviene tra Gesù e una donna qualunque.
Tra giudei e samaritani nel periodo postesilio si giunse ad una separazione netta allorché personaggi gerosolimitani di primo piano esclusero gli abitanti della Samaria dal collaborare alla costruzione del tempio e delle mura della città di Gerusalemme e presero le distanze da essi.
Ciò indusse infine i samaritani a costruire un proprio santuario sul monte Garizim vicino a Sichem…
Dal tempo dei Maccabei in poi si accentua la polemica. “Le ostilità raggiungono il loro apice quando nel 129/128 a.C. Giovanni Ircano distrugge il tempio eretto sul monte Garizim” (Klaus Wengst, Il vangelo di Giovanni, Queriniana, pag. 166).
Tutto lascia chiaramente intendere che esistesse un rapporto teso tra giudei e samaritani al tempo di Gesù. C’è di più: qui siamo di fronte ad una donna, samaritana, che viene ad attingere acqua in un’ora insolita.
Sapremo dai versetti seguenti che la sua è una storia difficile, un’esistenza travagliata, problematica. Ma ecco che tra questo giudeo e questa samaritana si svolge un dialogo nel quale Gesù e la donna si dirigono verso un orizzonte aperto, includente.
Quel pozzo ormai ha un’acqua viva che non disseta più soltanto i figli dei patriarchi. Ormai la contesa non è più tra un tempio e l’altro, tra Gerusalemme e Garizim. Gesù non è mai stato né contro il tempio né contro la sinagoga, né contro il sabato.
Egli ha voluto ricondurre le istituzioni religiose del suo tempo alla loro vera funzione: l’essenziale è adorare Dio in spirito e verità: il Padre cerca tali adoratori.
Per chi si lascia guidare da Dio oltre la contesa su quale sia il tempio migliore, il culto più perfetto…si spalanca una strada spaziosa: chiunque può bere di quest’acqua!
Il dono di Dio di cui Gesù è testimone è per tutti, oltrepassa i confini, abbatte le barriere. Gesù ha vissuto come profeta del suo popolo e per il suo popolo, ma qui il redattore del Vangelo di Giovanni vuole mettere in luce quanto il nazareno nella sua vita abbia saputo riconoscere la fede del centurione pagano, della donna sirofenicia, alieno da ogni preclusione.
Questa pagina suona dura, ammonitrice, invitante per le nostre chiese.
Se tornassimo all’essenziale – questo adorare Dio in spirito e verità – la smetteremmo di erigere steccati, di escludere, di estromettere, di condurre dispute inutili e scandalose che sono puri giochi di prevalenza e di potere, non faremmo (come succede in questi giorni) campagna elettorale per difendere il “nostro tempio”, i nostri privilegi, le nostre ossessioni e i nostri pregiudizi, le nostre sporche alleanze con i truffaldini impuniti ed arroganti.
Donna, samaritana, apostola
Il racconto subisce un’ulteriore accelerazione: questa donna, samaritana, “peccatrice” capisce chi è l’interlocutore.
L’incontro con l’Unto del Signore, con l’inviato di Dio, tocca il suo cuore e l’aiuta a vedere la verità della sua vita. E che cosa succede in questo incontro profondo?
Lo sguardo e le parole di Gesù, anziché immobilizzarla nella prigione di un passato infelice e di un presente conturbante, accende in lei una scintilla che divampa in un incendio: “la donna lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a veder un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse l’Unto?”” (vv 28-29).
La sua testimonianza è efficace: “Uscirono allora dalla città e andarono da lui”.
L’evangelista ha raggiunto il suo scopo teologico: Gesù viene proclamato e riconosciuto come il messia, cosa che il nazareno non ha mai sognato di dire.
Ma questa “cristofania” (questo svelamento della funzione che Dio, secondo la teologia di Giovanni, ha assegnato a Gesù facendone l’Unto, il Cristo) trova il punto alto nel fatto che questa donna esclusa diventa una testimone appassionata, una “predicatrice”, una apostola.
Si tratta di una “sovversione” profetica delle categorie culturale, patriarcali e religiose vincenti di quel tempo. Dunque, è possibile aderire alla strada di Gesù da qualunque situazione, da qualunque condizione.
Ma è addirittura sconvolgente sapere che il “lieto messaggio” risuona più convincente se viene da una persona “peccatrice” che non dagli “eredi del regno”. Non sono i funzionari di Dio che predicano “con autorità”, ma coloro che si lasciano toccare il cuore.
I senza cattedra
Mi capita ogni giorno: sento più vangelo nella vita degli appiedati, dei perdenti, delle persone “impure” che non da coloro che brandiscono certezze dai pulpiti o dai troni. Vorrei imparare ad ascoltare prima di “predicare”.
Di una cosa mi sono convinto in questi 45 anni di ministero: i cuori feriti di tante donne e di tanti uomini sono diventati per me “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (v. 14), i cartelli indicatori più significativi per tentare di vivere il Vangelo.
Ti ringrazio, donna di Samaria: voglio imparare da Gesù a fermarmi, ad ascoltare. Tu sei il simbolo delle persone che cercano acqua di vita. Tu mi ricordi quelle persone che ho tante volte incontrato e insieme alle quali cerco di attingere al pozzo d’acqua viva.
Il rischio è quello di passare vicino al pozzo e alle persone senza fermarmi, senza ascoltare, andando oltre. Questa immagine di Gesù che dialoga con te al pozzo mi affascina e mi tocca in profondità.
Non dovrebbe la comunità cristiana, essere questo spazio semplice e vero di dialogo affettuoso ed accogliente…? L’indicazione vale per ciascuno/a di noi.
1 commento:
..grazie per questa riflessione.
michela
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