A volte i silenzi sono più pesanti delle parole.
Direi che avviene spesso nelle chiese cristiane – e noi tutti ne siamo responsabili – che si dicano e si scrivano valanghe di parole fumogene, astratte, altisonanti che sembrano studiate appositamente per “non dire nulla”, per evadere dalla realtà. Spesso mille parole non dicono nulla; anzi, sovente quando si moltiplicano i documenti, le encicliche e i pronunciamenti, tutto ciò nasconde un vuoto o la semplice mancanza di un pensiero nuovo.
Talvolta corriamo un altro rischio, non meno grave. I nostri linguaggi religiosi, in gara con le chiacchere di molti politici, danno per scontato che le parole ci dispensino dalle azioni, dai fatti e dalle scelte come se nella vita bastasse il gioco delle belle parole.
In questi giorni è stato edito un libro di cui non si è accorto il grande pubblico, anche perché si tratta di pagine scomode che ci interpellano in prima persona. Don Aldo Antonelli ha pubblicato presso le Edizioni Qualevita (via Michelangelo 2 - 67030 Torre dei Nolfi – AQ – tel. 349 5843946) un volumetto di 96 pagine (euro 10,00) intitolato “La chiesa del silenzio” che qui presento con alcune sue espressioni:
“C’è, in questa triste alba del terzo millennio, un silenzio che è omertoso e cortigiano, un silenzio ”omicida” direbbe oggi don Primo Mazzolari, quel “silenzio degli onesti” che Martin Luther King temeva molto più che non “le parole dei violenti”. Questo è il silenzio, imposto dall’interno, di una chiesa connivente con le pratiche neoliberiste del nuovo impero: una chiesa che non parla perché non vede e non ascolta. Questo è il silenzio di una chiesa morta. Torna più che mai attuale il grande avvertimento del vescovo Ilario di Poitiers (367 d.C.):”Ora combattiamo contro un nemico insidioso, un nemico che lusinga...; non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni dandoci così la vita, ma ci arricchisce dandoci così la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci percuote ai fianchi, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada ma ci uccide l’anima con il denaro, l’onore, il potere”.
Leggo queste pagine non tanto o non solo per conoscere un paesaggio ecclesiale poco edificante, ma perché anch’io qualche volta sono silente là dove dovrei parlare.
Voglio imparare ogni giorno di più a prendermi la responsabilità della parola per rompere un silenzio complice.
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