Caro Fidel Castro,
da buon ultimo e da perfetto sconosciuto, per giunta in forte ritardo, arrivo anch’io a porgerti gli auguri per i tuoi 80 anni nella speranza che tu possa ancora riprenderti da questa grave malattia.
Qui in Europa chi non entra negli schemi della nostra democrazia non viene solitamente chiamato, come in USA, stato canaglia. Lo si definisce semplicemente “regime” o dittatura.
Io non ho mai fatto un idolo di nessuna esperienza politica e di nessun governante. Però ho sempre guardato al popolo cubano e alla vostra “rivoluzione” con simpatia e con partecipazione.
Molte delle vostre e delle tue scelte a volte mi sono sembrate assai discutibili, altre sbagliate. Ma continuo a guardare a Cuba con speranza perché, pur ignorati dagli amici di un tempo e sabotati dall’imperialismo USA e da buona parte dei suoi alleati, non siete quella terra disperata che la propaganda anticastrista di Miami diffonde. La dignità e la forza di alzare la testa contro l’impero continua ad animare la maggioranza di voi. “Qui non solo Castro, anche la maggioranza dei cubani sembra convinta che il capitalismo non sia la soluzione. Per questo resistono”, leggo su La Repubblica di martedì 15 agosto.
Se, come documenta lo stesso giornale, Cuba “resta all’avanguardia per i suoi sistemi sanitari, se il tasso di mortalità infantile è inferiore a quello di tutti i paesi in via di sviluppo, se l’aspettativa di vita è più alta di quella degli Stati Uniti, se sono gratuiti tutti i servizi come medicine, autobus, scuole e università, se nel solo 2005 il prodotto interno lordo è cresciuto dell’11 per cento”, allora parlare di rivoluzione non è una parola buttata al vento. Penso quanto sarà difficile nel futuro fare in modo che si allarghi nel tuo popolo lo spazio della democrazia, dei diritti civili, del dissenso.
So quanto sia seducente il consumismo che caratterizza ormai non il solo Occidente e quanto sarebbe incerto il futuro imminente del vostro paese qualora venisse a mancare la tua presenza.
Credo che non solo il tuo popolo, ma tutta l’America Latina ti debba moltissimo.
Credo che nei prossimi anni dovremo ancora fare i conti e riconsiderare con maggior attenzione quel laboratorio politico che si chiama la “rivoluzione cubana”, che non può essere liquidata come uno dei tanti sogni velleitari.
Caro Fidel, spero che tu possa ancora accompagnare il tuo popolo verso quel futuro in cui tanti passi restano ancora da compiere verso una maggiore prosperità e una migliore democrazia. E spero che, dopo di te, il popolo cubano abbia il coraggio di contrastare il disegno USA di trasformare Cuba in una colonia yankee.
Auguri, caro Fidel.
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