Spero che a nessuno sia sfuggito l’editoriale di Furio Colombo comparso su l’Unità di domenica 14 gennaio. Sotto il titolo “Il governo del papa” si trovano riflessioni pacate e rigorose, com’è nel suo stile.
Ho ancora davanti agli occhi la fotografia del sindaco di Roma, del presidente della Provincia e del governatore del Lazio che, riverenti e compunti, ascoltano la “reprimenda” del papa contro le nuove forme di famiglia come se fossero i tre “re magi”... Italia laica, quanto mi manchi... Sei lontana anni luce...
Qui riporto alcuni passaggi dello scritto di Colombo:
“La frase chiave per capire la storia che stiamo narrando è quella del deputato della Margherita Renzo Lusetti che ‘ha invocato più rispetto per il santo Padre e per quello che lui rappresenta’ (Corriere della Sera, 12 gennaio).
E’ una frase ovvia e giusta, che provoca però una inevitabile domanda: e il rispetto per la Repubblica italiana? Infatti la presa di posizione di Lusetti era una risposta alle proteste di alcuni esponenti della Rosa nel Pugno (Villetti, Angelo Piazza) che avevano detto: ‘I vertici istituzionali italiani devono ignorare il discorso del papa e proseguire esclusivamente per il bene della comunità e dei cittadini’.
Ma quelli esponenti della Rosa nel Pugno sono stati i soli in tutto il Parlamento a sollevare il problema di ciò che il giorno prima il papa aveva detto, ricevendo per una visita di auguri il sindaco di Roma, il presidente della Provincia di Roma e il presidente della Regione Lazio.
‘I progetti per attribuire impropri riconoscimenti giuridici a forme di unioni diverse dal matrimonio sono pericolosi e controproducenti e finiscono inevitabilmente per indebolire e destabilizzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio’.
Ci sono tre problemi in questa frase, detta a rappresentanti delle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo e la formulazione di una sentenza definitiva.
Il primo è che il Papa non governa la Repubblica italiana e non è stato eletto dagli italiani. Non sta parlando di religione ma di codice civile. Infatti non ha detto: ‘Noi vi diciamo... Noi vi raccomandiamo...’.
Presenta come dati di fatto incontrovertibili le sue convinzioni. Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione in cui ciascuno ha il suo punto di vista, è diventato un editto.
Ma nelle repubbliche democratiche non esistono editti, esistono opinioni che gradatamente si trasformano in posizioni, e poi in proposte di legge e poi in un dibattiti (o in tanti dibattiti), con tutti i liberi pareri che la democrazia ammette e richiede). E poi segue, unico sigillo, il voto”.
Quanto tempo dobbiamo ancora attendere perché qualche autorevole esponente politico richiami il papa, capo di uno Stato straniero, a rispettare la Repubblica italiana e le sue istituzioni?
Ho ancora davanti agli occhi la fotografia del sindaco di Roma, del presidente della Provincia e del governatore del Lazio che, riverenti e compunti, ascoltano la “reprimenda” del papa contro le nuove forme di famiglia come se fossero i tre “re magi”... Italia laica, quanto mi manchi... Sei lontana anni luce...
Qui riporto alcuni passaggi dello scritto di Colombo:
“La frase chiave per capire la storia che stiamo narrando è quella del deputato della Margherita Renzo Lusetti che ‘ha invocato più rispetto per il santo Padre e per quello che lui rappresenta’ (Corriere della Sera, 12 gennaio).
E’ una frase ovvia e giusta, che provoca però una inevitabile domanda: e il rispetto per la Repubblica italiana? Infatti la presa di posizione di Lusetti era una risposta alle proteste di alcuni esponenti della Rosa nel Pugno (Villetti, Angelo Piazza) che avevano detto: ‘I vertici istituzionali italiani devono ignorare il discorso del papa e proseguire esclusivamente per il bene della comunità e dei cittadini’.
Ma quelli esponenti della Rosa nel Pugno sono stati i soli in tutto il Parlamento a sollevare il problema di ciò che il giorno prima il papa aveva detto, ricevendo per una visita di auguri il sindaco di Roma, il presidente della Provincia di Roma e il presidente della Regione Lazio.
‘I progetti per attribuire impropri riconoscimenti giuridici a forme di unioni diverse dal matrimonio sono pericolosi e controproducenti e finiscono inevitabilmente per indebolire e destabilizzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio’.
Ci sono tre problemi in questa frase, detta a rappresentanti delle istituzioni italiane, con i verbi all’indicativo e la formulazione di una sentenza definitiva.
Il primo è che il Papa non governa la Repubblica italiana e non è stato eletto dagli italiani. Non sta parlando di religione ma di codice civile. Infatti non ha detto: ‘Noi vi diciamo... Noi vi raccomandiamo...’.
Presenta come dati di fatto incontrovertibili le sue convinzioni. Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione in cui ciascuno ha il suo punto di vista, è diventato un editto.
Ma nelle repubbliche democratiche non esistono editti, esistono opinioni che gradatamente si trasformano in posizioni, e poi in proposte di legge e poi in un dibattiti (o in tanti dibattiti), con tutti i liberi pareri che la democrazia ammette e richiede). E poi segue, unico sigillo, il voto”.
Quanto tempo dobbiamo ancora attendere perché qualche autorevole esponente politico richiami il papa, capo di uno Stato straniero, a rispettare la Repubblica italiana e le sue istituzioni?
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