giovedì 5 aprile 2007

SULLA “NOTA” C.E.I.

A volte mancano le parole di fronte a certi eventi. L’ultima “nota” della conferenza episcopale italiana e le continue esternazioni del papa sono il segno dell’estremo degrado al quale è giunta la gerarchia cattolica.

Negatrice di ogni spazio alla libertà di coscienza, l’arroganza del magistero è pari solo alla sua disperazione.

Non tocca, certo, a me intervenire sul piano delle intenzioni, ma è chiaro che si è consumato un divorzio tra i credenti conciliari e i cattolici papalini: siamo dei separati in casa.

Ma noi non molliamo “la casa” - chiesa alla gerarchia. Siano a casa nostra non meno della gerarchia.

Il generale monsignor Bagnasco fa un gran fiasco, se crede che una “nota” abbia forza espulsiva nei confronti dei credenti che ormai hanno la coscienza di “essere chiesa” senza aver il minimo bisogno di essere riconosciuti dal potere ecclesiastico.

Dimenticate la cultura della laicità e le elaborazione sulla libertà di coscienza, il papa e i vescovi italiani chiamano a gran voce alla crociata, ma non sanno che sono passati alcuni secoli da quei funesti eventi e che i credenti non sono più impauriti dai roghi e dalle fiamme dell’inferno recentemente riesumato.

Lunedì 26 marzo a Catania l’arcivescovo della città ha tentato di impedirmi di parlare ad un incontro organizzato dall’Associazione Penelope, ma il diktat non è passato.

Quando non hanno il potere o non si riconosce il loro dominio andando oltre le loro imposizioni, i vescovi sono privi di autorevolezza e le loro parole cadono nel vuoto.

Eppure per me constatare questo degrado episcopale, questa decadenza del ministero, questo scempio della libertà di coscienza è davvero penoso.

Mi addolora perché, da cristiano e da prete che ama la chiesa dei figli e delle figlie di Dio, vedo che i “pastori” si sono ridotti a ideologi nostalgici e a disperati tutori del disordine esistente.

La gioia della figliolanza di Dio ci spinge a guadare avanti con fiducia verso una chiesa più fraterna e sororale e verso una società più laica.

Ragionare, pregare, lottare: quante belle prospettive del nostro oggi.

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