lunedì 16 luglio 2007

QUALCHE ALTRA RIFLESSIONE SULL'OMOSESSUALITA'

Riporto qui alcune riflessioni del professor Pier Giorgio Rauzi, sociologo di Trento, comparse su “L’invito” n. 207, anno XXX, primavera 2007, periodico trimestrale di un gruppo di cattolici di Trento e dintorni.


Tempo fa alla presentazione del libro di Pier Giorgio Paterlini edito da Einaudi dal titolo: "Matrimoni", libro in cui l'autore passa in rassegna dodici racconti di "matrimoni" di coppie omosessuali, alternando coppie di maschi e coppie di femmine, porgevo al pubblico presente alcune considerazioni che i racconti mi avevano suggerito, ma che andavano anche oltre le suggestioni dei pur godibili racconti.

Anzitutto la "normalità" relazionale di queste coppie raccontate. In esse infatti il rapporto relazionale è vissuto esattamente come nelle coppie eterosessuali e passa attraverso le stesse dinamiche: positive e negative, di amore e di odio, di fedeltà e infedeltà, di indissolubilità e dissoluzione, di sopportazione e insopportazione, di attrazione e repulsione, di tenerezza e scontrosità.

Manca ovviamente il fatto procreativo, ma non manca un'esigenza genitoriale e nemmeno qualche differenziazione di ruoli nel rapporto di coppia.

Ma quel che vorrei riprendere in questa sede sono alcune considerazioni sull'accettazione e /o sul rifiuto dell'omosessualità nel corso della storia evolutiva dell'umanità.

Fin dal suo apparire sulla faccia del pianeta, l'umanità, o meglio, la sopravvivenza della specie umana, era costantemente messa in pericolo dalla scarsità demografica che non riusciva a far fronte a una dipendenza dalla natura in un rapporto di forze completamente sbilanciato sul versante della natura. Una scarsità che doveva perciò essere sopperita da un'istanza procreativa impellente ed esclusiva.

Da qui l'elaborazione culturale e religiosa che condizionava strettamente la legittimazione dell'esercizio della sessualità alla procreazione, delegittimando socialmente qualsiasi deviazione rispetto a questo imperativo categorico.

Una delegittimazione religiosa, etica, culturale, sociale e istituzionale che caricava di peccaminosità e di condanna morale per il tempo e per l'eternità, di sensi di colpa, di emarginazione sociale, di sanzioni punitive, di disprezzo volgare, di violenza fino all'eliminazione fisica di coloro che a questo imperativo cercassero di sottrarsi o non riuscissero ad adeguarvisi.

L'unica forma di legittimazione riconosciuta poteva essere una rinuncia sacrale al fatto procreativo, normalmente legato alla rinuncia all'esercizio della sessualità.

Tutto questo fino al relativamente recente avvento della modernità - dove questa è riuscita a imporsi e ad affermarsi - con la sua evoluzione scientifica e tecnologica che progressivamente segnava un prolungamento della vita media e un aumento demografico via via sempre più rilevante.

Ci voleva qualche secolo per accorgersi che la sopravvivenza della specie non era più messa in pericolo dalla scarsità demografica quanto piuttosto dal suo eccessivo incremento. Si era passati dal pericolo per difetto al pericolo per eccesso.

A mano a mano che questa consapevolezza si diffonde, lentamente si fa strada una progressiva accettazione di un esercizio della sessualità anche non finalizzato alla procreazione. Uniche a restare a difesa di una minaccia per difetto di una stirpe che ci fa tanto feroci sono le gerarchie religiose che continuano a ostinarsi a dare risposte edite a domande inedite.

La consapevolezza di questa nuova minaccia comporta nell'ambito dell'eterosessualità un'evoluzione che si fa strada anche se a fatica nello stesso contesto cristiano/ cattolico, dove è possibile individuarla nel passaggio, all'inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, dalla procreazione come fine primario del matrimonio (accanto al remedium concupiscentiae come fine secondario), all'ammissione dell'amore di coppia come fine con pari dignità primaria rispetto e accanto alla procreazione.

Sarà poi il Concilio Vaticano II a introdurre il concetto di paternità e maternità responsabili, come primo passo verso un controllo delle nascite finalmente legittimato anche se appesantito da implicazioni metodologiche e relativi divieti.

In ambito laico il controllo delle nascite viene legittimato, anche eticamente, semplicemente sul terreno dell'efficacia dei metodi, metodi che, per la prima volta nella storia dell'umanità, mettono nelle mani della donna il controllo, anche esclusivo, della decisione procreativa.

Nell'ambito dell'omosessualità la consapevolezza del pericolo, per la sopravvivenza della specie, dell'eccesso demografico, comporta una progressiva tolleranza sociale fino all'accettazione di un amore di coppia con relativo esercizio della sessualità senza finalità o possibilità procreati ve, che permette finalmente a chi si sente costituzionalmente attratto da un partner del medesimo sesso di venire allo scoperto uscendo dalle catacombe del nascondimento a cui la società lo costringeva o dalle situazioni coatte a cui aveva dovuto suo malgrado adeguarsi.

Che poi una certa qual rivincita su millenni di repressione e contro una situazione che ancora non vuole abbandonare la vecchia logica repressiva e delegittimante porti anche all'orgoglio omosessuale, è una conseguenza ampiamente comprensibile quantomeno fintanto che le discriminazioni sessuali tenderanno a persistere come purtroppo quotidianamente siamo costretti a constatare.

È pensabile di trovarsi anche qui in una di quelle zone grigie dell'etica dove è sempre più difficile accettare le pretese monopolistiche sull'elaborazione delle leggi morali con riferimento alla natura, in base alle quali si legittimano o si delegittimano i comportamenti umani da parte di qualcuno che si ritiene in possesso di una speciale delega divina (delega monopolistica che non tutti, tra gli stessi credenti, sono disposti ancora a concedere senza qualche riserva o distinzione).

Zone grigie che invece sarebbe assai meglio affrontare insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si pongono responsabilmente e pensosamente questi problemi.

Quando poi queste pretese monopolistiche arrivano fino a voler imporre a tutti, credenti e non credenti, la propria visione delle cose attraverso le leggi dello stato, esse portano solo a una politicizzazione dell'etica il cui risultato è solo la contrapposizione frontale e il conflitto - come se la storia dolorosa di siffatti conflitti non offrisse abbondanti dosi di contraddizioni sul piano della credibilità e dell'autorevolezza e di esiti infausti sul piano dell'etica e delle politica.

I pericoli per la sopravvivenza della specie umana derivanti - come abbiamo visto - prima dal difetto e poi dall'eccesso demografico, non possono prescindere comunque dalla disponibilità delle risorse che il pianeta offre.

È pertanto inevitabile che gli standard di vita della porzione di umanità che occupa il cosiddetto mondo occidentale moderno e industrializzato non possano essere estesi a tutti i 6 miliardi e mezzo della popolazione mondiale, pena il rapido esaurimento delle risorse disponibili.

E siccome sembra che nessuno, senza esservi costretto da eventi catastrofici, sia disposto a rinunciare agli standard conseguiti, logica vuole che sia inevitabile andare verso una progressiva diminuzione della popolazione stessa.

A questo scopo una legittimazione sociale di amori non procreativi potrebbe essere, anche moralmente, assai più accettabile degli interventi bellici o repressivi e autoritari quali quelli presi dalle economie emergenti di molti stati asiatici, ma anche della logica inesorabile delle cosiddette leggi del mercato.

Ma la saggezza impone di chiedersi: - sarà possibile mantenere gli stessi standard di vita a cui siamo abituati con un calo demografico come quello che registriamo nelle nostre società e senza il contributo di quelle aree di umanità a cui abbiamo delegato, accanto a tanti lavori usuranti e inaccettabili per noi cittadini dell'occidente, anche il lavoro procreativo?

Lavoro e compito quello procreativo che è diventato ormai incompatibile con troppe nostre situazioni di vita, di lavoro, di carriera, di genere, di tempo libero, di compatibilità all'interno di un rapporto di coppia sempre più problematico e provvisorio o che tutt'al più proprio per queste incompatibilità non riesce ad andare oltre le esigenze di un'esperienza di realizzazione genitoriale per la quale basta un unico prototipo che ovviamente deve corrispondere ai requisiti del desiderio?

Una delega il cui diffondersi è ormai sotto gli occhi di chiunque la voglia vedere. Difficile separare o tener distinti ambiti che vanno necessariamente collegati e affrontati insieme nelle loro connessioni materiali ed etiche non districabili.

A questo siamo chiamati dalle responsabilità che le generazioni future e la sopravvivenza della specie sul pianeta ci affidano.

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