venerdì 17 agosto 2007

STUDENTI, A CASA!

Ricevo e volentieri ospito


Studenti, a casa!


FONDAMENTALISTI – Sono 2,4 milioni i bambini americani istruiti a casa dai genitori. Motivo? Tenere fuori dalla porta Darwin e le sue teorie pericolose. Ma soprattutto il sesso, le droghe e la televisione

di: Sally Williams


Sulla città di Abilene sta scendendo la notte. Ma per i ragazzi della famiglia Ice la giornata di studio non è ancora finita. Per Thomas, 16 anni, Katee, 14, Jon David ed Elizabeth, 6, andare a scuola equivale a stare a casa.

I loro genitori hanno scelto di istruirli tra le mura domestiche: niente cattedre né aule, ma un lustro tavolo da pranzo gremito di libri e un’insegnante. Anzi due.

La madre Cynthia, 44 anni, e Gesù, altrettanto vicino ma meno tangibile, sul quadro appeso alle loro spalle. «È stato Dio a guidarci verso l’home-schooling», spiega Cynthia. Suo marito David, 48 anni, per lavoro sigilla i pozzi di petrolio, ma la sua vera vocazione si intuisce dalla folta barba da predicatore. «Ho chiesto a Dio di indicarmi la via, nelle Scritture».

Sono passati 12 anni da quel momento, e i suoi ragazzi hanno ricevuto un’educazione improntata alla fede. Che non significa soltanto sapere tutto del Sermone della Montagna o della Casa di David (la Bibbia si studia prima di colazione, alle 5.45 di mattina).

Ogni materia è impregnata di spiritualità. Storia, scienze, persino il Mago di Oz, che qui accusano di ateismo allo stato puro: «Sissignore», spiega Katee, «sostiene che Dio è finto perché si scopre che il mago non è che un uomo!».

Dio è il loro maestro: nella casa ci sono 50 Bibbie e i ragazzi sanno che imparare è una questione di crescita morale. Quindi, niente Simpsons («troppo maleducati!»), né Harry Potter. Vietato uscire con ragazzi del sesso opposto. «Vogliamo che si corteggino, non che escano con troppe persone», dice David.

Ti pare giusto? Rivolgo la domanda a Thomas, ragazzo dall’aria coscienziosa, con una lunga frangia: «Mi sta bene», risponde, mentre tiene tra le mani la sua chitarra elettrica. Il rock, questo sì, è permesso. Thomas adora la David Crowder Band, e non solo perché è un complesso cristiano.

Negli ultimi anni in Texas il fenomeno dell’home-schooling ha assunto una piega interessante. Nato negli anni Sessanta come movimento clandestino, su iniziativa di un gruppo liberal, oggi è stato adottato dai cristiani evangelici di destra.

Il Texas è uno dei pochi Stati dove l’insegnamento casalingo non è regolamentato, e viene considerato alla stregua delle scuole private. Secondo Tim Lambert, presidente della Coalizione Home-Schooling del Texas, circa il 70 per cento delle persone che nello Stato scelgono di istruire i propri figli a casa è mosso da motivi religiosi.

Stiamo parlando di circa 300mila bambini tra i 3 e i 12 anni, il doppio rispetto a dieci anni fa, che arrivano a 2,4 milioni in tutti gli Stati Uniti. Un fenomeno che cresce del 10 per cento all’anno, nato come risposta a “quello che non va” nella scuola pubblica. Ossia ciò che si insegna ai ragazzi delle medie durante le ore di scienze: l’evoluzione.

«Non vogliamo che ai nostri figli si inculchi l’idea che discendono dalle scimmie», dice Michelle McKissick, 40 anni, di Houston, che istruisce a casa i suoi quattro figli. «È una menzogna», inveisce prima di spiegarmi il punto di vista “corretto”: «Quanto è scritto nella “Genesi” non è una metafora o un racconto. Sono fatti. Il mondo, creato il sesto giorno, ha circa seimila anni e una volta uomini e dinosauri vivevano felici gli uni accanto agli altri».

È lo specchio dell’opinione creazionista dell’universo, condivisa da metà America, che accetta il fatto che Dio abbia creato l’uomo così come lo vediamo. Solo un terzo ritiene che ci siano prove scientifiche a sostegno dell’evoluzione. E la difende in maniera altrettanto veemente.

«Quella metà crede nelle favole!», tuona Steven Schafersman, geologo e presidente di Texas Citizens for Science. «L’evoluzione è la pietra angolare della biologia moderna e della ricerca medica, dallo sviluppo degli antibiotici alla cura del cancro».

Le due fazioni si attaccano attraverso discorsi, conferenze, siti web. Persino a colpi di adesivi sui paraurti, come quello che mostra un grande pesce (Gesù) che ne mangia uno più piccolo (Darwin). Con la battuta: «La selezione naturale».

Questo scontro si trasferisce nelle aule scolastiche, dove – quando arriva il momento di parlarne – alcuni insegnanti di biologia girano intorno all’evoluzione o smorzano le controversie premettendo che «è solo una teoria».

L’idea che i creazionisti siano dei semplicioni è contraddetta dalla famiglia Willhelm. Kevin, 40 anni, è un avvocato con studio ad Abilene; sua moglie, 38 anni, è un’ex insegnante. Dal 2000 fanno lezione ad Austin, 12 anni, Dillon, 8, e Lauren, 3.

Incoraggiati in chiesa, i coniugi Willhelm hanno ubbidito, convinti che fosse l’unico modo per conservare la fede e salvare i propri figli. Da quel momento, nella loro casa dai soffitti alti, con moquette color crema e corna di cervo usate come portacandele, i ragazzi si svegliano alle 7 e si dedicano alle faccende di casa.

Dalle 7.20 alle 8 si esercitano al piano. Poi la colazione. Quattro volte la settimana il padre insegna loro matematica, dalle 8 alle 8.45. Segue mezz’ora di recita a memoria di versetti della Bibbia. Poi ancora studi biblici, storia o lingua. Fino all’ora di pranzo.

Nel pomeriggio si riparte con le lezioni di scrittura e di latino. Alle 16.15 i ragazzi possono finalmente giocare o guardare la televisione (sotto stretto controllo, naturalmente, perché la tv «pende troppo dalla parte liberal»). La cena è servita alle 18.30, seguita dal bagno e dalla lettura della Bibbia. Alle 20.30 si va a letto.

Tutto secondo il metodo cristiano classico, che, a giudicare dall’immacolata credenza e dalla riga perfetta che divide i capelli dei ragazzi, piace a Stacy perché fortifica il carattere. I programmi hanno un taglio cristiano: le mappe geografiche riportano citazioni bibliche e le lezioni di scrittura sono infuse di pia saggezza.

I testi sono forniti dall’Istituto della ricerca sulla creazione (Icr) di San Diego, da quarant’anni fulcro dell’universo creazionista e noto anche per via della crescente fama di un suo ex rappresentante, Ken Ham. Australiano, ex insegnante di biologia, nel 1994 fondò Answers in Genesis, sorella minore dell’Icr. Oggi Ham tiene più di 500 discorsi all’anno.

Ai suoi seminari assistono oltre duemila persone e solitamente lui mostra la foto di uno scimpanzé. «Vostro nonno era così?», chiede. «Nooooo!», rispondono i bambini. «E vostra nonna era così?», e mostra lo stesso scimpanzé con il rossetto. Risatine. «Nooooo!». «Ripetete dopo di me», chiede. «Non siamo semplicemente un animale: siamo fatti a immagine di Dio».

Secondo l’Istituto nazionale di ricerca sull’educazione domestica (Nheri), il 70-75 per cento degli home-schooler lo fa per motivi religiosi. «È il motivo chiave della scelta», spiega Brian Ray, presidente del Nheri. Il fenomeno sta mettendo in allarme gli studiosi.

«Molti genitori sono in buona fede», ammette Steven Schafersman, «ma i loro figli si stanno isolando dalla comunità, dagli altri punti di vista in contrasto con i loro».

Emblematico l’approccio al tema dell’educazione sessuale. Shanna Phillips, 36 anni, ex ragioniera di West Houston, è talmente sconcertata da ciò che viene insegnato nella media vicino a casa, che prima di raccontarmelo chiede alle figlie (di 8 e 6 anni) di uscire dalla stanza.

«Educazione sessuale!», farfuglia, «Di alcune delle cose insegnate… quasi mi imbarazza parlare!». Si interrompe timidamente. «Come usare quelle cose». Contraccettivi? «Sì! La contraccezione viene insegnata in classe!».

«Per un verso hanno ragione», osserva il professor Eve, riferendosi al fatto che «i licei americani sono cambiati. Sono affollati e multietnici; le preghiere stanno scomparendo, e non solo perché negli Usa ci sono più atei che mai, ma perché non si sa a quale Dio ci si debba indirizzare. Sono i tratti tipici della modernità, e non è certo nulla di nuovo che ci sia chi li guarda con terrore».

Un “ipercristianità” che, per alcuni scrittori, ha qualche lato in comune con il fondamentalismo islamico. «Spesso i fondamentalisti iniziano con l’isolarsi dalla cultura di massa, per creare un’oasi di fede pura», scrive Karen Armstrong in Islam: A Short History. «Rivelano profonda disillusione nei confronti della modernità, convinti che l’establishment secolare sia deciso a eliminare la religione».

È così che a più di cento anni dalla sua morte lo scienziato Charles Darwin ha innestato una lotta non solo tra scienza e antiscienza, ma tra l’estrema destra e la cultura mainstream. Tra l’America dell’altro ieri e l’America del futuro.

Ma a molti studenti di biologia della Cinco Ranch High di Katy, vicino a Houston, la controversia continua a causare più che altro perplessità. «Ancora non so perché la gente se la prenda tanto», dice pensieroso uno dei ragazzi. «Lasciamo che le persone credano ciò che vogliono». Per sapere cosa davvero scuote gli studenti, racconta, bisognerebbe assistere alla dissezione del feto di un maiale. «Davvero fantastico!».


Il movimento “antievoluzione” fece la sua prima apparizione nel 1925, durante il processo a un insegnante del Tennessee, John Scopes, multato per aver insegnato l’evoluzione in classe. «Molte persone», spiega Raymond Eve, professore di sociologia alla University of Texas, «si convinsero che la sentenza autorizzasse il creazionismo come materia di studio».

Il cambiamento arrivò sotto la presidenza di Dwight Eisenhower, che, preso dal panico per il lancio nello spazio del primo Sputnik sovietico, nel 1957, incoraggiò lo studio della scienza a scuola per motivi di sicurezza nazionale.

«L’evoluzione sbarcò in classe nell’ambito della Guerra Fredda, della lotta al comunismo», scrive Edward Humes in Monkey Girl: Evolution, Education, Religion and the Battle of America’s Soul. A partire dagli anni Sessanta si iniziò così a insegnare nelle scuole la teoria evoluzionista. Per molti non incompatibile con la fede.

Anche Papa Giovanni Paolo II, nel 1996, dichiarò in un documento che il corpo umano potrebbe non essere un’immediata creazione di Dio, bensì il prodotto di un graduale processo evolutivo.

Ma per i creazionisti la questione è molto semplice: se la Bibbia sbaglia sulla creazione, sbaglia su tutto, e non sarebbe più accettabile come codice morale. La maggior parte della gente non pensa che l’evoluzione sia collegata all’uso delle droghe o all’ascesa di Hitler. Ma i creazionisti sì. Al punto di collegare evoluzione e immoralità, aborto, fornicazione, assassini e adulteri.

L’evoluzione, allora, è la prova di una cultura marcia. «Equivale a pensare», spiega Eve, «che i loro figli possano diventare omosessuali o dedicarsi alla pornografia». La posta in gioco, quindi, non riguarda solo le nostre origini. «Le persone non fanno a pugni per la deriva dei continenti», prosegue Eve. «Oltre al puro dibattito scientifico c’è sotto qualcos’altro».

Quel qualcosa attraversa il cuore dell’America. Il creazionismo, bandito dalle scuole pubbliche nel 1987 per decisione della Corte suprema, ha ripreso vigore grazie al rafforzamento politico della destra religiosa. E all’opinione di George Bush, che ha dichiarato: «Bisognerebbe insegnare entrambi i punti di vista».

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