Dunque… persino Bush, un presidente cinico e assassino, sembra più costretto che convinto che l’Iraq è terra indomabile.
Inventate le motivazioni per l’occupazione militare, proseguito con ostinazione questo sterminio, di fronte ad un movimento crescente che dice no alla folle guerra, progressivamente abbandonato dagli alleati e dai suoi più diretti collaboratori, Bush pensa allo spettacolo di un “rientro vittorioso”.
“L’America, democratica o repubblicana che sia, detesta la parola sconfitta e pretende comunque e sempre una vittoria. Potrebbe rassegnarsi ad accettare anche questa nuova finzione, quando Bush annuncerà che in Iraq “abbiamo vinto” (Vittorio Zucconi, Repubblica, 4 settembre).
Tutto lascia prevedere che entro duecento giorni le truppe USA, composte sempre di più da mercenari e tossicodipendenti, cominceranno il “glorioso rientro”.
E dopo? Mezzi saranno fuori di testa, i feriti ed i mutilati gravi verranno progressivamente cancellati dallo sguardo e l’Iraq rimarrà in preda ad una guerra civile di bassa intensità e di alta aggressività reciproca su un territorio diviso.
Una guerra persa, un paese distrutto, un governo settario e inesistente: ecco il quadro. Se spostiamo lo sguardo all’Afghanistan, lo spettacolo cambia di poco.
Quando impareremo che i popoli si governano meglio da soli che non con le nostre armi?
Inventate le motivazioni per l’occupazione militare, proseguito con ostinazione questo sterminio, di fronte ad un movimento crescente che dice no alla folle guerra, progressivamente abbandonato dagli alleati e dai suoi più diretti collaboratori, Bush pensa allo spettacolo di un “rientro vittorioso”.
“L’America, democratica o repubblicana che sia, detesta la parola sconfitta e pretende comunque e sempre una vittoria. Potrebbe rassegnarsi ad accettare anche questa nuova finzione, quando Bush annuncerà che in Iraq “abbiamo vinto” (Vittorio Zucconi, Repubblica, 4 settembre).
Tutto lascia prevedere che entro duecento giorni le truppe USA, composte sempre di più da mercenari e tossicodipendenti, cominceranno il “glorioso rientro”.
E dopo? Mezzi saranno fuori di testa, i feriti ed i mutilati gravi verranno progressivamente cancellati dallo sguardo e l’Iraq rimarrà in preda ad una guerra civile di bassa intensità e di alta aggressività reciproca su un territorio diviso.
Una guerra persa, un paese distrutto, un governo settario e inesistente: ecco il quadro. Se spostiamo lo sguardo all’Afghanistan, lo spettacolo cambia di poco.
Quando impareremo che i popoli si governano meglio da soli che non con le nostre armi?
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